samedi 29 avril 2017

Saint SEVERO (SÉVÈRE) de NAPLES, évêque

Statues de Saint Severinus et de Saint Severus, procession, San Severo

Saint Sévère

Évêque de Naples ( v. 409)

À Naples, vers 409, saint Sévère, évêque, que saint Ambroise aimait comme un frère, et que son Église a aimé comme un père.

Martyrologe romain


Severus of Naples B (RM)

Died 409. Bishop Severus of Naples was a renowned miracle worker. He raised a dead man to life in order that he should bear witness in favor of his persecuted widow (Benedictines).


Saint Severus of Naples

Profile

Bishop of Naples, Italy from 363 to 409. Friend of Saint Ambrose of Milan. Built four basilicas and other churches. Miracle worker; he once brought a dead man back to life so he could clear his widow of false accusations by a creditor.


San Severo di Napoli Vescovo


Napoli, † 29 aprile 409

Della sua vita antecedente al ministero episcopale non sappiamo quasi nulla. Guidò la Chiesa campana dal febbraio 363 al 29 aprile 409. La sua opera si svolse in un periodo di ritorni al paganesimo e di eresie. Riportò nella città le spoglie del suo predecessore san Massimo, che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana. Fu amico di sant'Ambrogio (340-397) che conobbe durante il Concilio plenario campano del 392 a Capua. A Severo viene attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, il più antico dell'Occidente. Una «Vita» di Severo scritta nell'XI secolo, riporta un suo miracolo operato in vita: non potendo aiutare in altro modo una vedova, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato per un debito del defunto marito, Severo condusse l'uomo al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui lo fece sbugiardare. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Napoli, san Severo, vescovo, amato da sant’Ambrogio come fratello e dalla sua Chiesa come padre.

Nel catalogo dei vescovi napoletani è al dodicesimo posto; della sua vita anteriore al suo ministero vescovile, non si sa praticamente nulla. 

San Severo espletò il suo episcopato dal febbraio 363 al 29 aprile 409, quindi qualche decennio dopo la libertà di culto decretata da Costantino ai cristiani (313); fu certamente un periodo in cui le due religioni, pagana e cristiana, furono costrette a convivere, ed i rigurgiti del paganesimo erano frequenti. 

La sua opera si svolse dopo questi ritorni pagani ed i violenti attacchi degli eretici ariani; i seguaci dell’eretico Ario di Alessandria (280-336) affermavano che il Verbo, incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature; l’eresia condannata dai Concili di Alessandria del 321 e Nicea del 325, provocò una lotta a volte anche violenta, fra le due posizioni esistenti nella Chiesa di allora. 

La Chiesa di Napoli, con la sua guida illuminata, rifiorì nella fede genuina del cristianesimo; riportò nella città le spoglie del suo predecessore san Massimo (sec. IV), che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana. 

Bisogna dire che s. Massimo fu il decimo vescovo di Napoli e s. Severo il dodicesimo, quindi fra i due ci fu l’usurpatore ariano Zosimo, che probabilmente ritornò, durante i suoi sei anni di episcopato, alla fede originale e quindi venne considerato l’11° vescovo legittimo. 

Svariati antichi documenti confermano che si conquistò stima ed affetto non solo dei cristiani, ma anche dei pagani. Fu amico di s. Ambrogio (340-397) vescovo di Milano, che ebbe occasione di conoscerlo durante il Concilio plenario campano, tenutasi nel 392 a Capua. 

Gli vengono attribuite le fondazioni di quattro basiliche, di cui una adorna di marmi e preziosi mosaici era dedicata al Salvatore, di questa antica basilica chiamata poi S. Giorgio Maggiore, è rimasto solo l’abside. 

A Severo viene concordemente attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, anteriore di circa trenta anni a quello eretto al Laterano da Sisto III (432-440) e pertanto è il più antico dell’Occidente. Il Battistero è attualmente addossato alla basilica di Santa Restituta nel Duomo di Napoli; chiamato anche “San Giovanni in fonte”, si ispira a canoni orientali, con mosaici ritenuti i più preziosi fra quelli pervenutaci da altri battisteri. 

Fuori delle mura della città, Severo fece costruire a poca distanza dalla Basilica di S. Fortunato, una basilica cimiteriale, dove fece deporre le reliquie del vescovo s. Massimo e che pare sia stata pure la sua prima sepoltura. 

Da questa basilica, le sue reliquie furono trasferite verso la metà del IX secolo, in un oratorio della Basilica urbana di S. Severo nel Rione Sanità, tenuta da una Congregazione sacerdotale detta “della feria sesta”. 

Nel 1310 l’arcivescovo Umberto d’Ormont, che era stato in precedenza insignito del titolo di abate della Basilica di S. Severo, collocò le reliquie sotto l’altare maggiore, innalzandovi sopra un magnifico ciborio di marmo, che alcuni studiosi attribuirono a Tino da Camaino o alla sua scuola. 

Questo trasferimento di reliquie, risvegliò il culto per il santo vescovo, che si era alquanto sopito, dopo il 1294, per la sopravvenuta devozione verso il martire domenicano s. Pietro da Verona. 

Il celebre Calendario Marmoreo di Napoli, scolpito nel IX secolo e conservato negli ambienti conglobati nel Duomo, riporta la sua festa al 29 aprile e con questa data è passato nel ‘Martirologio Romano’. 

Una ‘Vita’ leggendaria di s. Severo scritta nell’XI secolo, riporta un miracolo operato in vita dal santo vescovo: non potendo aiutare in altro modo una povera vedova con piccoli figli, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato un debito del defunto marito; allora Severo lo condusse con sé, insieme al clero e molto popolo, al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui pubblicamente fece sbugiardare il pretendente, perché non gli doveva niente. 

È un tipo di miracolo che si trova anche nei racconti delle ‘Vite’ di altri celebri santi antichi, quindi è molto probabile che sia una leggenda aggiunta dall’anonimo agiografo di s. Severo. 

Il santo è anche patrono della città e diocesi di S. Severo, in provincia di Foggia.


Autore: Antonio Borrelli



jeudi 27 avril 2017

Bienheureux NOËL TENAUD, prêtre des Missions Étrangères et martyr, et les MARTYRS du LAOS

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Bienheureux Noël Tenaud

Martyr au Laos (+ 1961)

Noël Tenaud, M.E.P., né en Vendée en 1904, mort à Savannakhet en 1961.

En avril-mai 1961, dans la province de Xieng Khouang, les PP. Louis LeroyMichel Coquelet et Vincent L’Hénoret sont cueillis à leur poste et abattus sans procès. De même dans le sud du pays, le P. Noël Tenaud et son fidèle catéchiste Outhay sont pris et exécutés; le P. Marcel Denis sera retenu prisonnier quelque temps mais partagera le même sort. Un de leur confrères écrit: "Ils ont été, tous, d’admirables missionnaires, prêts à tous les sacrifices, vivant très pauvrement, avec un dévouement sans limite. En cette période troublée, nous avions tous, chacun plus ou moins, le désir du martyre, de donner toute notre vie pour le Christ. Nous n’avions pas peur d’exposer nos vies; nous avions tous le souci d’aller vers les plus pauvres, de visiter les villages, de soigner les malades, et surtout d’annoncer l’Évangile…"

Noël Tenaud est né le 11 novembre 1904 à Rocheservière, dans le diocèse de Luçon en Vendée (France). De 1924 à 1928, il est au Grand Séminaire diocésain, puis rejoint celui des Missions Etrangères de Paris. Ordonné prêtre le 29 juin 1931, il est envoyé à la 'Mission du Laos ', dont la partie principale est alors au Siam. Ses années comme curé à Kham Koem (Thaïlande) ont laissé un souvenir vivant.

La guerre franco-siamoise (1939-1940) l’amène au Laos proprement dit. A partir de 1944, il est curé de Pong Kiou (Khammouane) et rayonne dans toute la région. Son action, notamment au cours de divers épisodes belliqueux contre la tyrannie japonaise et la mainmise des troupes communistes, marque profondément les chrétientés de la minorité Sô. Il accepte aussi, dans les situations difficiles, des responsabilités de plus en plus lourdes dans l’organisation de la mission.

En 1959, le P. Tenaud accepte de quitter sa belle région pour l’arrière-pays de Savannakhet, où le travail de première évangélisation n’a pas encore commencé. Basé à Xépone, près de la frontière du Vietnam, avec son fidèle catéchiste Joseph Outhay, il prospecte les villages tout au long de la route qui monte de Savannakhet.

En avril 1961, les deux apôtres partent en tournée apostolique. On les avertit qu’une attaque nord-vietnamienne se prépare; mais rien ne doit arrêter la Parole de Dieu. Le chemin du retour est coupé: ils sont pris au piège, arrêtés, interrogés et exécutés le 27 avril 1961 pour leur action missionnaire. Chez tous ceux qui l’ont connu, le souvenir du P. Noël Tenaud, de son œuvre missionnaire et du don suprême de sa vie, est resté très vivant.

(présentation des 17 martyrs du Laos, Missions étrangères de Paris)

Il fait partie des martyrs au Laos entre 1954 et 1970 qui seront béatifiés en 2016.

Liens utiles:

- Noël Tenaud (1904-1961), prêtre des Missions Étrangères de Paris envoyé au Siam en 1931, Noël Tenaud est assassiné avec son catéchiste Joseph Outhay Phongphumi le 27 avril 1961 - site OMI, province de France 

Le Vatican reconnaît les martyrs du Laos 

Martyrs du Laos 

- Postulation 

Présentation des martyrs du Laos

SOURCE : http://nominis.cef.fr/contenus/saint/13038/Bienheureux-No%EBl-Tenaud.html

TENAUD Noël (1904-1961) né le 11 novembre 1904 à Rocheservière (Vendée), fut admis au Séminaire des M.-E. en 1928, ordonné prêtre le 29 juin 1931, et partit le 7 septembre suivant pour le Laos. Après avoir étudié la langue à Tharae de 1932 à 1934, il fut curé de Khamkeum de 1934 à 1940, puis curé de Nam Tok de 1940 à 1943, et de Phongkiou, en 1944. Après la division de la mission en 1951, il fut nommé pro-préfet de la préfecture apostolique de Thakhek. En avril 1961, au cours d’une tournée pastorale entre Savannaket et Tchépone, il fut arrêté par les soldats du Vietminh, puis remis aux Pathet-lao, près de Phalane. Il fut alors emmené par un peloton de soldats, et on ne le revit jamais.

SOURCE : http://archives.mepasie.org/fr/notices/notices-biographiques/tenaud-1

Noël Tenaud (1904-1961)

Enfance vendéenne

Noël TENAUD est né le 11 novembre 1904 à Rocheservière en Vendée ; il y fut baptisé en l´église Notre-Dame dès le lendemain. Le bourg de Rocheservière est proche de Nantes mais appartient au diocèse de Luçon . C´est la Vendée, terre de foi chrétienne profonde et démonstrative où s´est développée, à la fin du XVIIIè siècle, une résistance farouche à la Révolution française. Très jeune, Noël a été nourri de cette histoire encore récente, dont les souvenirs sont partout : luttes sans merci contre les révolutionnaires impies, massacres de prêtres et de religieux, mais aussi de chrétiens fidèles à leur clergé, et même d´enfants. Les symboles de la résistance sont la dévotion au Sacré-Coeur de Jésus et le Rosaire.

Tout naturellement, comme de nombreux garçons de cette région, Noël souhaite devenir prêtre. Il fera donc ses études secondaires au Petit Séminaire de Chavagnes-en-Paillers. Il est admis ensuite au Grand Séminaire de Luçon, où il étudie de 1924 à 1928.

À cette époque de vocations abondantes, les missionnaires passent régulièrement dans les séminaires pour promouvoir leur vocation particulière. Noël entend l´appel des Missions et décide de le suivre. Le 14 septembre 1928, il passe au Séminaire des Missions Étrangères de Paris. Ordonné prêtre le 29 juin 1931, il part le 7 septembre suivant pour la « Mission du Laos », dont la partie principale est alors située au Siam (Thaïlande).

Au Siam et au Laos, persécutions et guerres

Après deux années (1932-1934) à Tharae au Siam, consacrées surtout à étudier la langue lao, Noël est nommé curé de Kham Koem, une chrétienté bien établie proche de Nakhon Phanom ; il y restera six ans. C´est là qu´il fait la connaissance d´un jeune garçon qui deviendra plus tard son collaborateur et ami, Outhay ; devenu catéchiste, et veuf à vingt ans, Outhay le suivra au Laos, l´accompagnant dans toutes ses tournées apostoliques et jusque dans la mort.

Le rapport de la mission pour 1939 évoque indirectement le travail du Père Tenaud à l´époque de Kham Koem :

M. Thibaud a visité un grand nombre de villages païens de la région de Thakhek, et, s´il n´a pas eu un succès immédiat partout où il a prêché l´Évangile, il a du moins le ferme espoir que la semence de la parole divine n´aura pas été jetée en vain. Ce qu´il a fait dans son district, deux prêtres indigènes et M. Tenaud l´ont fait comme lui dans une autre région. Une légende laotienne dit qu´il fut un temps, et c´était l´âge d´or, où le riz venait tout seul au grenier ; ce temps n´est plus. Les missionnaires du Laos doivent courir par monts et par vaux pour amener les âmes au grenier du bon Dieu, et je vois avec plaisir que les ouvriers apostoliques y travaillent avec une ardeur infatigable...

En novembre 1940, la persécution éclate au Siam - qui s´appelle désormais Thaïlande. À quelques dizaines de kilomètres de Kham Koem, les martyrs de Songkhon offriront à Dieu les prémices de la mission. Quant aux missionnaires français, ils doivent chercher refuge de l´autre côté du Mékong, au Laos, sous la protection de la France.

Dans ce nouveau territoire de mission, le Père Tenaud est affecté d´abord à la mission de Nam Tok, où il restera trois ans (1940-1943). Mais c´est l´époque troublée de la Seconde Guerre mondiale ; il passera une année d´exil (1943-1944) au Viêt-nam, au Collège de la Providence à Hué. À son retour, il devient curé de Pongkiou, une chrétienté importante de la minorité ethnique Sô, dans la Province de Khammouane. En mars de l´année suivante, c´est le coup de force de l´armée japonaise, qui entraîne le massacre de civils français et la ruine de nombreuses missions. Trois confrères des Missions Étrangères de Paris - les deux évêques présents à Thakhek, Mgr Gouin et Mgr Thomine, et le Père Jean Thibaud - sont emmenés en forêt sans autre forme de procès et sauvagement abattus.

