samedi 29 avril 2017

Saint SEVERO (SÉVÈRE) de NAPLES, évêque

Statues de Saint Severinus et de Saint Severus, procession, San Severo

Saint Sévère

Évêque de Naples ( v. 409)

À Naples, vers 409, saint Sévère, évêque, que saint Ambroise aimait comme un frère, et que son Église a aimé comme un père.

Martyrologe romain


Severus of Naples B (RM)

Died 409. Bishop Severus of Naples was a renowned miracle worker. He raised a dead man to life in order that he should bear witness in favor of his persecuted widow (Benedictines).


Saint Severus of Naples

Profile

Bishop of Naples, Italy from 363 to 409. Friend of Saint Ambrose of Milan. Built four basilicas and other churches. Miracle worker; he once brought a dead man back to life so he could clear his widow of false accusations by a creditor.


San Severo di Napoli Vescovo


Napoli, † 29 aprile 409

Della sua vita antecedente al ministero episcopale non sappiamo quasi nulla. Guidò la Chiesa campana dal febbraio 363 al 29 aprile 409. La sua opera si svolse in un periodo di ritorni al paganesimo e di eresie. Riportò nella città le spoglie del suo predecessore san Massimo, che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana. Fu amico di sant'Ambrogio (340-397) che conobbe durante il Concilio plenario campano del 392 a Capua. A Severo viene attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, il più antico dell'Occidente. Una «Vita» di Severo scritta nell'XI secolo, riporta un suo miracolo operato in vita: non potendo aiutare in altro modo una vedova, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato per un debito del defunto marito, Severo condusse l'uomo al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui lo fece sbugiardare. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Napoli, san Severo, vescovo, amato da sant’Ambrogio come fratello e dalla sua Chiesa come padre.

Nel catalogo dei vescovi napoletani è al dodicesimo posto; della sua vita anteriore al suo ministero vescovile, non si sa praticamente nulla. 

San Severo espletò il suo episcopato dal febbraio 363 al 29 aprile 409, quindi qualche decennio dopo la libertà di culto decretata da Costantino ai cristiani (313); fu certamente un periodo in cui le due religioni, pagana e cristiana, furono costrette a convivere, ed i rigurgiti del paganesimo erano frequenti. 

La sua opera si svolse dopo questi ritorni pagani ed i violenti attacchi degli eretici ariani; i seguaci dell’eretico Ario di Alessandria (280-336) affermavano che il Verbo, incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature; l’eresia condannata dai Concili di Alessandria del 321 e Nicea del 325, provocò una lotta a volte anche violenta, fra le due posizioni esistenti nella Chiesa di allora. 

La Chiesa di Napoli, con la sua guida illuminata, rifiorì nella fede genuina del cristianesimo; riportò nella città le spoglie del suo predecessore san Massimo (sec. IV), che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana. 

Bisogna dire che s. Massimo fu il decimo vescovo di Napoli e s. Severo il dodicesimo, quindi fra i due ci fu l’usurpatore ariano Zosimo, che probabilmente ritornò, durante i suoi sei anni di episcopato, alla fede originale e quindi venne considerato l’11° vescovo legittimo. 

Svariati antichi documenti confermano che si conquistò stima ed affetto non solo dei cristiani, ma anche dei pagani. Fu amico di s. Ambrogio (340-397) vescovo di Milano, che ebbe occasione di conoscerlo durante il Concilio plenario campano, tenutasi nel 392 a Capua. 

Gli vengono attribuite le fondazioni di quattro basiliche, di cui una adorna di marmi e preziosi mosaici era dedicata al Salvatore, di questa antica basilica chiamata poi S. Giorgio Maggiore, è rimasto solo l’abside. 

A Severo viene concordemente attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, anteriore di circa trenta anni a quello eretto al Laterano da Sisto III (432-440) e pertanto è il più antico dell’Occidente. Il Battistero è attualmente addossato alla basilica di Santa Restituta nel Duomo di Napoli; chiamato anche “San Giovanni in fonte”, si ispira a canoni orientali, con mosaici ritenuti i più preziosi fra quelli pervenutaci da altri battisteri. 

Fuori delle mura della città, Severo fece costruire a poca distanza dalla Basilica di S. Fortunato, una basilica cimiteriale, dove fece deporre le reliquie del vescovo s. Massimo e che pare sia stata pure la sua prima sepoltura. 

Da questa basilica, le sue reliquie furono trasferite verso la metà del IX secolo, in un oratorio della Basilica urbana di S. Severo nel Rione Sanità, tenuta da una Congregazione sacerdotale detta “della feria sesta”. 

Nel 1310 l’arcivescovo Umberto d’Ormont, che era stato in precedenza insignito del titolo di abate della Basilica di S. Severo, collocò le reliquie sotto l’altare maggiore, innalzandovi sopra un magnifico ciborio di marmo, che alcuni studiosi attribuirono a Tino da Camaino o alla sua scuola. 

Questo trasferimento di reliquie, risvegliò il culto per il santo vescovo, che si era alquanto sopito, dopo il 1294, per la sopravvenuta devozione verso il martire domenicano s. Pietro da Verona. 

Il celebre Calendario Marmoreo di Napoli, scolpito nel IX secolo e conservato negli ambienti conglobati nel Duomo, riporta la sua festa al 29 aprile e con questa data è passato nel ‘Martirologio Romano’. 

Una ‘Vita’ leggendaria di s. Severo scritta nell’XI secolo, riporta un miracolo operato in vita dal santo vescovo: non potendo aiutare in altro modo una povera vedova con piccoli figli, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato un debito del defunto marito; allora Severo lo condusse con sé, insieme al clero e molto popolo, al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui pubblicamente fece sbugiardare il pretendente, perché non gli doveva niente. 

È un tipo di miracolo che si trova anche nei racconti delle ‘Vite’ di altri celebri santi antichi, quindi è molto probabile che sia una leggenda aggiunta dall’anonimo agiografo di s. Severo. 

Il santo è anche patrono della città e diocesi di S. Severo, in provincia di Foggia.


Autore: Antonio Borrelli