Saint Germain de Capoue
Évêque (+ 545)
Légat du Pape à Constantinople sous l'empereur Justinien pour renouer l'unité entre l'Orient et l'Occident qu'un schisme divisait depuis quarante ans. Il réussit à éteindre ce schisme. Il était un grand ami de Saint Benoît, lequel, selon Godescard «vit son âme portée au ciel par des anges au moment de son décès.»
À Capoue, également en Campanie, vers 540, saint Germain, évêque, dont le pape saint Grégoire le Grand a parlé dans ses écrits.
Martyrologe romain
October 30
St. Germanus, Bishop of Capua, Confessor
THIS holy prelate was sent by Pope Hormisdas legate to the Emperor Justin, in 519, to engage the Orientals to put an end to the schism which had continued forty years; had been fomented by the emperors Zeno and Anastasius, both favourers of heretics, and by Acacius and other patriarchs of Constantinople. The embassy was attended with the desired success; the heretics were condemned, and the schism entirely abolished. In it St. Germanus and his fellow legates suffered much from the heretics, but escaped out of their hands. St. Gregory the Great relates that this saint saw Paschasius, the deacon of Rome, long after his death, in the flames of purgatory, for having adhered to the schism of Laurence against Symmachus, 1 and that he was delivered by the prayers of this holy bishop. 2 Also that St. Bennet at Mount Cassino saw in a vision the soul of St. Germanus, at the hour of his departure, carried by the ministry of angels to eternal bliss. 3 His death happened about the year 540. See Baron. ad ann. 519, &c.; St. Greg. Dial. l. 2, et 4.
Note 1. St. Gregory only tells us that he received this account when a child from certain old men. If it be authentic, Paschasius must have repented at least in his last moments when he was speechless; or ignorance must have excused him from the most grievous malice of the schism which he had abetted; for voluntary schism is in itself a mortal sin. [back]
Note 2. S. Greg. Dialog. 4, c. 40, t. 2, p. 444, Ed. Ben. [back]
Note 3. Ib. l. 2, c. 35, p. 270. [back]
Rev. Alban Butler (1711–73). Volume X: October. The Lives of the Saints. 1866.
SOURCE : http://www.bartleby.com/210/10/302.html
Saint Germanus of Capua
- c.545 of natural causes
Pietro da Eboli (XIII secolo) "De
Balneis Puteolanis". Miniatura del Codice Angelico Ms. 1474 (Biblioteca
Angelica di Roma), che mostra il "Balneum Sudatorium" (conosciuto
anche come "Stufe di San Germano"), corrispondente alle sorgenti
termali di Agnano.
La miniatura mostra un sudatorium (sauna), ed un uomo che attinge con
una brocca acqua fresca dal lago, infestato da rane e serpenti. Sullo sfondo,
nelle viscere della terra, vi è San Germano che, venuto in queste terme
per curarsi, prega Iddio di liberare l'anima del diacono Pascasio, condannato a
patire le pene del purgatorio nelle calde esalazioni di questo luogo poiché
aveva favorito in vita l'antipapa Lorenzo contro Simmaco I. AA. VV. "Le
Terme Puteolane e Salerno nei codici miniati di Pietro da Eboli", Napoli,
1995
Nome: San Germano di Capua
Titolo: Vescovo
Nascita: V secolo, Capua
Morte: 30 ottobre 541, Capua
Ricorrenza: 30 ottobre
Tipologia: Commemorazione
Patrono di:Cassino, Rivanazzano Terme, San Germano Chisone
«Mentre il venerabile padre [san Benedetto] fissava con intensità il suo
sguardo su questo fulgore di luce, vide l'anima di Germano, vescovo di Capua,
portata dagli angeli in cielo dentro una sfera di fuoco» (san Gregorio Magno,
Dialoghi).
Il VI secolo è molto importante per lo sviluppo dell'organizzazione della
Chiesa in Italia. Si fa strada la distinzione tra la diocesi, presente nelle
città, e la pieve, nelle zone rurali. Emergono inoltre alcune figure di vescovi
che sono ricordati da san Gregorio Magno come uomini di Dio in grado di
svolgere la cura d'anime continuando a tendere alla perfezione cristiana e alla
contemplazione.
Nato nel V secolo da famiglia agiata, Germano si privò dei suoi beni per darli
ai poveri. Condusse poi vita ascetica fino al 516, quando venne eletto vesccvo
di Capua. Amato nella sua diocesi, svolse una missione diplomatica
particolarmente delicata.
Su mandato di papa Ormisda si recò a Costantinopoli per cercare di mettere
termine allo scisma iniziato dal patriarca Acacio. Nel tentativo di giungere
all'unità con quanti si rifiutavano di accettare il concilio di Calcedonia, il
patriarca aveva composto una formula di unione respinta da papa Felice Il e
dalle chiese d'Occidente. La trattativa cui partecipò Germano andò a buon fine.
L'imperatore Giustino e il patriarca Giovanni sottoscrissero il documento
proposto da papa Ormisda e venne superata una divisione che durava ormai da due
generazioni. Ritornato nella sua diocesi, il vescovo condusse vita ascetica
fino alla morte, avvenuta nel 541. Per gratitudine i fedeli lo seppellirono
nella chiesa di Santo Stefano e lo venerarono come santo.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Capua, san Germano, vescovo, di cui scrisse il papa
san Gregorio Magno.