Chez le Père Noël Tenaud, ces événements, qu´il considère comme une persécution religieuse aux mains des impies, provoquent un déclic. Son enfance vendéenne avait été nourrie des récits de la résistance contre la persécution déchaînée par les révolutionnaires français. Il voit se reproduire ici l´assassinat des prêtres, la mort des innocents, l´intrusion d´une idéologie athée. Il n´est pas homme à rester passif ; il se laissera inspirer par ce que Jacques Cathelineau, surnommé « le Saint de l´Anjou », avait fait naguère en Vendée.

Il sera donc, non seulement proche du mouvement de résistance franco-laotien contre les Japonais, mais bien l´un de ses protagonistes. Dans la défense armée il voit la sauvegarde indispensable, et des hommes, et de l´oeuvre d´évangélisation qu´ils doivent accomplir. Il faut dire qu´il a montré en cette circonstances des qualités de chef indéniables. La milice villageoise qu´il mit sur pied, comprenant des Sôs et d´autres Laotiens des villages environnants, était bien organisée. Quand l´armée française - ou franco-laotienne selon le vocabulaire utilisé - revint pour rétablir progressivement l´ordre français dans un pays en pleine confusion, cet apport fut hautement apprécié. Le Père Tenaud fit cause commune avec son commandement ; il en restera proche même par la suite. Son action lui vaudra d´ailleurs la Légion d´honneur.

Le Père Marcel Denis, m.e.p., arrivé au Laos l´été 1946, a recueilli de la bouche même du Père Tenaud le récit de ses exploits aux dépens des Japonais, où il faut sans doute voir quelque exagération :

"Presque tous les ponts, que le Père Tenaud avait fait sauter lui-même pour couper la route aux Japonais, alors qu´il guerroyait avec ses villages chrétiens, sont réparés... Avec un autre Père, il a pris la brousse quand les Japonais ont arrêté tous les Français. Mais le Père Tenaud a vraiment été le héros, parcourant tout le Haut et le Bas Laos, à pied ; ou parachutant des soldats français dans des avions anglais ; ou traquant les Japonais avec ses villages chrétiens. Lors de la prise de Thakhek en mars dernier, il était là, commandant ses Laotiens et ses Sôs. Aussi son renom et son influence sont très grands parmi les officiers français du haut en bas de l´échelle. Quand à ses chrétiens, il peut leur demander la lune, ils feraient l´impossible pour la lui décrocher."

Le Père Denis conclut par cette réflexion :

"À ceux qu´il destine à être ses apôtres, Dieu donne souvent, avec la soif du salut des âmes, le goût du risque, le mépris des boîtes à coton et des coins « bien tranquilles."

Il est évident qu´à cette date les missionnaires (y compris le narrateur et son auditeur attentif) n´ont pas compris que l´ère des colonies est en train de s´achever. Le combat pour Dieu se mêlait - se confondait presque - avec le combat pour la légitimité française. La condamnation officielle par Rome de l´idéologie révolutionnaire, qui s´était affirmée au Laos avec la complicité des Japonais, renforçait encore l´amalgame. Pour ces hommes, la séparation entre la foi et l´action politique et militaire exigera une prise de conscience et une purification progressives.

Un épisode moins glorieux doit être mentionné ici : la prise de Thakhek le 21 mars 1946. Cette ville était peuplée d´une très forte majorité (83% peut-être) de Vietnamiens (« Annamites » dans le vocabulaire de l´époque) dont la plupart avait acclamé l´indépendance du Viêt-nam proclamée unilatéralement le 2 septembre 1945 contre la France. Les chefs historiques du front indépendantiste Lao-Issara, proches alliés du Viet-minh, trouvèrent là un appui très important. C´est donc à Thakhek qu´ils tentèrent en octobre 1945 un soulèvement anti-français ; ils purent y maintenir pendant plus de cinq mois une poche entièrement sous le contrôle de leur « Armée de libération et de défense lao », dont six cent « volontaires de la mort ». L´assaut final par les troupes franco-laotiennes fut sanglant et occasionna une répression terrible.

Le Père Denis poursuit, toujours d´après le récit oral de Noël Tenaud :

"Le 21 mars 1946 vint enfin la libération de Thakhek. À la tête de leurs Laotiens, les Pères Tenaud et Cavaillier entrent dans Thakhek avec les parachutistes français... C´est alors une journée épouvantable. Français et Laotiens entrent dans Thakhek en hurlant comme des possédés, le massacre commence... Le Mékong devient rouge... Officiellement, on compte 1 500 Annamites, hommes femmes et enfants (!) massacrés. En réalité, il y en eut plus de 3 000 !..."

Le Père Noël Tenaud et son confrère Cavaillier n´ont certes été ni les promoteurs ni les complices du massacre de populations civiles ; mais il faut sans doute reconnaître qu´ils ont été en l´occurrence débordés par les combattants qu´ils encadraient ! Il est difficile encore aujourd´hui de trouver des témoignages directs sur l´action du Père Tenaud en mars 1946 ; mais c´est un fait que ses supérieurs et les chrétiens locaux ont continué à lui faire pleine confiance comme homme de Dieu, témoin de la béatitude des artisans de paix.

Un long congé en France, de mars 1947 à décembre 1948, permettra au Père Tenaud de prendre définitivement ses distances avec la vie militaire.

Reconstruire la paix et la concorde 

Au sein de la mission catholique du Laos, la guerre achevée, c´est l´enthousiasme. La soeur de Mgr Thomine, un des missionnaires sauvagement massacrés par les Japonais, écrit dans l´éloge funèbre de son frère :

Cette parole m´a été dite de vive voix par deux missionnaires laotiens, MM. Tenaud et Mainier, avec la même conviction absolue : « Mgr Thomine nous a promis de rebâtir l´Église du Laos, donc nous la rebâtirons ! » Car ils savent la puissance d´une volonté pour qui l´accomplissement du devoir en Dieu a seul compté sur la terre, force spirituelle maintenant directement associée à la volonté éternelle. De fait, les ruines du Laos se relèvent, les chrétientés refleurissent, de jeunes missionnaires sont venus seconder les anciens et remplacer les morts...

En 1947, Mgr Bayet succède à Mgr Thomine comme vicaire apostolique à Tharae ; il nomme le Père Tenaud pro-vicaire et vicaire délégué pour la partie du vicariat située dans le protectorat (futur Royaume) du Laos. Noël occupera ce poste de son retour de congés jusqu´en juillet 1951. Après la création de la préfecture apostolique de Thakhek, confiée à Mgr Jean Arnaud, il en est nommé pro-préfet (1951-1958).

La paix et la reconstruction se révélèrent toutefois des tâches difficiles. Dans les opérations de la guérilla autour de la ville de Thakhek, la veille de Noël 1953, la vie de Noël Tenaud est menacée : il était sans doute trop mêlé, une fois de plus, à la résistance. Selon un rapport de la mission daté de 1954, à quelque trente kilomètres de Thakhek on pouvait voir encore les trous des deux mines qui lui étaient destinées. Mais il eut la vie sauve, et échappa aussi au sort du groupe arrêté le 15 février 1954 et déporté au Viêt-nam, dont Mgr Arnaud, le Père Jean-Baptiste Malo, deux autres confrères m.e.p. et une religieuse. Il fut alors supérieur par intérim des missionnaires de Paris et procureur de la Mission. Mais dans toutes ces circonstances il restait avant tout le curé de Pongkiou, le missionnaire bien-aimé et admiré des Sôs.

Portrait d'un missionnaire 

Dans les dernières années de sa vie, après l´indépendance totale du Laos et la reconnaissance internationale du pays, dégagé de ses propres responsabilités sur l´ensemble de la mission, Noël Tenaud fut un missionnaire de base particulièrement dynamique et apprécié. À Thakhek il était connu pour rechercher dans toute la ville, au cours de ses fréquents passages, les chrétiens sortis des villages et perdus au milieu de la population urbaine.

Dans son texte de 1946 déjà cité, le Père Marcel Denis évoque son confrère et mentor :

"Partons pour le village du Père Tenaud, Pong Kiou... Le Père cause avec tout le monde, fait rire tout le monde. Il a ses gens bien en main ; il est le grand maître dans toute la région, et il s´impose même chez les païens... Un fameux missionnaire que le Père Tenaud. C´est un Vendéen ; énorme barbe noire, visage bronzé, toujours pieds nus, un chapeau militaire sur la tête. Avec le Père Dézavelle, c´est le plus grand blagueur. Mais à le fréquenter on voit vite quel bon sens, quelle foi, quelle largeur d´esprit et dévouement l´animent. Il a la sympathie de tous ses paroissiens et de tous les villages environnants... Il sait leur « passer un savon » sans se les aliéner, et après une bonne ballade, l´entretien se termine par de bonnes blagues qui font avaler la pilule. Des païens insultent-ils des chrétiens parce que chrétiens ? Le différend est vite réglé, et les coupables font des excuses et paient une jarre qui réconcilie offensés et offenseurs, sous le regard du Père qui met tout le monde à l´aise."

De nombreuses années plus tard, Mgr Urkia témoigne :

"Le Père Tenaud était un vrai, un très bon missionnaire. Il était assez exigeant pour ses chrétiens, et il avait un grand amour en particulier pour les non-chrétiens. Il était profondément préoccupé des catéchumènes, ou plus simplement des Laotiens qui avaient montré quelque désir de connaître la foi chrétienne. À l´époque de sa mort, il ne supportait pas de les voir délaissés, abandonnés, à cause de l´insécurité qui rendait les voyages dangereux. Il a voulu à tout prix partir à leur rencontre, malgré le danger."

Mgr Bach complète : "Le Père Tenaud avait une foi solide. Il était cependant un peu fanfaron, il aimait se montrer... mais il était aussi très courageux." Marcel Vignalet, m.e.p., évoque simplement l´amitié vraie dont Noël témoignait envers ses confrères missionnaires plus jeunes.

Selon un témoin laotien, qui fut à Pongkiou un de ses catéchistes débutants, le Père Tenaud était aimé des gens parce qu´il excellait à les soigner. Ses connaissances médicales étaient bonnes. Ses jeunes collaborateurs avaient un peu peur de lui : en effet, il était très strict sur la discipline et les horaires, un peu à la manière militaire, et pouvait à l´occasion parler durement. Il ne cherchait pas à être populaire.

Une mission dangereuse au service des plus lointains

En juin 1958 le Père Tenaud partit en congé en France. À son retour en juillet 1959, il avait 55 ans. Avec beaucoup de désintéressement, il accepta une paroisse qui n´existait pas encore, dans une province vide de tout chrétien, où le travail d´évangélisation n´avait jamais été commencé. Basé à la mission centrale de Savannakhet, il allait prospecter les villages tout au long de la route n° 9 en direction de la frontière du Viêt-nam, ayant le ferme espoir de créer sur ces hauts plateaux une chrétienté nouvelle.

Il sut se créer beaucoup de sympathies dans la région de Phalane, Muang Phine et Muang Xepone (Tchépone) ; c´est dans ce dernier bourg qu´il loua une maison pour lui servir de base. Les quelques dizaines de familles catholiques aujourd´hui dispersées le long de la route n° 9 sont le fruit de son travail ; ils avaient une petite église en forme de hutte, mais les temps ont changé...

La région que le Père Tenaud avait prise en charge était depuis toujours réputée peu sûre. Sur la route, il rencontrait des soldats de la guérilla ; il n´avait pas peur de les prendre en auto-stop dans sa jeep. Cela a fini par se savoir : les soldats ont vraisemblablement fait leur rapport sur ses allées et venues. Le jour venu, il a été facile de lui tendre un piège.

Le Père Tenaud fut averti du danger par plusieurs personnes, y compris les responsables de l´armée royale laotienne. Il n´écouta aucun conseil : il répondait simplement qu´il connaissait ceux de la guérilla, et qu´il n´y avait pas lieu d´en avoir peur.

Le dernier voyage

En avril 1961, Noël Tenaud part avec son fidèle catéchiste Outhay et un tout jeune chrétien de Pongkiou, sourd-muet, pour une tournée des villages de catéchumènes qui lui étaient confiés. En même temps, la guérilla entamait une avance-éclair, au cours de laquelle elle allait s´emparer de tout ce secteur.

Il s´arrête au passage au camp de Seno (Xenô) ; les militaires français l´avertissent qu´une attaque nord-vietnamienne se prépare sur la zone où il devait se rendre et lui déconseillent formellement de poursuivre. Plus loin sur la route, un pasteur protestant qui rentrait de Xepone lui confirme la mauvaise nouvelle. Le Père Tenaud poursuit malgré tout son périple, et arrive dans le secteur de l´offensive ; finalement il rebrousse chemin. Mais la route du retour avait été coupée au-delà de Phalane, à une cinquantaine de kilomètres de Savannakhet.

Les trois voyageurs se réfugient alors dans un village en retrait de la route. Trahis par les villageois, il sont arrêtés par les soldats nord-vietnamiens, qui leur enjoignent de retourner à Phalane. Sur le chemin entre Muang Phine et Phalane, ils tombent dans une embuscade : des Vietnamiens sont tués, le Père est blessé au jarret, le catéchiste Outhay au cou. On les ramène à Phalane, où l´administration provisoire vient d´être mise en place. Ils y sont soignés durant huit jours et se remettent de leurs blessures. Le gamin sourd-muet est relâché ; c´est lui qui rapportera la nouvelle des événements.

La semaine achevée, le Père Tenaud demande à l´administration provisoire établie dans la zone « libérée » de pouvoir rentrer à Savannakhet avec Outhay. Des témoins les voient sortir du bureau de l´administration et se mettre en route à pied, accompagnés d´un peloton de soldats. On ne les a jamais vus revenir à Phalane, et on ne les a jamais vus arriver à Savannakhet. Des bruits alarmants circulèrent tout de suite sur leur compte. La maison du Père Tenaud à Phalane fut pillée de fond en comble et criblée de balles ; sa voiture fut retrouvée complètement détruite. Quelqu´un déclarera avoir vu sa tombe.

En 1963 des témoignages très divers permirent de conclure avec certitude que, ayant donné sa vie pour la mission, Noël Tenaud était retourné vers le Père. Son décès a alors été enregistré par la Société des Missions Étrangères à la date fictive du 15 décembre 1962. Cette date a toutefois été rectifiée par la suite : un avis officiel de l´ambassade de France au Laos, daté du 19 avril 1967, la fixe définitivement au 27 avril 1961.

Pourquoi cette mort brutale ?

Pourquoi le P. Noël Tenaud a-t-il été tué ? Certains parmi ses confrères pensent qu´il a été condamné parce qu´il avait été compromis, et cela se savait très largement, dans les affaires politiques et militaires. Toutefois, si l´on rapproche sa mort de celle des trois Oblats tués dans la région de Xieng Khouang exactement à la même période (18 et 20 avril et 11 mai 1961), la conclusion est différente : il faut penser à un plan d´ensemble de la guérilla concernant les missionnaires isolés dans les zones qu´elle contrôlait.

Par ailleurs, Mgr Bach atteste qu´en 1961, le Père Noël Tenaud n´avait avec les Français que des rapports de bon voisinage. Il en voit pour preuve que l´Ambassade de France au Laos ne s´est jamais occupée de rien à la mort de Tenaud et de ses confrères, alors qu´elle suivait de près ce qui pouvait arriver à d´autres Français. L´indépendance des missionnaires par rapport à leur pays d´origine a été reconnue en 1975 par le nouveau régime lui-même, malgré une certaine confusion dans l´esprit des dirigeants : la présence des missionnaires a été tolérée dans le pays six mois environ après que tous les autres Français aient été expulsés.

En somme, ceux qui ont tué le Père Tenaud n´ont peut-être pas agi directement en haine de la foi ; mais ils ont certainement agi en haine de la présence de l´Église catholique au Laos. Les dirigeants de la guérilla, formés au Viêt-nam, étaient motivés pour arrêter coûte que coûte la progression du christianisme dans le peuple laotien. Leur conviction était que, une fois les missionnaires « ennemis du peuple » partis ou éliminés, il serait facile de détourner le peuple de la foi pour l´attacher à la nouvelle idéologie.

De même, au témoignage d´un catéchiste, les causes de la mort du Père Tenaud ne sont pas à chercher du côté de ses options politiques ou de ses liens avec les militaires. Pour ceux qui furent ses collaborateurs laotiens, le Père Tenaud est un vrai martyr : il a certainement montré qu´il avait le courage de vivre sa foi jusqu´au bout.

Le sens profond de sa mort 

Pourquoi le Père Noël Tenaud est-il allé au-devant de la mort ? Mgr Bach répond :

"Le Père Donjon, m.e.p., son supérieur, lui avait recommandé de ne pas partir dans les zones dangereuses. Mais pour lui le souci des catéchumènes laissés à eux-mêmes a été plus fort. On peut certainement parler d´imprudence, mais tous les martyrs n´ont-ils pas été de même de grands imprudents ? Le Christ, quand il est monté à Jérusalem en dépit des menaces et malgré les recommandations de ses disciples, n´a-t-il pas été lui-même un exemple d´imprudence ?"

En embrassant d´un même regard les autres missionnaires m.e.p. morts de mort violente au Laos dans les années 1960, le même témoin poursuit :

"Je suis certain que les Pères Denis et Galan ont donné des signes qu´ils acceptaient la mort librement, à cause de leur foi ; ils l´ont fait tout simplement. Je suis sûr que le Père Tenaud l´a fait aussi à sa manière, même si cela a été un peu en fanfaron. Tous, ils ont montré qu´ils avaient choisi de suivre le Christ, de servir le peuple de Dieu, quoi qu´il arrive. Ils sont morts courageusement, héroïquement, pour être fidèles à cette option fondamentale de leur vie."

"Je suis intimement convaincu que les Pères Denis, Tenaud et Galan sont des martyrs, c´est-à-dire des hommes, des prêtres et des missionnaires héroïques qui ont offert leur vie courageusement pour leur foi, et qui ont vraiment suivi le Christ jusque dans la mort. Je suis certain aussi que ceux qui les ont connus et ont entendu parler d´eux partagent cette même conviction."

"Pour quelques-uns toutefois, la conviction est peut-être un peu moins forte à propos du Père Tenaud. Il faut dire que les réserves à son sujet n´existent pas chez le peuple chrétien, les prêtres et les religieuses laotiens, mais plutôt chez quelques confrères français."

"Quant aux non-chrétiens du Laos, je pense que le souvenir de la présence des missionnaires, et de la mort violente de certains, s´est estompé et que l´on ne fait plus guère mention d´eux."

"La réputation de martyrs des Pères Denis, Tenaud et Galan a commencé dès le moment de leur mort et ne s´est jamais démentie. Elle est revenue fortement sur le devant de la scène - avec d´autres - en 1989, au moment de la béatification des martyrs de Songkhon (Thaïlande), qui étaient des chrétiens laotiens."

"Il m´arrive souvent de m´inspirer de l´exemple de ces « martyrs » du Laos : le Père Tenaud pour son courage, et les autres, en toute simplicité, pour toute leur vie. [...] Je suis convaincu que leur exemple inspire le courage d´autres chrétiens."

"Comme je l´ai dit, il m´arrive de demander l´intercession auprès de Dieu de nos « martyrs » du Laos, de façon collective, sans privilégier tel ou tel. De même, je peux aussi attester qu´un peu partout au Laos on fait mention d´eux après chaque messe."

Le témoignage de Mgr Urkia est concordant :

"Je considère sans hésiter le Père Tenaud comme un martyr. Pour moi, le Père Tenaud a choisi de suivre cet exemple du Christ jusqu´au bout, quoi qu´il arrive."

SOURCE : http://oblatfrance.com/index.php?id_page=261

Brève présentation des 17 martyrs du Laos

10/06/2015

Le 10 novembre 1994, dans le cadre de la préparation du Jubilé de l’an 2000, le pape Jean-Paul II publie Tertio Millennio Adveniente, lettre apostolique par laquelle il appelle à préserver la mémoire des martyrs du XXe siècle. Les évêques du Laos demandent alors aux Missions Étrangères de Paris (MEP) et aux Oblats de Marie Immaculée (OMI) de les aider à rechercher les documents nécessaires.

Plus de vingt ans plus tard, leur démarche a abouti. Ce 5 juin, le pape a signé le décret que lui présentait le cardinal Angelo Amato, préfet de la Congrégation pour les causes des saints. Le pape François a signé la promulgation des décrets relatifs au martyre de 17 prêtres et laïcs tués au Laos entre 1954 et 1970. Afin de mieux connaître ces martyrs, Églises d’Asie publie les documents ci-dessous, rédigés dans le style hagiographique propre à ce type de littérature.


Au printemps 1953, la guérilla occupe la province laotienne de Sam Neua ; les missionnaires ont été évacués. Le jeune prêtre Joseph Thao Tiên, ordonné en 1949 a décidé pour sa part : « Je reste pour mon peuple. Je suis prêt à donner ma vie pour mes frères laotiens. » Quand on l’emmène vers le camp de Talang, les gens se mettent à genoux sur son passage en pleurant. Il dit : « Ne soyez pas tristes. Je vais revenir. Je m’en vais étudier... Continuez à faire progresser votre village… » Un an plus tard, le 2 juin 1954, il est condamné à mort et fusillé : il avait refusé, une fois de plus, d’abandonner son sacerdoce et de se marier.

Entre temps, à l’autre bout du pays, le P. Jean-Baptiste Malo, ancien missionnaire en Chine, avait été arrêté avec quatre compagnons. Il mourra bientôt d’épuisement et de mauvais traitements sur le chemin des camps, en 1954 dans une vallée perdue du Viêtnam. En 1959, son confrère des Missions Étrangères René Dubroux, ancien prisonnier de guerre en 1940, est trahi par un proche collaborateur et éliminé par la guérilla, qui le balaie comme un obstacle dérisoire à leur volonté. Cette année-là le Saint-Siège avait donné la consigne : « Le clergé, ainsi que le personnel auxiliaire religieux (excepté naturellement les vieillards et malades) doit rester à son poste de responsabilité, à moins qu’il ne vienne à être expulsé. »

Les missionnaires adoptent avec joie cette consigne, qui signe l’arrêt de mort pour plusieurs d’entre eux. En 1960, le jeune catéchiste hmong Thoj Xyooj et le P. Mario Borzaga ne rentrent pas d’une tournée apostolique. En avril-mai 1961, dans la province de Xieng Khouang, les PP. Louis Leroy, Michel Coquelet et Vincent L’Hénoret sont cueillis à leur poste et abattus sans procès. De même dans le sud du pays, le P. Noël Tenaud et son fidèle catéchiste Outhay sont pris et exécutés ; le P. Marcel Denis sera retenu prisonnier quelque temps mais partagera le même sort. Un de leur confrères écrit : « Ils ont été, tous, d’admirables missionnaires, prêts à tous les sacrifices, vivant très pauvrement, avec un dévouement sans limite. En cette période troublée, nous avions tous, chacun plus ou moins, le désir du martyre, de donner toute notre vie pour le Christ. Nous n’avions pas peur d’exposer nos vies ; nous avions tous le souci d’aller vers les plus pauvres, de visiter les villages, de soigner les malades, et surtout d’annoncer l’Évangile… »

En 1967, Jean Wauthier, infatigable apôtre des réfugiés, épris de justice, champion des droits des pauvres, est éliminé par une autre faction ; il laisse une population éperdue de douleur : « Nous avons perdu un père ! » Jean avait regardé plus d’une fois la mort en face. Il était prêt ; il a donné sa vie par amour pour les siens.

En 1968, Lucien Galan, lui aussi ancien missionnaire de Chine, visite les catéchumènes isolés du plateau des Boloven. Son jeune élève Khampheuane, 16 ans, a tenu à l’accompagner en raison du danger. Au retour de leur mission, on leur a tendu un guet-apens ; tous deux meurent sous les balles ; leur sang se mêle pour féconder la terre du Laos. L’année suivante c’est le tour du P. Joseph Boissel, le doyen des martyrs du Laos (60 ans), d’être pris en embuscade en route vers une petite communauté chrétienne, et exécuté comme eux.

Début 1970, le jeune catéchiste Luc Sy est envoyé en mission par son évêque dans la région de Vang Vieng. Avec un compagnon, Maisam Pho Inpèng, ils sont en tournée dans un village où plusieurs familles sont devenues catéchumènes. Ils catéchisent et soignent les malades, s’attardent… On les attendait à la sortie du village. Eux aussi meurent, en plein élan missionnaire, pour le Christ et pour le peuple de Dieu. Tous deux étaient chefs de famille.

Laotiens et étrangers, laïcs ou prêtres, ces dix-sept hommes ont donné pour l’Évangile le témoignage suprême. La jeune Église du Laos reconnaît en eux leurs Pères fondateurs. « Si le grain de blé tombé en terre ne meurt pas, il demeure seul ; mais s’il meurt, il porte beaucoup de fruit. »

Profil biographique des 17 martyrs du Laos

Joseph Thao Tiên, protomartyr (1918-1954)

Joseph Thao Tiến est né le 5 décembre 1918 dans la province des Houa Phanh au Laos. Son grand-père et son père avaient déjà été des chrétiens remarquables. À onze ans, il entre à l’école des catéchistes montagnards à Hữu Lễ, dans la province de Thanh Hóa au Vietnam ; à cette époque, sa province d’origine appartenait en effet au vicariat apostolique de Phát Diệm, et à partir de 1932 à celui de Thanh Hóa. Bon élève, il est admis en 1937 à la section petit séminaire, où il étudie le latin et le français. Il sera le seul des jeunes montagnards à passer avec succès au grand séminaire. Vacances et stages confirment sa vocation : très proche des gens les plus simples, catéchiste zélé et régulier, doué de ses mains, il est apprécié des missionnaires et aimé de tous.

De 1942 à 1946 il est élève des Pères sulpiciens au Grand Séminaire de Hanoi. Assidu à la prière et aux études, il se tient à l’écart de l’agitation politique. À Noël 1946, c’est la fermeture du séminaire et la dispersion. Il rentre au Laos à pied, mais la guerre arrive là aussi. C’est à Saigon qu’il achèvera ses études. De nombreux condisciples se souviennent avec émotion de lui, et témoignent de son attachement indéfectible à la mission dans son pays, le Laos.

Le 6 juin 1949 il est ordonné prêtre à la cathédrale de Hanoi. Le 1er octobre 1949, il peut enfin rejoindre sa chère mission, à Sam Neua au Laos. Mais dès novembre, il se retrouve au-delà de la ligne de front, en zone de guérilla. Avec l’accord avec ses supérieurs, il y restera. La paix revenue provisoirement, il réorganise et dirige les écoles du Muang Sôi. Mais au fond de son cœur il est pasteur. Les gens venaient en masse pour l’écouter. Vivant la pauvreté et la précarité, homme de vision et d’espérance, il est l’ami des pauvres et aimé de tous.

A Noël 1952, la guérilla communiste reprend. Tout le personnel de la mission est évacué, mais Thạo Tiến reste à son poste, « prêt à donner ma vie pour mes frères laotiens ». Après Pâques, c’est l’arrestation, le jugement populaire, la prison et le camp de rééducation. Isolé, résistant aux manœuvres destinées à le faire apostasier ou abandonner sa promesse de célibat sacerdotal, seul avec le Christ souffrant et glorieux, il est un signe d’espérance pour tous. Le 2 juin 1954, il quitte le camp de Ban Ta Lang, escorté de quatre gardiens. Il est ligoté et abattu de cinq balles.

Aujourd’hui, chez tous les chrétiens laotiens, tant au pays que dans la diaspora, le nom du P. Tiến est prononcé avec respect et invoqué avec confiance : il est le premier fruit de leur jeune Église, les prémices qu’elle a offert à Dieu.

Le P. Jean-Baptiste Malo, MEP (1899-1954)

Jean-Baptiste Malo est né le 2 juin 1899 à La Grigonnais, dans le diocèse de Nantes en France. Il grandit à Vay (44), dans une famille de petits paysans. Vocation tardive, il entre au Séminaire des Missions Étrangères à 29 ans. Ordonné prêtre le 1er juillet 1934, il est envoyé en mission à Lanlong (Anlong, Guizhou), en Chine.

Dans cette région montagneuse aux confins des provinces de Guizhou, Guangxi et Yunnan, il règne alors une grande insécurité. En dépit de grandes difficultés, toujours sur le qui-vive, le P. Malo visite ses chrétientés, dont certaines n’ont pas vu de prêtre depuis 20 ans ; il fonde quatre nouvelles écoles. Au printemps 1951 c’est l’arrivée des troupes communistes : il est arrêté, détenu puis, après un jugement sommaire, expulsé de Chine affaibli et malade.

Le 27 novembre 1952, il rejoint son nouveau champ d’apostolat : la mission de Thakhek, au Laos. A Noël 1953, les troupes vietminh progressent dans la région et l’armée française contraint les missionnaires à s’évacuer vers Paksé, dans le sud du pays. Au retour, le 15 février 1954, ils tombent dans une embuscade des Viêt Minh. Avec son préfet apostolique, des confrères et une religieuse, le P. Malo fait face à des interrogatoires.

Le groupe est emmené à pied vers un camp de rééducation près de Vinh (Vietnam), à des centaines de kilomètres. Le P. Malo n’arrivera pas au bout de cette marche forcée. Il est malade et ne peut digérer le vieux riz qui sert d’unique nourriture quotidienne aux prisonniers. Ses gardiens lui refusent tout repos et tout soin : il meurt de faim et d’épuisement le 28 mars 1954 en offrant sa vie à Dieu. Il est mis en terre la nuit suivante sur le bord du fleuve Ngàn Sau, dans la province de Hà Tĩnh au Vietnam. Les chrétiens de cette région isolée, qui ont surpris l’enterrement, ont pieusement gardé sa tombe et son souvenir jusqu’à aujourd’hui.

Le P. Mario Borzaga, OMI (1932-1960)

Mario Borzaga est né à Trente le 27 août 1932. A 11 ans, il entre au Petit Séminaire diocésain, puis poursuit ses études au Grand Séminaire jusqu’à la 1e année de théologie. A 20 ans, il entre dans la Congrégation des Missionnaires Oblats de Marie Immaculée. Le 21 novembre 1953, il fait ses premiers vœux à Ripalimosani (Campobasso), et reprend ses études de théologie au scolasticat oblat de San Giorgio Canavese (Turin). Durant quatre ans il se prépare, dans l’étude et la prière, pour la mission ad gentes, dont il rêve depuis longtemps. Le 21 novembre 1956, il fait son oblation perpétuelle. Quelques semaines plus tard il écrit : « Je m’approche de la prêtrise comme une mère qui attend de mettre au monde… Je veux former en moi une foi et un amour profonds, solides comme le granit ; sans cela je ne pourrais pas être martyr... »

Le 24 février 1957, Mario est ordonné prêtre ; sa messe de prémices est célébrée le dimanche 28 avril à la cathédrale de Trente, sa paroisse. Le 2 juillet, il reçoit son obédience pour le Laos. Le 31 octobre, il s’embarque à Naples avec le premier groupe de Missionnaires Oblats italiens destinés au Laos. A 25 ans, il est le plus jeune de l’expédition.

Après un mois de voyage, le voici à Paksane, où il débute son année d’apprentissage : étude de la langue, des coutumes laotiennes, etc. En stage à Keng Sadok, il s’efforce d’entrer le plus vite possible en contact avec des personnes à qui il peut annoncer la Bonne Nouvelle. Son Journal d’un homme heureux (publié en 1985-86 puis en 2005) et son abondante correspondance décrivent le voyage intérieur à la découverte d’une mission difficile, rendue encore plus ardue à cause de la guérilla.

En décembre 1958 le P. Mario Borzaga est envoyé dans le village de Kiucatiam (Louang Pra-bang). Au service de la communauté chrétienne hmong, il s’efforce de former des catéchistes, de visiter les familles, et de soigner les malades qui affluent chaque jour à sa porte. Le dimanche 24 avril 1960 après la messe, des Hmong de Pha Xoua viennent à lui. Ils renouvellent la demande de visiter leur village, qui est à trois jours de marche par-delà la forêt et les pentes escarpées de la montagne.

Mario se prépare alors en hâte pour une tournée missionnaire de quinze jours, avant le début de la saison des pluies. Le 25 avril il se met en marche, accompagné de son jeune catéchiste Paul Thoj Xyooj. Ce sera un voyage sans retour. Les recherches entreprises après la disparition des deux voyageurs ne donneront aucun résultat.

Les témoignages recueillis depuis le début, mais surtout au cours des dernières années, confirment toutefois ce qui était depuis le début la certitude des Hmong : les deux apôtres ont été pris et éliminés par des éléments de la guérilla. À 27 ans, le P. Mario Borzaga avait rendez-vous avec son Créateur. N’avait-il pas écrit dans son journal : « Moi aussi, j’ai été choisi pour le martyre » ?

Le catéchiste Paul Thoj Xyooj (1941-1960)

Paul Thoj Xyooj est un jeune catéchiste laotien d’ethnie hmong. Né en 1941 à Kiukatiam (Louang Prabang), il sera baptisé à 16 ans, le 8 décembre 1957, par le P. Yves Bertrais, OMI. A Noël 1957, il est à l’école des catéchistes au Séminaire de Paksane, où il reçoit le nom lao de Khamsè ; mais au bout d’un an, il est de retour à Kiukatiam. En avril 1959, faute d’un catéchiste mieux formé, on l’envoie à Na Vang (Louang Namtha) avec le P. Luigi Sion.

Les témoignages décrivent Paul Xyooj comme un catéchiste zélé et utile. Son enseignement et son exemple de vie chrétienne sont à l’origine de nombreuses conversions. En décembre 1959, il est envoyé à la nouvelle école de catéchistes de Louang Prabang pour y poursuivre sa formation ; mais il est en crise et retourne bientôt dans son village natal. Les mois suivants, il est proche du P. Mario Borzaga, qui parle souvent de lui dans son Journal.

Lundi 25 avril 1960, le P. Mario Borzaga prend Paul Xyooj comme compagnon pour un voyage missionnaire ; ils n’en reviendront jamais. En fait, Xyooj doit faire face au sacrifice de sa vie en cherchant à sauver son missionnaire. Un témoin a rapporté ses dernières paroles : « Je ne pars pas, je reste avec lui ; si vous le tuez, tuez-moi aussi. Là où il sera mort, je serai mort, et là où il vivra, je vivrai. »

Les corps, jetés dans une fosse commune dans la forêt, n’ont jamais été retrouvés ; mais les témoignages permettent de situer la mort glorieuse de Paul Thoj Xyooj et du P. Mario Borzaga dans la région de Muong Met, sur la piste de Muong Kassy.

Le P. René Dubroux, MEP (1914-1959)

René Dubroux est né le 28 novembre 1914 à Haroué, dans le diocèse de Nancy en France. Le 8 janvier 1939 il est ordonné prêtre pour le diocèse de Saint-Dié, et nommé vicaire à la paroisse Saint-Pierre-Fourier de Chantraine. En 1940, lors de l’attaque allemande, il est infirmier militaire au front et s’illustre par sa bravoure.

Le 30 octobre 1943, René Dubroux est admis dans la Société des Missions Étrangères de Paris, et bientôt destiné à la Mission de Thakhek au Laos. Il ne pourra rejoindre sa mission qu’après deux années comme aumônier militaire en Indochine (1946-1948).

Au poste missionnaire de Namdik (1948-1957), il développe la vie chrétienne de ses fidèles par ses instructions et par la fréquentation assidue de l’eucharistie et de la pénitence. Sur le plan matériel, il s’efforce d’améliorer leur sort et leur apprend à exploiter la forêt et à exporter le bois. En 1957, il est chargé du district de Nongkhène près de Paksé. C’est un endroit dangereux, au contact immédiat avec la guérilla communiste naissante. Des menaces pèsent sur lui : la rébellion veut montrer que le missionnaire n’est qu’un fétu sur leur chemin, un obstacle dérisoire à leur volonté. Quant à lui, il a décidé de rester et de poursuivre sa mission.

Tard dans la soirée du 19 décembre 1959, le P. Dubroux est en conversation avec ses catéchistes dans la sacristie de la petite chapelle de Palay, qui lui sert de logement. Il est abattu presque à bout portant par ses ennemis. Il avait une haute idée de ses devoirs de pasteur ; il est mort par amour de ses fidèles, par fidélité à sa mission. Son souvenir est resté très vivant chez tous ses anciens paroissiens.

Le P. Louis Leroy, OMI (1923-1961)

Louis Leroy est né le 8 octobre 1923 à Ducey, dans le diocèse de Coutances en France. Orphelin de père, il travaille une dizaine d’années dans la ferme familiale. A 22 ans, il s’oriente vers la vie missionnaire chez les Missionnaires Oblats de Marie Immaculée. Après un temps de rattrapage scolaire à Pontmain, il suit avec courage les six années de philosophie et de théologie à Solignac. A l’un ou l’autre de ses compagnons il confie son espoir de mourir martyr.

Ordonné prêtre le 4 juillet 1954, il est envoyé à la Mission du Laos. Affecté dans des postes de montagne, il étudie patiemment les langues – lao, thaï-deng, kmhmu’ –, desservi par une surdité précoce. Ses résultats médiocres sont compensés par son infatigable dévouement au service des malades, par son amour des plus pauvres, par sa patience envers les pécheurs. Inlassablement, il visite les villages qui lui sont confiés, à des heures de marche autour de sa résidence de Ban Pha. A ses correspondantes carmélites, il confie ses joies et ses peines ; il souffre de la tiédeur et du manque de constance de certains chrétiens.

Devant l’arrivée des troupes communistes, obéissant aux consignes de Rome et de son évêque, il refuse avec opiniâtreté de quitter son poste. Le 18 avril 1961, un détachement vient le chercher. Demandant d’enfiler sa soutane, de prendre sa croix et son bréviaire, il suit les soldats. Dans la forêt voisine, il est sommairement abattu. Son rêve de jeunesse, témoigner du Christ jusqu’au martyre, était exaucé.

Le P. Michel Coquelet, OMI (1931-1961)

Michel Coquelet est né le 18 août 1931 à Wignehies, dans l’archidiocèse de Cambrai en France. Il grandira dans le diocèse d’Orléans, puis retourne dans son diocèse d’origine pour achever ses études au Petit Séminaire de Solesmes. En 1948, il est admis au noviciat des Missionnaires Oblats de Marie Immaculée à La Brosse-Montceaux, puis au scolasticat de Solignac. De son service militaire aux confins du Sahara, il rapporte une véritable passion pour le soin des malades.

Ordonné prêtre le 19 février 1956, il est envoyé l’année suivante à la Mission du Laos. Ses quatre années d’apostolat furent une dure épreuve : dans la montagne, il fut affecté à des villages de néophytes dont la formation chrétienne laissait fort à désirer. Le journal de la mission montre sa souffrance de missionnaire, mais aussi son grand esprit de foi, teinté d’un humour qui était un des traits attachants de son caractère. Il se fit tout à tous, avec le souci d’aller vers les plus pauvres, de visiter les villages, de soigner les malades, et surtout d’annoncer l’Évangile…

Le 20 avril 1961, il est en tournée au service des malades. Les soldats de la rébellion lui tendent un guet-apens à Ban Sop Xieng. Il est tué au bord de la route. Son corps sera jeté dans le torrent, qui irrigue cette terre laotienne où il avait semé avec patience et amour la Parole de Dieu. Ses Kmhmu’ ne l’ont jamais oublié.

Le P. Vincent L’Hénoret, OMI (1921-1961)

Vincent L’Hénoret est né le 12 mars 1921 à Pont l’Abbé, dans le diocèse de Quimper en Bretagne (France). Il fait ses études secondaires, puis son noviciat, chez les Missionnaires Oblats de Marie Immaculée à Pontmain. Pour les études de philosophie et de théologie, il est à La Brosse-Montceaux, où il vit le drame du 24 juillet 1944 : l’exécution sommaire par les nazis de cinq Oblats. Ordonné prêtre le 7 juillet 1946, il se fait photographier devant le monument aux Oblats fusillés, où est gravée dans la pierre la phrase de Jésus : « Il n’est pas de plus grand amour que de donner sa vie pour ses amis. » Conformément à son souhait, il est envoyé à la Mission oblate du Laos, ruinée par la guerre.

Dans le secteur de Paksane, il est un pasteur attentif, qui sait se faire aimer de ses chrétiens de troisième génération. En 1957, il est envoyé semer l’Évangile dans les montagnes de Xieng Khouang. A Ban Ban, son apostolat est surtout auprès des réfugiés thaï-deng, qui avaient fui la persécution des Houa Phanh – apostolat ingrat, où il doit lutter contre le découragement. Le jour de l’Ascension au petit matin, 11 mai 1961, il circule à bicyclette pour assurer l’Eucharistie. Un poste de la guérilla communiste contrôle son laissez-passer, qui est en règle, puis l’abat d’une rafale dans le dos. Dans leur idéologie, la présence d’un missionnaire n’était pas tolérable.

Le P. Noël Tenaud, MEP (1904-1961)

Noël Tenaud est né le 11 novembre 1904 à Rocheservière, dans le diocèse de Luçon en Vendée (France). De 1924 à 1928, il est au Grand Séminaire diocésain, puis rejoint celui des Missions Etrangères de Paris. Ordonné prêtre le 29 juin 1931, il est envoyé à la « Mission du Laos », dont la partie principale est alors au Siam. Ses années comme curé à Kham Koem (Thaïlande) ont laissé un souvenir vivant.

La guerre franco-siamoise (1939-1940) l’amène au Laos proprement dit. A partir de 1944, il est curé de Pong Kiou (Khammouane) et rayonne dans toute la région. Son action, notamment au cours de divers épisodes belliqueux contre la tyrannie japonaise et la mainmise des troupes communistes, marque profondément les chrétientés de la minorité Sô. Il accepte aussi, dans les situations difficiles, des responsabilités de plus en plus lourdes dans l’organisation de la mission.

En 1959, le P. Tenaud accepte de quitter sa belle région pour l’arrière-pays de Savannakhet, où le travail de première évangélisation n’a pas encore commencé. Basé à Xépone, près de la frontière du Vietnam, avec son fidèle catéchiste Joseph Outhay, il prospecte les villages tout au long de la route qui monte de Savannakhet.

En avril 1961, les deux apôtres partent en tournée apostolique. On les avertit qu’une attaque nord-vietnamienne se prépare ; mais rien ne doit arrêter la Parole de Dieu. Le chemin du retour est coupé : ils sont pris au piège, arrêtés, interrogés et exécutés le 27 avril 1961 pour leur action missionnaire. Chez tous ceux qui l’ont connu, le souvenir du P. Noël Tenaud, de son œuvre missionnaire et du don suprême de sa vie, est resté très vivant.

Le catéchiste Joseph Outhay (1933-1961)

Joseph Outhay naquit vers Noël 1933, dixième enfant d’une famille catholique très pieuse de Kham Koem, dans le Lao Issan, aujourd’hui diocèse de Tharè-Nonseng en Thaïlande. Lorsqu’éclate au Siam la persécution de 1940, le jeune Outhay a sept ans. Sa paroisse puis l’ensemble de la province restent sans prêtre résident ; son père est catéchiste et prend le relais. À douze ans, la persécution finie, Outhay est envoyé pour 6 ans au petit séminaire de Ratchaburi. Il revient alors au village : sa mère et ses frères aînés sont tous morts ; il doit s’occuper de son père et de ses deux sœurs encore petites… Il se marie donc – il a 19 ans –, mais un an plus tard son épouse meurt en couches, suivie peu après de leur enfant.

Outhay vit là un signe : il partit pour Tharè, se mettant à la disposition de son évêque comme catéchiste diocésain. À l’invitation de son ancien curé, le P. Noël Tenaud, MEP, il suivra bientôt ce dernier vers la Mission de Thakhek au Laos. Homme expérimenté, mûri précocement par la vie, il fut à Pongkiu un catéchiste apprécié de tous, chargé de la formation de jeunes catéchistes débutants. Homme de confiance du P. Tenaud, il le suivra en 1960 vers les régions de la province de Savannakhet à défricher pour l’Évangile. Il partagera aussi son destin final, rendant comme lui l’ultime témoignage de foi le 27 avril 1961. De son vivant, Outhay était déjà considéré comme un catéchiste héroïque. Après sa mort, sa renommée n’a fait que monter, jusqu’à aujourd’hui. Son exemple est une inspiration pour tous.

Le P. Marcel Denis, MEP (1919-1962)

Marcel Denis est né le 7 août 1919 à Alençon, la ville de sainte Thérèse de l’Enfant-Jésus, dans le diocèse de Séez en France. Il fréquente d’abord le petit et le grand séminaire de son diocèse ; en 1942, il est admis aux Missions Étrangères de Paris. Ordonné prêtre le 22 avril 1945, il part en 1946 pour la Mission du Laos.

Chargé d’abord des chrétientés de Dong Makba et alentours, dans la plaine, il y travaille avec difficulté à l’éducation des villageois. À partir de 1954, il est envoyé vers les zones intérieures du Khammouane. Il s’établit à Maha Prom et s’entoure de collaborateurs de valeur. Il met sa science, son cœur et sa foi, dans la patience et la persévérance, au service de la promotion humaine et spirituelle du peuple auquel il est envoyé. Peu à peu, il se tourne vers les villages de la montagne, qui ignorent tout de l’Évangile, et consacre beaucoup de temps et d’amour aux lépreux. Pèlerin infatigable, il parcourt une vaste région et ouvre le dialogue avec les populations rencontrées. Çà et là la bonne graine germe, ouvrant de grands espoirs de conversions.

En avril 1961, la guérilla communiste occupe en quelques semaines tout le territoire qui lui est dévolu. Il se dépense sans compter pour mettre collaborateurs et enfants à l’abri, mais décide de rester au milieu d’eux. Il est arrêté et emmené en détention vers un lointain village à la frontière du Vietnam. Au bout de trois mois, le 31 juillet 1961, il est emmené dans la forêt et exécuté. Sa mémoire est vénérée et son exemple continue d’inspirer de nombreux chrétiens laotiens.

Le P. Jean Wauthier, OMI (1926-1967)

Né le 22 mars 1926 à Fourmies, dans l’archidiocèse de Cambrai en France, Jean Wauthier grandit durant la Seconde Guerre mondiale comme réfugié dans le diocèse d’Agen. Il y est élève au Petit Séminaire de Bon-Encontre, et son souvenir y reste très vivant. En 1944, il rejoint à travers un pays en désordre le noviciat des Missionnaires Oblats de Marie Immaculée à Pontmain. Au scolasticat de Solignac, alors en construction, les travaux manuels les plus pénibles ne le rebutent pas. Homme au physique robuste et au caractère trempé, il fait son service militaire en Afrique du Nord comme élève-officier parachutiste : un missionnaire bien préparé ! Ordonné prêtre le 17 février 1952, il rejoint en octobre la mission du Laos.

Jean Wauthier est mis sans tarder au service de la mission chez les plus pauvres, les Kmhmu’. Durant les années de guerre et de guérilla, il accompagne les gens de ses villages à travers leurs déplacements à la recherche d’un havre de paix. Pionnier lui-même, il se met à leur service à travers ses connaissances médicales, techniques, linguistiques et catéchétiques.

En 1961, il est sauvé in extremis en face d’un peloton d’exécution. Par prudence, ses supérieurs le rappellent comme éducateur au petit séminaire de Paksane, tâche dont il s’acquitte avec compétence et dévouement ; mais il n’aspire qu’à retrouver ses réfugiés dans la montagne, parmi lesquels la misère s’est installée : récoltes incertaines, attaques, mines le long des pistes, pénurie de médicaments, abus de toute sorte. C’est chose faite en octobre 1964.

Outre le soin des néophytes et des catéchumènes et le défrichage missionnaire, le P. Wauthier se consacre à répartir équitablement l’aide humanitaire. C’est là que se noue le drame, car même dans la pire misère il y a encore exploitants et exploités : il défend les pauvres Kmhmu’, sans pour autant les favoriser car il sait se mettre au service de tous. Il est désormais conscient que sa vie est menacée. Le 16 décembre 1967 dans la nuit, sous le couvert d’une attaque simulée de la guérilla, il est exécuté de trois coups de feu en pleine poitrine. Le lendemain, un des catéchistes écrit à ses parents : « Le P. Jean est mort parce qu’il nous aimait et n’a pas voulu nous abandonner. » Son amour des pauvres continue de rayonner au Laos.

Le P. Lucien Galan, MEP (1921-1968)

Lucien Galan est né le 9 décembre 1921 à Golinhac, dans le diocèse de Rodez en France. Il entre d’abord au Grand Séminaire de Rodez, mais est admis en 1946 aux Missions Étrangères de Paris. Ordonné prêtre le 29 juin 1948, il part en décembre pour la Mission de Xichang, au Sichuan (Chine).

Fin mars 1950, la région est « libérée » par les communistes. En novembre, au retour d’une tournée chez ses chrétiens, il est appréhendé et emprisonné, puis mis en résidence surveillée sous un régime de terreur. Il est finalement expulsé de Chine, arrivant à Hong Kong au terme d’un long périple en janvier 1952.

Après quelques semaines de repos, il est réaffecté à la Mission de Paksé au Laos. Vers 1953-1954, il prend contact avec les populations « kha », les minorités montagnardes méprisées du plateau des Bolovens. En 1956, il s’installe au milieu d’eux dans une petite maison-chapelle, d’où il rayonne sur les villages. Il les visite malgré la présence d’éléments rebelles qui se cachent dans ces montagnes. Il a soin aussi des Chinois de Paksé.

En février 1960, il prend la relève du Serviteur de Dieu René Dubroux, assassiné, dans la zone limitrophe entre forces laotiennes rivales. L’insécurité ne permet de visiter que très rarement les villages les plus lointains. Le 11 mai 1968, il part en remplacement d’un confrère pour Nong Mot et de Nong I-Ou, qui sont entrés en catéchuménat, avec deux jeunes élèves catéchistes. Il y assure la catéchèse et la messe. Dimanche 12, il reprend la route pour une célébration au Km-15 de Paksé. Mais l’ennemi a dressé une embuscade : la voiture est prise sous le feu d’armes lourdes. Le jeune Khampheuane est tué sur le coup, son ami blessé. Le P. Galan est achevé au poignard. Il meurt, victime de son devoir et de sa charité. Le souvenir de son esprit de service et d’abnégation reste très vivant jusqu’à aujourd’hui.

L’élève catéchiste Thomas Khampheuane Inthirath (1952-1968)

Thomas Khampheuane Inthirath est né en mai 1952 dans le village de Nong Sim (ethnie lavên) sur le plateau des Boloven, vicariat apostolique de Paksé. Son père avait succédé au grand-père maternel comme catéchiste du village, et avait connu la prison pour ce motif. Khampheuane était le fils chéri, longuement désiré et attendu ; mais cela n’a pas gâté sa nature pacifique et généreuse. Il était serviable et d’une grande simplicité. C’était aussi un cœur pur, et certains ont vu là un signe de sa vocation à la sainteté, au martyre.

A quinze ans, il est choisi par le P. Lucien Galan pour entrer à l’école des catéchistes à Paksong, qui assurait aux élèves une bonne formation générale, doctrinale et liturgique. Thomas était fier de ce choix. Le 11 mai 1968, le P. Galan passe là, en route pour les villages catéchumènes les plus lointains. Deux élèves, Khampheuane et son ami Khamdi, se portent volontaires pour l’accompagner. Ils étaient très conscients du danger, mais Khampheuane avait la volonté de servir l’Église. Au retour, la voiture fut prise en embuscade : il mourut à côté du P. Galan. Malgré la détresse de la famille, le papa confia à un missionnaire être fier que son fils ait accepté de donner sa vie pour sa foi. Sur le plateau, Thomas n’est pas oublié.

Le P. Joseph Boissel, OMI (1909-1969)

Joseph Boissel naît le 20 décembre 1909 dans une famille de petits fermiers bretons, au Loroux dans l’archidiocèse de Rennes (France). C’était un solide paysan, dur à la besogne. À 14 ans, orphelin de père, il entre au juniorat des Oblats de Marie Immaculée à Jersey, et poursuit avec eux sa vocation missionnaire. Ordonné prêtre le 4 juillet 1937, il reçoit l’année suivante sa feuille de route pour la jeune Mission du Laos.

Le P. Boissel appartient à la génération des pionniers oblats de cette mission, qui ont connu toutes les secousses des guerres successives. Il débute auprès des Hmong de la province de Xieng Khouang où l’évangélisation n’avait pas encore commencé. En mars 1945, il est prisonnier des Japonais à Vinh au Vietnam. Au retour, il retrouve la mission entièrement ruinée et se remet courageusement à l’œuvre, malgré une santé désormais ébranlée par les privations. En 1949 il est à Paksane dans la vallée du Mékong : il aide à construire et à gérer le petit séminaire, n’hésitant pas à cultiver lui-même la rizière. En 1952, il obtient de repartir dans les montagnes de Xieng Khouang. Il y poursuit l’évangélisation des Thaï Dam de Ban Na et entreprend celle des Khmhmu’ des villages environnants.

En novembre 1957, il est de retour pour de bon dans le district missionnaire de Paksane, curé de Nong Veng puis de Lak Si. Mais il aura de plus en plus la charge des villages des réfugiés, qui ont fui la guerre et le communisme de Xieng Khouang. Dans ces années-là, prendre la route est toujours risqué ; à partir de mars 1969, la pression de la guérilla s’accentue.

Le samedi 5 juillet 1969, le P. Boissel s’en va assurer le service à Hat I-Êt, à une vingtaine de kilomètres de Paksane, en compagnie de deux jeunes Oblates Missionnaires de Marie Immaculée qui l’aident pour les visites, les soins aux malades et la catéchèse. A la sortie d’un virage, le Viêt Minh le guette : deux rafales de mitrailleuse, le ‘gêneur’ est tué net, et les Oblates grièvement blessées. Cette mort sur la brèche, en pleine mission apostolique, a fortement impressionné tout le peuple de Dieu. Son souvenir y reste très vivant.

Le catéchiste Luc Sy (1938-1970)

Luc Sy est né en 1938 à Ban Pa Hôk, un village de la minorité kmhmu’ à quatre heures de marche dans la montagne au sud de Xieng Khouang au Laos. Le village fut baptisé le 28 octobre 1951 ; Sy reçut les noms de Luc et Marie. Elève timide mais franc et travailleur, il étudie de 1953 à 1957 à l’école des catéchistes, au Petit Séminaire de Paksane. En 1958, il est réclamé pour les écoles de l’État, mais continue à travailler en étroite collaboration avec le P. Jean Wauthier, qui sut lui faire partager son esprit apostolique.

En 1961, Luc Sy est enrôlé dans l’armée, où il sera caporal. Dans une vie d’errance à travers un pays en désordre, il reste bon chrétien. En 1967, blessé, il est démobilisé. Il est accueilli comme catéchiste à Nong Sim dans la Mission de Paksé. Il se marie avec une jeune veuve catholique, qui avait deux enfants ; le couple mettra au monde une fille. Mais la mort de Jean Wauthier réveilla chez Luc Sy le désir de servir les Kmhmu’, déplacés par la guerre, humiliés et brimés. En avril 1969, il rejoint le Centre pastoral de Hong Kha à Vientiane, où l’on formait les catéchistes kmhmu’ pour assurer le service pastoral et social, là où les prêtres n’avaient plus accès. Élève doué, mûri par la vie, assidu à la prière, ouvert aux plus délaissés, Luc Sy fut prêt dès Noël 1969 pour un envoi en mission. Il devint associé de l’Institut séculier Voluntas Dei.

Le 26 janvier 1970, il est envoyé par l’évêque en mission dans la région de Vang Vieng, vaste secteur peuplé de villages de réfugiés. En peu de temps, il y accomplit un travail remarquable, tant pour le développement que pour la catéchèse. Le 4 mars, rejoint par Louis-Marie Ling, diacre Voluntas Dei et futur évêque, il fait la retraite mensuelle. Ils partent le lendemain avec un compagnon à Dène Dine, pour une tournée auprès des catéchumènes. Le matin du 7 mars 1970, veille du dimanche Lætare, les trois apôtres, dénoncés, sont pris dans une embuscade ; seul Louis-Marie a la vie sauve. Dès le début, il y eut autour de Luc Sy une réelle aura de sainteté et de martyre : il fut et reste un exemple vivant pour les autres catéchistes. Les chrétiens kmhmu’ vénèrent sa mémoire.

Le responsable laïc Pho Inpèng (1934-1970)

Maisam, appelé plus tard ‘Pho Inpèng’ du nom de son fils selon la coutume, est né en 1934 dans la Province des Houa Phanh. Avec de nombreux autres Kmhmu’ de sa province, il est touché vers 1959 par la prédication de l’Évangile. Enrôlé dans l’Armée royale lors de l’attaque des troupes communistes en octobre 1960, il sera capitaine. Mais c’est un homme de paix. Dès que possible il quitte l’armée et se marie. Avec son épouse, il se réfugie à Houey Phong dans la région de Vang Vieng ; c’est là que le couple sera baptisé. Homme instruit, respecté et influent, il est bientôt choisi comme responsable laïc de la petite chrétienté, faite surtout de catéchumènes. En l’absence du missionnaire et du catéchiste, il dirige la prière et instruit les enfants.

Lors de la journée de retraite de Louis-Marie Ling et Luc Sy, le 4 mars 1970, Pho Inpèng est là pour les servir. Quand il apprend que les deux jeunes gens doivent se rendre dans un milieu hostile, pour visiter les catéchumènes et soigner les malades, il s’offre pour les accompagner et fait équipe avec eux. Au retour, c’est l’embuscade fatale. La balle qu’il reçoit en plein front était destinée à Louis-Marie Ling ; elle met fin à la brève carrière héroïque de ce chrétien laïc exemplaire.

Liste des 17 témoins de l’Église du Laos

1. Joseph Thao Tiên, né le 5.12.1918 à Muang Sôi (Houa Phanh, Laos), prêtre diocésain taï-deng du vicariat de Thanh Hóa (Vietnam), mort le 2.6.1954 à Ban Talang (Houa Phanh), vicariat de Vientiane.


2. Jean-Baptiste Malo, MEP, né le 2.6.1899 à La Grigonnais (44), missionnaire en Chine puis au Laos, mort le 28.3.1954 à Yên Hội (Hà Tĩnh), diocèse de Vinh (Vietnam).


3. René Dubroux, MEP, né le 28.11.1914 à Haroué (54), prêtre diocésain de Saint-Dié puis missionnaire au Laos ; mort le 19.12.1959 à Palay, vicariat de Paksé.


4. Paul Thoj Xyooj, né en 1941 à Kiukatiam (Louang Prabang), catéchiste hmong, mort le 1.5.1960 à Muang Kasy, vicariat de Louang Prabang.


5. Mario Borzaga, OMI, né le 27.8.1932 à Trente (Italie), mort le 1.5.1960 à Muang Kasy, vicariat de Louang Prabang.


6. Louis Leroy, OMI, né le 8.10.1923 à Ducey (50), mort le 18.4.1961 à Ban Pha (Xieng Khouang), vicariat de Vientiane. 


7. Michel Coquelet, OMI, né le 18.8.1931 à Wignehies (59) et éduqué à Puiseaux (45), mort le 20.4.1961 à Sop Xieng (Xieng Khouang), vicariat de Vientiane. 


8. Joseph Outhay Phongphoumi, catéchiste veuf, né en 1933 à Khamkoem, diocèse de Tha-rè-Nongsèng (Thaïlande), mort le 27.4.1961 à Phalane, vicariat de Savannakhet.


9. Noël Tenaud, MEP, né le 11.11.1904 à Rocheservière (85), missionnaire en Thaïlande puis au Laos, mort le 27.4.1961 à Phalane, vicariat de Savannakhet.


10. Vincent L’Hénoret, OMI, né le 12.3.1921 à Pont l’Abbé (29), mort le 11.5.1961 à Ban Ban / Muang Kham (Xieng Khouang), vicariat de Vientiane. 


11. Marcel Denis, MEP, né le 7.8.1919 à Alençon (60), mort le 31.7.1961 à Kham Hè (Khammouane), vicariat de Savannakhet.


12. Jean Wauthier, OMI, né le 22.3.1926 à Fourmies (59), mort le 16.12.1967 à Ban Na (Xieng Khouang), vicariat de Vientiane. 


13. Thomas Khampheuane Inthirath, né en mai 1952 à Nong Sim (Champassak), élève caté-chiste lavên, mort le 12.5.1968 à Paksong (Champassak), vicariat de Paksé.


14. Lucien Galan, MEP, né le 9.12.1921 à Golinhac (12), missionnaire en Chine puis au Laos, mort le 12.5.1968 à Paksong (Champassak), vicariat de Paksé.


15. Joseph Boissel, OMI, né le 20.12.1909 au Loroux (35), mort le 5.7.1969 à Hat I-Et (Bo-likhamsay), vicariat de Vientiane.


16. Luc Sy, catéchiste kmhmu’ père de famille, né en 1938 à Ban Pa Hôk (Xieng Khouang), mort le 7.3.1970 à Dène Din (Province de Vientiane), vicariat de Vientiane.


17. Maisam Pho Inpèng, laïc kmhmu’ père de famille, né vers 1934 près de Sam Neua (Houaphan), mort le 7.3.1970 à Dène Din (Province de Vientiane), vicariat de Vientiane.


Importance du témoignage des Martyrs du Laos pour l’Église et la société au moment de leur mort

Dès avant sa mort, au moment de son emprisonnement, le P. Joseph Thao Tiên est apparu comme un véritable témoin de la foi chrétienne dans un milieu foncièrement hostile. Cette réputation lumineuse a commencé dans sa province d’origine, les Houa Phanh, et dans son propre groupe ethnique, les Thaï Deng ; mais après la confirmation de sa mort en 1955, elle s’est répandue très vite dans l’ensemble du pays et au Vietnam.

Le P. Tiên a servi de modèle à tous ceux qui se trouvaient confrontés aux mêmes choix que lui. Grâce à son exemple de fidélité héroïque au Christ et à sa propre vocation sacerdotale, de nom-breux prêtres laotiens et étrangers, et d’innombrables chrétiens laïcs, ont su à leur tour trouver le chemin de la constance intrépide au milieu des épreuves les plus dures, y compris en face d’une mort imminente. L’histoire de la Mission catholique au Laos ne connaît aucun missionnaire qui ait reculé devant le danger ; en grande majorité, les chrétiens ont préféré perdre toutes leurs possessions matérielles plutôt que de renoncer aux valeurs de l’Évangile.

Un vieux catéchiste, Jean Louk Khamsouk, qui avait été compagnon de Joseph Tiên dans l’évangélisation puis en prison, donne le témoignage suivant : « Dans la pensée de l’ensemble de la communauté chrétienne…, le P. Tiên est un saint et un héros… On lui a promis de le libérer s’il acceptait de se marier et de devenir un citoyen ordinaire. Mais lui a toujours refusé. Pour nous, c’est cela qui compte, c’est là le signe de sa sainteté… »

Pour la communauté chrétienne du Laos, et largement au-delà, le témoignage donné par les « compagnons » du P. Joseph Tiên a eu la même valeur exemplaire. Certains des Serviteurs de Dieu ont un rayonnement plus localisé, mais ils ont été d’emblée reconnus comme un groupe unique de témoins de la foi, de la justice et de la charité. Leur mort a été comme les mystères douloureux d’un chapelet que l’on égrène dans la souffrance, au long de 16 années de vie ecclé-siale, mais sans jamais perdre de vue les mystères de la Résurrection et de la Gloire. Toutes les composantes de l’Eglise au Laos ont lu dans la vie et dans la mort de ces prêtres et de ces laïcs la valeur incomparable de l’annonce de l’Evangile pour le progrès humain et social des plus pauvres, et pour que le salut en Jésus Christ puisse atteindre les personnes et leurs liens sociaux, jusqu’au plus profond de leur être.

La prise de pouvoir sur l’ensemble du pays par la faction communiste en 1975, et son maintien jusqu’à ce jour, ont été incapables d’effacer cela, de gommer le témoignage incomparable de ces témoins du Christ.

Les martyrs du Laos : historique de la Cause

1994 : Jean-Paul II, dans Tertio Millennio Adveniente, appelle à préserver la mémoire des martyrs du XXe siècle. Les évêques du Laos demandent aux Missions Etrangères de Paris (MEP) et aux Oblats de Marie Immaculée (OMI) de les aider à rechercher les documents nécessaires.


2000, 7 mai : dans le cadre du Grand Jubilé, commémoration des « Témoins de la foi au XXe siècle » ; ceux du Laos font partie de la longue liste.


2003, mai : les évêques du Laos approuvent une liste provisoire de 14 présumés martyrs ; ils demandent à la Congrégation des Missionnaires OMI de les représenter pour les démarches nécessaires en vue de la béatification.


2004, 26 juillet : le P. W. Steckling, supérieur général OMI, notifie à la Conférence épiscopale Laos-Cambodge que les Oblats acceptent de représenter les évêques pour cette cause. Le travail sera effectué par les Provinces de France (pour quinze martyrs) et d’Italie (pour deux martyrs).


2004, 27 décembre : la Conférence épiscopale Laos-Cambodge nomme un postulateur pour l’enquête diocésaine à coordonner en France.


2004-2008 : recherche de documents et de témoignages, d’abord en France, puis au Laos en coopération étroite entre les évêques et la postulation. 


2007, 2 juillet : Mgr Georges Soubrier, évêque de Nantes, accepte de diriger l’enquête diocésaine pour le P. Joseph Thao Tiên et ses 14 compagnons.


2007, 6 septembre : la Congrégation pour les Causes des Saints accorde la compétence à l’évêque de Nantes.


2008, 18 janvier : Le Saint-Siège accorde le nihil obstat à la cause. 


2008, 10 juin : Session publique d’ouverture de l’enquête diocésaine à Nantes.


2008, 7 juillet : Mgr G. Soubrier nomme la Commission historique.


2008, 29 juillet : la Congrégation pour les Causes des Saints accorde une procédure simplifiée pour l’audition des témoins dans les vicariats du Laos


2009, 31 juillet : fin des travaux de la Commission historique de Nantes.


2009, 28 décembre : publication des actes de l’enquête diocésaine.


2010, janvier-février : à la demande du Promoteur de la Foi et du Postulateur, supplément d’enquête pour répondre aux difficultés soulevées par la Commission historique de Nantes.


2010, 27 février : session publique de clôture de l’enquête à Nantes ; transfert des actes à Rome.


2010, 20 septembre : ouverture des sceaux.


2011, 20 octobre : décret de validité pour la cause du P. Joseph Thao Tiên et ses compagnons.


2012, mars : nomination du Rapporteur, R. P. Zdzisław Kijas, o.f.m. conv.


2012, 13 octobre : la Congrégation pour les Causes des Saints notifie son accord de principe pour que les causes du P. Joseph Thao Tiên (Nantes, 15 martyrs) et du P. Mario Borzaga (Trente, 2 martyrs) soient coordonnées, puis étudiées conjointement.


2014, 21 février : le P. Thomas Klosterkamp, OMI, Postulateur général OMI, est en charge de la cause. 


2014, juillet : la Positio est imprimée et envoyée aux consulteurs théologiens.


2014, 27 novembre : le Congresso des experts théologiens examine la Positio. Un volume de 230 pages contenant leurs observations, objections et questions est remis à la Postulation.


2015, 3 février : la Postulation remet ses réponses (124 pages) à la Congrégation pour les Causes des Saints, pour envoi aux experts théologiens.


2015, 5 mai : le Congresso des cardinaux et évêques de la Congrégation pour les Causes des Saints approuve définitivement la déclaration de martyre de Mario Borzaga et Paul Thoj Xyooj. Le même jour, le pape François signe le décret autorisant la publication de cette décision.


2015, 2 juin : le Congresso des cardinaux et évêques de la Congrégation pour les Causes des Saints approuve définitivement la déclaration de martyre de Joseph Thao Tiên et de ses 14 compagnons.


2015, 5 juin : signature par le pape François des décrets relatifs au P. Joseph Thao Tiên et ses 14 compagnons.

(eda/ra)

SOURCE : http://eglasie.mepasie.org/asie-du-sud-est/laos/2015-06-10-pour-approfondir-breve-presentation-des-17-martyrs-du-laos

Martyrs du Laos

1954-1970

          Au printemps 1953 la guérilla occupe la province laotienne de Sam Neua; les missionnaires ont été évacués. Le jeune prêtre Joseph Thao Tiên, ordonné en 1949 a décidé pour sa part: «Je reste pour mon peuple. Je suis prêt à donner ma vie pour mes frères laotiens. » Quand on I’emmène vers le camp de Talang, les gens se mettent à genoux sur son passage en pleurant. Il dit: « Ne soyez pas tristes. Je vais revenir. Je m’en vais étudier... Continuez à taire progresser votre village... » Un an plus tard, le 2 juin 1954, il est condamné è mort et fusillé: il avait refusé, une fois de plus, d’abandonner son sacerdoce et de se marier.

          Entre temps, è l’autre bout du pays, le Père Jean-Baptiste Malo, ancien missionnaire en Chine, avait été arrêté avec quatre compagnons. Il mourra bientôt d’épuisement et de mauvais traitements sur le chemin des camps, en 1954 dans une vallée perdue du Viêt-nam. En 1959, son confrère des Missions Étrangères René Dubroux, ancien prisonnier de guerre en 1940, est trahi par un proche collaborateur et éliminé par la guérilla, qui le balaie comme un obstacle dérisoire è leur volonté. Cette année-la le Saint-Siège avait donné la consigne « Le clergé, ainsi que le personnel auxiliaire religieux (excepté naturellement les vieillards et malades) doit rester è son poste de responsabilité, è moins qu’il ne vienne à être expulsé. »

          Les missionnaires adoptent avec joie cette consigne, qui signe l’arrêt de mort pour plusieurs d’entre eux. En 1960 le jeune catéchiste hmong Thoj Xyooj et le Père Mario Borzaga ne rentrent pas d’une tournée apostolique. En avril-mai 1961, dans la province de Xieng Khouang, les Pères Louis Leroy, Michel Coquelet et Vincent L’Hénoret sont cueillis è leur poste et abattus sans procès. De même dans le sud du pays, le Père Noël Tenaud et son fidèle catéchiste Outhay sont pris et exécutés; le Père Marcel Denis sera retenu prisonnier quelque temps mais partagera le même sort. Un de leur confrères écrit: « Ils ont été, tous, d’admirables missionnaires, prêts è tous les sacrifices, vivant très pauvrement, avec un dévouement sans limite. En cette période troublée, nous avions tous, chacun plus ou moins, le désir du martyre, de donner toute notre vie pour le Christ. Nous n’avions pas peur d’exposer nos vies; nous avions tous le souci d’aller vers les plus pauvres, de visiter les villages, de soigner les malades, et surtout d’annoncer l’Evangile... »

          En 1967, Jean Wauthier, infatigable apôtre des réfugiés, épris de justice, champion des droits des pauvres, est éliminé par une autre faction; il laisse une population éperdue de douleur: « Nous avons perdu un père! ». Jean avait regardé plus dune fois la mort en face. Il était prêt; il a donné sa vie par amour pour les siens.

          En 1968, Lucien Galan, lui aussi ancien missionnaire de Chine, visite les catéchumènes isolés du plateau des Boloven. Son jeune élève Khampheuane, 16 ans, a tenu è l’accompagner en raison du danger. Au retour de leur mission, on leur a tendu un guet-apens; tous deux meurent sous les balles; leur sang se mêlé pour féconder la terre du Laos. L’année suivante c’est le tour du Père Joseph Boissel, le doyen des martyrs du Laos (60 ans), d’être pris en embuscade en route vers une petite communauté chrétienne, et exécuté comme eux.

          Début 1970, le jeune catéchiste Luc Sy est envoyé en mission par son évêque dans la région de Vang Vieng. Avec un compagnon, Maisam Pho lnpèng, Is sont en tournée dans un village où plusieurs familles sont devenues catéchumènes. Ils catéchisent et soignent les malades, s’attardent... On les attendait è la sortie du village. Eux aussi meurent, en plein élan missionnaire, pour le Christ et pour le peuple de Dieu. Tous deux étaient chefs de famille.

          Laotiens et étrangers, laïcs ou prêtres, ces dix-sept hommes ont donné pour l’Evangile le témoignage suprême. La jeune Église du Laos reconnaît en eux leurs Pères fondateurs. « Si le grain de blé tombé en terre ne meurt pas, il demeure seul ; mais s’il meurt, il porte beaucoup de fruit. »

SOURCE : http://postulationomifr.weebly.com/martyrs-laos.html

L’Église du Laos en liesse célèbre ses Martyrs

12 Décembre 2016 - Laos

Le P. Roland JACQUES, Vice-Postulateur, était témoin d’un bel événement dans la vie de l'Eglise au Laos et dans l'histoire des Missionnaires Oblats de Marie Immaculée

Ce dimanche matin, à Vientiane, Laos, le 11 décembre 2016, 3ème de l’Avent, une seule messe était célébrée dans tout le Laos. L’église du Sacré-Cœur, pro-cathédrale et seul lieu de culte de la capitale Vientiane, apparut bien minuscule au fur et à mesure que les fidèles, venus de tous les horizons, ayant rempli les quelque 400 places de l’édifice, se massaient dans tout l’espace disponible à l’entour – dont une grande cour d’école – puis dans les rues du voisinage. D’immenses toiles de tentes avaient été déployées pour permettre à cette foule de se recueillir à l’abri du grand soleil. Des cadeaux – fleurs, images et médaillons des martyrs – étaient remis à chacun des arrivants. Une atmosphère de paix, de joie et de recueillement s’est répandue dès le début de la fête, qui s’ouvrit par la traditionnelle procession populaire du Christ-Roi dans les rues les plus proches.

L’Église catholique au Laos est toute petite, humble, presque cachée. Elle ne compte que 4 évêques, 21 prêtres et un diacre laotiens, quelques douzaines de religieuses, et un peu moins de 50000 fidèles laïcs. Son histoire est mal connue. Plantée jadis au prix de la sueur et du sang de trois générations de missionnaires, elle ne peut guère compter aujourd’hui que sur ses propres forces, avec à peine l’appui d’une poignée de prêtres venus du Viêt Nam ou de Thaïlande. C’est dire à quel point l’événement de ce jour était unique, inouï pour ce petit pays et pour cette toute jeune Église.

Le Pape François avait envoyé le cardinal Orlando QUEVEDO, venu de Mindanao aux Philippines; c’est un homme aussi humble et proche des petites gens que Celui qu’il représentait ici. Autour de lui prirent place 15 autres évêques – du Laos et du Cambodge, de Thaïlande et du Viêt Nam – les Supérieurs généraux des Missions Étrangères de Paris, des Missionnaires Oblats de Marie Immaculée et de l’Institut Voluntas Dei, et plus de 150 prêtres, dont un très grand nombre venait du Viêt Nam et de Thaïlande; ceux arrivant des pays occidentaux n’étaient qu’une petite poignée. Les fidèles étaient plus de 6000, déjouant les prévisions les plus optimistes qui attendaient de 3 à 4000 participants.

Aux premiers rangs de l’assemblée prirent place les représentants des autorités de l’État et les délégués des religions reconnues au Laos, y compris Protestants et Musulmans; vis-à-vis, c’étaient les Ambassadeurs de France et d’Allemagne et quelques autres diplomates. Venaient ensuite les familles et les proches de quelques-uns des martyrs, venus de lointaines régions du Laos ou de France. Parmi ces proches, Mgr Tito Banchong, neveu du catéchiste Thoj Xyooj; Mgr Louis-Marie Ling, seul survivant de l’attentat qui coûta la vie à son cousin le catéchiste Luc Sy; le P. Yvon L’HENORET, cousin de Vincent L’Hénoret et qui a été missionnaire au Laos comme lui; les nièces des Pères Noël Tenaud et Marcel Denis, m.e.p. Dans une telle assemblée, on comprend à quel point l’émotion était au rendez-vous; mais aussi qu’il y avait d’autres enjeux, bien plus importants que la nostalgie ou le regard en arrière.

Au cœur de la célébration, le cardinal Quevedo donna lecture de la Lettre apostolique du Pape François déclarant «Bienheureux» les 17 martyrs, et fixant leur fête au 16 décembre. Ce court texte met en relief la fidélité de ces «témoins héroïques du Seigneur Jésus Christ et de son Évangile de paix, de justice et de réconciliation, au prix de leur vie». Dans son homélie le représentant du Pape, commentant la vie et la mort du Père Joseph Tiên et de plusieurs autres, reprit longuement ce thème.

À la fin de la célébration, au grand étonnement de l’assemblée, le Directeur-adjoint du Front Lao pour l’Édification de la Nation, organisme d’État sous la direction du Parti et du Ministère de l’Intérieur qui chapeaute les religions, fit longuement l’éloge de la doctrine et de l’action de l’Église catholique au Laos, et développa à son tour les termes mis en avant par le Pape François, disant tout ce que la Nation attendait de cette Église pour le bien commun. Le nonce apostolique Paul Tschang In-Nam, lui-même profondément enraciné dans la culture de l’Asie orientale, n’hésita pas à saisir la main tendue: il fit des vœux pour que l’harmonie et la collaboration se développent, de sorte que tout le peuple du Laos puisse se développer dans l’unité malgré les différences religieuses.

L’utilisation des langues fut un signe parlant du caractère profondément asiatique et laotien, et de la fête, et de l’Église en fête. À 75 %, ce fut en laotien; le célébrant s’exprimait bien entendu dans son anglais des Philippines; pour le reste, on entendit les langues usuelles de cette petite chrétienté: le kmhmu’, le hmong et le vietnamien. Pour le français et l’italien, il faudra attendre d’autres célébrations, qui se feront en temps voulu en Europe…

Bilan de cette journée mémorable? Voilà une Église humble et toute petite qui ose affirmer publiquement son existence, sa fierté, et son immense respect pour ceux qui au siècle dernier ont irrigué de leur sang les graines d’Évangile plantées dans le sol laotien. Voilà une Église qui ne se cachera plus, et qui trouvera chaque jour davantage sa place et son rôle au sein de la Nation et de la chrétienté tout entière.

SOURCE : http://archive.omiworld.org/fr/content/nouvelles/3959/l-glise-du-laos-en-liesse-c-l-bre-ses-martyrs/

Blessed Noël Tenaud

Memorial

27 April

Profile

Member of the Paris Foreign Missions Society. PriestMartyr.

Born

11 November 1904 in Rocheservière, Vendée, France

Died

27 April 1961 in Muang Phalane, Savannakhet, Laos

Venerated

5 June 2015 by Pope Francis (decree of martyrdom)

Beatified

11 December 2016 by Pope Francis

beatification recognition celebrated in Vientiane, Laos, presided by Cardinal Angelo Amato

SOURCE : http://catholicsaints.info/blessed-noel-tenaud/


The 17 Martyrs of Laos

1. Fr. Joseph Tien, Laos 5/12/1918, + Muang Xoi (Sam Neua) 2/6/1954

educated in Vietnam, first Laotian martyr

2. Fr. Jean-Baptiste Malo, M.E.P., Nantes (F) 1899, + Ha Tinh (Vietnam) 1954

missionary to China and Laos

3. Fr. René Dubroux, M.E.P., Lorraine (F) 1914, + Palay (Champasak) 1959

4. Catechist Paul Thoj Xyooj, Laos 1941, + Muang Kasy (Luang Prabang)1960

first Hmong missionary and martyr

5. Fr. Mario Borzaga, O.M.l., Trent 1932, + Muang Kasy (Luang Prab.) 1960

6. Fr. Louis Leroy, O.M.I., Normandy 1923, + Ban Pha (Xieng Khouang) 1961

7. Fr. Michel Coquelet, O.M.I., France 1931, + Sop Xieng (Xieng Kh.) 1961

8. Catechist Joseph Outhay, Thailand 1933, + Savannakhet 1961

9. Fr. Noël Tenaud, M.E.R, Vendée (France)1904, + Savannakhet 1961

10. Fr. Vincent L’Hénoret, O.M.l., Bretagne 1921, + Ban Ban (Xieng Kh.)1961

11. Fr. Marcel Denis, M.E.P., Aten9on (France) 1919, + Khammouane 1961

12. Fr. Jean Wauthier, O.M.l., France 1926, + Ban Na (Xieng Khouang) 1967

13. Thomas Khampheuane, Laos 1952, + Paksong (Champasak) 1968

first Laven martyr

14. Fr. Lucien Galan, M.E.P., France 1921, + Paksong (Champasak) 1968

missionary to China and Laos

15. Fr. Joseph Boissel, O.M.l., France 1909, ÷ Hat l-Et (Bolikhamsay) 1969

16. Catechist Luc Sy, Laos 1938, + Den Din (Vientiane Province) 1970

first Kmhmu’ martyr together with Maisam

17. Lay leader Maisam Pho Inpeng, Laos 1934, + Den Din 1970

Blessed Noël Tenaud, m.e.p. (11.11.1904-27.04.1961)

Just as Jesus delivered himself to death for us, the ignominious death on the cross, so too the missionary, who has received from God the Mission to be His successor on earth, must be ready for every sacrifice. The vocation of the Foreign Missions, in fact, is a vocation to total sacrifice, a total gift of self to God in the details of daily life, even unto death itself.

He even needs to change his deepest ways of thinking. Like Jesus Christ, the missionary must become like those whom he has come to save… And having reached maturity, he must make for himself a new life; restart his education from its very foundations; rebuild the entire structure of his knowledge.

Much more suffering, many more sacrifices still await him there, but that does not bother him, for his commitment to God must extend even unto death…

The Gospel laborer must work with the sweat of his brow and, at the price of his suffering, purchase the fruit that will serve as remuneration for his action, that is to say, souls…

Blessed Noël Tenaud, farewell sermon to his parish,

16 August 1931

SOURCE : https://martyrsoflaos.wordpress.com/2017/02/01/week-iii-tuesday-blessed-noel-tenaud-m-e-p-11-11-1904-27-04-1961/

Martyrs of Laos 

1954-1970

     During Easter time in 1953, while guerrillas stormed Sam Neua, Laos, many missionaries retreated to safety. Joseph Thao Tìen, a young Laotian priest ordained in 1949, had decided otherwise: ‘I am staying for my people. I am ready to lay down my life for my Laotian brothers and sisters.” He was marched to the prison camp in Talang; people knelt along the way, weeping. He told them: Do not be sad, III come back. I am going to study... Make sure that your village keeps improving.” One year later, on June 2, 1954, Joseph Tien was condemned and shot to death. One time too many he had refused to give up his priesthood and get married.

     In the meantime at the other end of the country, Fr. John Baptist Malo, a former missionary to China, had been detained with four companions. Soon after—in 1954—on his way to the prison camp, he would die from exhaustion and iII-treatment in a remote valley of Central Vietnam. In 1959 his confrere René Dubroux, a former prisoner of war in 1940, was betrayed by a dose associate- and eliminated as a mere hindrance in the guerrilla’s way. That year the HoIy See had given strict instructions: “All clergy and religious personnel—excepting obviously the elderly and sick—must remain in their place of duty unless and until they are expelled.’”

      All missionaries adhered joyfully to this command; far a number of them it meant a verdict of death. In 1960, a young Hmong catechist, Thoj Xyooj, went together with Fr. Mario Borzaga on an apostolic trip to some villages; they never carne back. In April and May 1961, Frs. Louis Leroy, Michael Coquelet and Vìncen tL’Hénoret were snatched from their stations in the Province of Xieng Khouang and savagely put to death. In Southern Laos Fr. Noël Tenaud and his faithful catechist Outhay were taken and killed. Fr. Marcel Denis was kept prisoner for a while but ended in the same way. One of their confreres wrote: “All of them were praiseworthy missionaries, ready for any kind of sacrifice. They lived in utter poverty and their dedication knew no limit. In those troubled times all of us, to some degree, aspired to martyrdom, wishing to surrender our lives totally to Christ. We did not fear exposing our Iives. All of us endeavoured to reach the poorest of the poor, to visit their villages, to take care of the sick, and especially to announce the Good News of Jesus...”

     Fr. John Wauthier was a tireless apostle of the refugees and stood up for Justice on their behalf; in 1967 another faction ambushed and eliminated him. He left behind countless people crying in their grief: We lost our father!” Fr. John had more than once looked death in its ugly face. He was ready. He laid down his life out of love far his own.

     In 1968 Fr. Lucien Galan, who had also started his missionary life in China, visited some isolated catechumens on the Boloven plateau. Because of the looming danger his pupil Khampheuane, aged 16, had decided toga along. On their way back enemies lay in wait; both were killed, and their blood mingled to irrigate the Laotian soil. One year later, it was the turn of Fr. Joseph Boissel, 60, a veteran of the Laos mission: he was ambushed on his way to an isolated Christian community and executed in the same manner.

     In January 1970 Luke Sy, a young catechist and father of three, was sent by his bishop to evangelize the Vang Vieng area. In March he was visiting catechumens in a distant village with a companion, Maisam Pho Inpeng, also the head of a family. Catechizing and tending to the many sick villagers took quite some time. They were expected on the way back. A volley of bullets put an end to their missionary thrust; they died for Christ and his People.

     These seventeen men, lay Christians and priests together, Laotians as well as foreigners, gave the supreme testimony for sake of the Gospel. The young Church of Laos recognizes them as her founding fathers. “Unless a grain of wheat falls into the earth and dies, it remains just a single grain; but if it dies, it bears much fruit.”

SOURCE : http://omipostulationen.weebly.com/martyrs-of-laos.html

Heroes of faith

AUTHOR

Pham Ngoc Tri | Journalist

The beatification of 17 new martyrs, in the Laotian capital, was a historic event for a tiny minority Church in a country ruled by a communist regime. For the good of the people of Laos, Church authorities affirmed their willingness to cooperate with the civil authorities.

PUBLISHED ON

Mar 2017

"Be strong, stay firm !” boldly repeated Cardinal Orlando Quevedo, the Special Envoy of Pope Francis, in a loud voice, at the historic beatification ceremony of new martyrs of Laos, killed in odium fidei (hatred of the faith) by the communist Pathet Lao guerrillas between 1954 and 1970, last December 2016 in the capital Vientiane.

“This is a day of love of the 17 martyrs, a day of joy for all the people in Laos, a day of blessing for peaceful and harmonious relationship among all the Laotian citizens,” said the Filipino Archbishop of Cotabato in his homily, addressing his message not only to Christians but also to all the citizens of Laos.

It was the first time a communist government of a country allowed a religious ceremony for the beatification of Christian martyrs to take place. Communist government authorities attended the celebration and exchanged messages of mutual respect, understanding and collaboration with the bishops and the apostolic nuncio.

The huge crowd of the faithful who participated in the well-organized event went beyond all expectations of the local Church. The peaceful and joyful atmosphere surrounding the whole celebration eased the initial fears of the official authorities who, at first, had authorized a “limited” celebration.

“Little flock”

Cardinals, bishops, priests, nuns and lay people from neighboring countries, especially Vietnam, and also from Europe (France and Italy) joined in the historic ritual of beatification, the greatest event in the history of the Church in Laos. Also present were the bishops who suffered in prison and re-education camps, as well as missionaries who survived the persecutions and expulsions of all the foreign priests in 1975. Relatives of some of the martyrs also took part in the celebration.

Cardinal Quevedo exhorted the “little flock” to be faithful to Christ and to His Gospel as “light and salt” in the midst of the Laotian society. The Cardinal, who presided over the beatification on the Pope’s behalf, said the Church in Laos would celebrate the feast day of the martyrs every year on December 16.

In his decree for the beatification of the Laotian martyrs, Pope Francis mentioned Fr. Joseph Thao Tien, the first local priest and the first Laotian martyr, killed in 1954. The Pope also named the five laymen catechists, and finally, the 11 martyrs: five priests of the Paris Foreign Missions Society (MEP), and six missionaries of the Oblates of Mary Immaculate (OMI) – all of them “witnesses of the faith.”

Terrible and glorious history

French missionaries (MEP) arrived in Laos at the end of the 18th century to start their evangelization, followed in 1935 by a group of French missionaries (OMI) and in 1957 by the first Italian OMI. A short presentation of some of them revealed the terrible and glorious history of the Church in Laos, “the country of a thousand elephants.”

Ever since, Christians in Laos have been pronouncing the name of “Father Tiên” with respect and devotion. Blessed Joseph Thao Tiên (1918-1954) received his formation in Vietnam, first as a catechist in Thanh Hoa, then in the seminaries of Hanoi and Saigon. After his priestly ordination in Hanoi (1949), Fr. Joseph returned to Laos, to Sam Neua Parish, living an austere life.

With the outbreak of the communist insurgence, Fr. Tiên remained in his mission “ready to give my life for my Laotian brothers.” In the Easter of 1954, he was arrested, submitted to ‘people’s judgment,’ imprisoned and sent to a re-education camp. Isolated, he rejected all proposals against his faith and priestly celibacy, until the moment he was killed.

Blessed Mario Borzaga, an Italian OMI from Trent, arrived in Laos the same year of his priestly ordination (1957). He was young but already prepared for his hard mission. “I need deep faith and love, otherwise I cannot become a martyr,” he wrote. He worked in the formation of catechists, visiting families, curing sick people. On April 25, 1960, Fr. Mario undertook a two-week journey to visit a faraway village in the forest, accompanied by a young hmong (a member of a mountain-dwelling people) catechist, Paul Thoj Xyooj. It was a journey without return! Some witnesses confirmed the death of the two missionaries by the communist Pathet Lao and reported that the last words of the catechist Paul was, “I remain here. If you kill him, kill me too.”

Blessed John Baptist Malo, a French missionary (MEP) expelled from China, arrived in Laos in 1951. Soon after, he and some other missionaries were ambushed and transferred to a re-education camp in Vietnam. Fr. Malo could not survive the forced march; he died of exhaustion.

Blessed Noël Tenaud, also a French missionary (MEP), came from Thailand. He was assigned to a region near the Vietnamese border for the work of first evangelization. Accompanied by his faithful catechist, Blessed Joseph Outhay, he visited many villages. In April 1961, on their way back from an apostolic trip, they were ambushed by Vietnamese troops – were arrested and executed “because of their missionary activity.” The catechist Joseph Outhay, the 10th son of a catechist, just got married but soon became a widower. He volunteered to serve full time as a diocesan catechist for the training of young catechists, accompanying Fr. Noël until that last missionary trip.

Blessed John Wauthier, a French OMI, of strong body and character, did his military service in northern Africa as a parachute officer. Ordained as a priest in 1952, he arrived in Laos that same year. During the years of war and guerrilla, Fr. John accompanied villagers in their displacements, helping them with his medical, technical and linguistic skills. After a three-year service as an educator in a seminary, he returned to his refugees, evangelizing and caring for the poorest and the new Christians. One of the catechists wrote to Fr. John’s family in France after he was killed: “Fr. John died because he loved us and did not abandon us.”

SOURCE : https://worldmissionmagazine.com/archives/february-2017/heroes-faith

Beato Natale Tenaud Sacerdote e martire

27 aprile

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Rocheservière, Francia, 11 novembre 1904 - Phalane, Laos, 27 aprile 1961

Padre Noël Tenaud, della Società delle Missioni Estere di Parigi, operò a lungo nei territori tra Thailandia e Laos, impegnandosi anche nella resistenza armata all’esercito giapponese. Incaricato di svariati villaggi, riusciva a farsi ascoltare da tutti e si preoccupava in particolare dei catecumeni. Nell’aprile 1961 cadde in un’imboscata insieme al catechista Joseph Outhay Phongphumi e a un ragazzo sordomuto, poi liberato. Alla richiesta di essere riportato alla missione col catechista, venne portato via e ucciso con lui il 27 aprile 1961. Inseriti entrambi nel gruppo di quindici martiri capeggiato dal sacerdote laotiano Joseph Thao Tiên, sono stati beatificati l’11 dicembre 2016 a Vientiane, in Laos. La loro memoria liturgica cade il 16 dicembre, unitamente a quella degli altri quindici martiri del Laos.

Una vocazione alimentata dal sangue dei martiri

Noël Tenaud nacque l’11 novembre 1904 a Rocheservière in Francia e fu battezzato l’indomani. Il suo villaggio era vicino a Nantes, ma apparteneva alla diocesi di Luçon. Geograficamente, si trova in Vandea, la regione diventata celebre per la resistenza alla Rivoluzione francese che costò la morte di numerosi cattolici, di tutti gli stati di vita e di qualsiasi età.

Crebbe quindi nel ricordo di quelle lotte sanguinose e, in modo del tutto naturale, desiderò diventare sacerdote. Frequentò dunque gli studi secondari nel Seminario minore di Chavagnes-en-Paillers e fu poi ammesso al Seminario maggiore di Luçon, dove studiò dal 1924 al 1928.

Missionario in Thailandia

Si sentì però chiamato alle missioni all’estero: accadeva spesso, infatti, che i membri dei primi istituti missionari passassero nei Seminari in cerca di nuove leve. Così, il 14 settembre 1928, passò al Seminario della Società delle Missioni Estere di Parigi.

Ordinato sacerdote il 29 giugno 1931, partì il 7 settembre successivo per la missione del Laos, la cui parte principale era nel territorio dell’allora Siam. Dal 1932 al 1934 fu a Tharae, dove si dedicò a studiare soprattutto la lingua lao. In seguito divenne parroco di Kham Koem, una comunità cristiana ben stabilita.

Passaggio in Laos

Nel novembre 1940, a causa di una persecuzione religiosa scoppiata nel territorio dell’ormai Thailandia, i missionari francesi dovettero riparare in Laos, sull’altra riva del fiume Mekong, sotto la protezione della madrepatria. Nel nuovo territorio, padre Tenaud venne assegnato alla missione di Nam Tok, dove restò tre anni.

Nel pieno della seconda guerra mondiale, dovette trascorrere un anno in esilio in Vietnam. Rientrato in Laos, dovette occuparsi della comunità cristiana di Pongkiou, nella provincia di Khammouan, abitata dall’etnia dei Sô.

Protagonista della resistenza

Nel marzo seguente, un colpo di forza dell’esercito giapponese provocò un massacro di civili francesi e la rovina di numerose missione. Anche tre membri della Società delle Missioni Estere, i vescovi monsignor Gouin e monsignor Thomine e il sacerdote Jean Thibaud vennero portati nella foresta e uccisi senz’alcuna forma di processo. 

A padre Tenaud parve di rivivere i racconti di quanto accaduto in Vandea e decise di non restare in disparte: divenne quindi uno dei protagonisti della resistenza franco-laotiana contro i giapponesi, ritenendo che la lotta armata rappresentasse la salvaguardia sia degli uomini sia dell’opera di evangelizzazione che lui e i missionari dovevano portare avanti. Mise quindi insieme un piccolo esercito composto dai Sô e da altri laotiani dei villaggi vicini, la cui organizzazione venne lodata dall’esercito ufficiale e valse per lui la Legion d’Onore.

Distacco dalla vita militare

Un lungo congedo in Francia, dal marzo 1947 al dicembre 1948, gli fece capire di dover prendere le distanze dalla vita militare. Si diede quindi alla ricostruzione delle comunità cristiane del Laos, in qualità di pro-vicario e delegato per la parte del vicariato che rientrava nel protettorato francese. Fu poi nominato pro-prefetto della neonata prefettura apostolica di Thakhek.

Nel Natale 1953, le truppe dei guerriglieri avanzavano sempre di più nella regione. L’esercito francese costrinse quindi i missionari a evacuare la zona, rifugiandosi a Pakse, nel sud del paese. Padre Tenaud sfuggì alla stessa sorte del gruppo composto dal prefetto apostolico, da altri tre confratelli e da una religiosa, arrestato il 15 febbraio 1954 e deportato in Vietnam; padre Jean-Baptiste Malo, parte di quel gruppetto, morì di stenti il 28 marzo seguente.

La sua attività missionaria

Nominato superiore ad interim dei missionari parigini e procuratore della Missione, poté dedicarsi ancora più direttamente all’attività missionaria. A Thakhek divenne famoso perché cercava in tutta la città i cristiani che erano scappati dai villaggi, ma si erano persi.

Nel corso di una visita al suo vecchio villaggio di Kham Koem, incontrò Joseph Outhay Pongphumi, un giovane vedovo molto portato per l’insegnamento: gli chiese dunque di seguirlo come catechista, dopo il necessario periodo di formazione nella scuola di Sriracha, nel sud della Thailandia.

In un territorio a rischio

Nel giugno 1958 padre Tenaud partì per un anno di riposo in Francia. Al suo ritorno, accettò una parrocchia pressoché inesistente, in una provincia del tutto priva di cristiani, dove quindi l’evangelizzazione non era ancora cominciata. Facendo base a Savannakhet, visitava i villaggi verso la frontiera del Vietnam, con la speranza di creare una nuova comunità cristiana.

La regione era apparentemente tranquilla, ma spesso, lungo la strada, il missionario incontrava alcuni guerriglieri: senz’alcun timore, li caricava sul suo fuoristrada. Quel suo comportamento, unito alle sue andate e venute, offrì loro l’occasione di tendergli una trappola. A chi gli faceva presente il rischio, lui rispondeva che conosceva i soldati e che non c’era affatto bisogno di temerli.

L’ultimo viaggio

Nell’aprile 1961, padre Tenaud partì col catechista Outhay e un giovanissimo cristiano sordomuto, per girare i villaggi che gli erano stati affidati. Giunto al passaggio del campo di Seno (Xenô), i militari francesi l’avvertirono che un attacco dei nord-vietnamiti si stava preparando sulla zona che doveva raggiungere e lo sconsigliarono formalmente di proseguire. Più avanti, un pastore protestante gli confermò la brutta notizia, ma lui tirò dritto.

Dopo aver raggiunto il cuore dell’offensiva, tornò indietro, ma la strada era stata interrotta oltre Phalane, a circa cinquanta chilometri da Savannakhet. I tre viaggiatori, allora, si rifugiarono in un villaggio lungo la strada, ma furono traditi dai loro stessi ospiti e arrestati dai soldati nord-vietnamiti, che imposero loro di tornare a Phalane.

Sulla strada tra Muang Phine e Phalane, tuttavia, caddero in un’imboscata: i soldati furono uccisi, padre Tenaud ferito a una gamba, mentre Outhay fu colpito al collo. Ricondotti a Phalane, vennero curati, mentre il ragazzo sordomuto venne rimesso in libertà.

Il martirio

Dopo otto giorni, il missionario domandò all’amministrazione provvisoria stabilita nella zona di poter rientrare a Savannakhet con Outhay. Alcuni testimoni li videro uscire dall’ufficio dell’amministrazione e, da allora, non ebbero più loro notizie né arrivarono a destinazione.

Nel 1963 varie testimonianze condussero a pensare che entrambi fossero dispersi. La Società delle Missioni Estere registrò quindi la morte di padre Tenaud alla data presunta del 15 dicembre 1962. Un avviso ufficiale dell’ambasciata di Francia in Laos, datato 19 aprile 1967, retrodatò la sua uccisione al 27 aprile 1961.

La ragione ultima dell’accaduto rientrava probabilmente nei tentativi da parte dei guerriglieri di sradicare il cristianesimo dal Laos: era visto come un pericolo e i missionari apparivano, di conseguenza, come “nemici del popolo”.

La causa di beatificazione

Padre Noël Tenaud e Joseph Outhay Phongphumi sono stati inseriti in un elenco di quindici tra sacerdoti, diocesani e missionari, e laici, uccisi tra Laos e Vietnam negli anni 1954-1970 e capeggiati dal sacerdote laotiano Joseph Thao Tiên. La fase diocesana del loro processo di beatificazione, ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede il 18 gennaio 2008, si è svolta a Nantes (di cui era originario il già citato padre Jean-Baptiste Malo) dal 10 giugno 2008 al 27 febbraio 2010, supportata da una commissione storica.

A partire dalla fase romana, ovvero dal 13 ottobre 2012, la Congregazione delle Cause dei Santi ha concesso che la loro “Positio super martyrio”, consegnata nel 2014, venisse coordinata, poi studiata, congiuntamente a quella di padre Mario Borzaga, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, e del catechista Paul Thoj Xyooj (la cui fase diocesana si era svolta a Trento).

Il decreto sul martirio e la beatificazione

Il 27 novembre 2014 la riunione dei consultori teologi si è quindi pronunciata favorevolmente circa il martirio di tutti e diciassette. Questo parere positivo è stato confermato il 2 giugno 2015 dal congresso dei cardinali e vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, ma solo per Joseph Thao Tiên e i suoi quattordici compagni: padre Borzaga e il catechista, infatti, avevano già ottenuto la promulgazione del decreto sul martirio il 5 maggio 2015. Esattamente un mese dopo, il 5 giugno, papa Francesco autorizzava anche quello per gli altri quindici.

La beatificazione congiunta dei diciassette martiri, dopo accaniti dibattiti, è stata infine fissata a domenica 11 dicembre 2016 a Vientiane, nel Laos. A presiederla, come inviato del Santo Padre, il cardinal Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato nelle Filippine e Missionario Oblato di Maria Immacolata. La loro memoria liturgica cade il 16 dicembre, anniversario del martirio di padre Jean Wauthier, Missionario Oblato di Maria Immacolata.

Autore: Emilia Flocchini

SOURCE : http://www.santiebeati.it/dettaglio/97067

Voir aussi : http://newsaints.faithweb.com/martyrs/Laos.htm#Tien

https://www.cath.ch/newsf/beatification-des-martyrs-du-laos-un-acte-avant-tout-religieux-mais-politiquement-sensible/