SOURCE : https://www.santodelgiorno.it/san-germano-di-capua/
GERMANO, santo
di Federico Marazzi - Dizionario Biografico degli
Italiani - Volume 53 (2000)
GERMANO, santo. - Eletto vescovo di Capua intorno al
519, non si hanno dati certi sul suo conto prima dell'ascesa al seggio
episcopale: solo una tarda fonte agiografica (del sec. IX, ma anteriore secondo
De Buck all'873-874, poiché omette di menzionare l'asportazione del corpo di G.
da Capua) fornisce notizie sulle sue origini familiari e sociali. G. sarebbe
nato a Capua da Amanzio e Giuliana, membri in vista nella comunità cittadina,
forse intorno al 470-480. Morto il padre, G., con l'accordo della madre,
vendette tutto il patrimonio per potersi liberamente dedicare all'ascesi e allo
studio dei testi sacri. Alla morte del vescovo Alessandro, nel 519 circa, i
Capuani decisero di eleggere al suo posto proprio G., che, dopo aver cercato
inutilmente di rifiutare, fu persuaso ad accettare l'onore. Va ricordato che
tutte queste notizie non sono riscontrabili tramite altre fonti, e lo stesso
Lentini (1963), autore di una breve monografia su G., ne fa un uso più
parenetico che effettivamente storico.
La stessa ascesa all'episcopato e l'esercizio della
carica non sono analizzabili in relazione allo scenario storico del tempo, che
coincide con la fase finale del regno di Teodorico e con quella iniziale della
guerra gotica. Dunque, è difficile, allo stato attuale delle conoscenze,
inquadrare effettivamente il ruolo ricoperto da G. nei confronti della propria
città.
Le notizie su G. dotate di effettiva attendibilità
storica sono in realtà legate a un singolo episodio della sua vita, che rivestì
particolare rilevanza nei rapporti tra Papato e Impero romano nell'età
teodoriciana: la sua partecipazione, in qualità di Capuanus episcopus,
alla missione a Costantinopoli presso l'imperatore Giustino I, organizzata nel
519 da papa Ormisda per porre termine allo scisma acaciano. Va ricordato che
il Liber pontificalis (p. 270) è la sola fonte coeva che ci permette
di sapere con certezza la cattedra di cui era titolare G., mentre nelle altre
fonti la carica non è specificata o G. è ricordato genericamente con il titolo
di episcopus (cfr. Epistulae Romanorum pontificum, pp. 48, 50,
52, 59, 60, 64).
Lo scisma acaciano era iniziato nel 482 quando
l'imperatore Zenone, dietro proposta di Acacio, patriarca di Costantinopoli,
aveva promulgato un editto di unione, il cosiddetto Henotikòn, con
l'intento formale di appianare i contrasti tra le tesi cattoliche e quelle
monofisite. Contro l'editto, che annullava di fatto quanto promulgato nei
decreti del concilio di Calcedonia (451) intorno alla natura di Cristo, si era
ribellato papa Felice III, il quale in due diversi sinodi (tenutisi a Roma il
28 luglio 484 e il 5 ott. 485) aveva scomunicato Acacio e i suoi sostenitori.
Lo scisma, che minava i rapporti fra Roma e Costantinopoli, si era protratto,
nonostante i tentativi condotti da Felice III e dai suoi successori (Gelasio I,
Anastasio II, Simmaco) fino al pontificato di Ormisda il quale, per la
risoluzione dello scisma, aveva già inviato a Costantinopoli, senza però ottenerne
alcun frutto, due precedenti delegazioni.
Una curiosa coincidenza relativa a un precedente
momento del confronto tra Roma e Costantinopoli, sempre nell'ambito dello
scisma acaciano, vale a dire la legazione inviata a Costantinopoli nel 496-497
da papa Anastasio II, ha creato parecchia confusione nella definizione del
profilo biografico di Germano. Infatti, le fonti relative a questa precedente
missione riportano che essa fu condotta da due vescovi, uno di nome Cresconio e
un altro, appunto, di nome Germano. Una lunga querelle ha opposto i
fautori dell'identità e della distinzione dei due presuli con lo stesso nome.
Solo con gli studi del Lentini si è giunti a optare per la soluzione che vede
nei due omonimi personaggi due distinte persone; il primo dei quali in
particolare, inviato a Costantinopoli nel 496, era presule di Pesaro (Lentini,
1938, p. 389).
La spedizione del 519-520, alla quale certamente
partecipò G., fu organizzata dopo l'ascesa al trono imperiale di Giustino I,
quando si formò a Costantinopoli un fronte favorevole alla risoluzione della
questione che annoverava, oltre allo stesso imperatore, il nipote Giustiniano e
il patriarca Giovanni. Pertanto, papa Ormisda, in accordo con Teodorico,
sostenne una nuova iniziativa che ebbe avvio nel gennaio-marzo del 519, quando
si mosse da Roma un gruppo composto da G., da un altro vescovo di nome
Giovanni, dal diacono romano Felice, dal diacono alessandrino Dioscoro, poi
cooptato nel clero romano (e futuro antipapa nella crisi del 532), dal prete
romano Blando e dal notaio ecclesiastico Pietro.
Una lettera di papa Ormisda a Giustiniano, allora
investito della carica di comes, dichiara esplicitamente che la legazione
era stata formata dal papa con membri convenientes causae qualitati: il
che consente di arguire che le doti spirituali, intellettuali e diplomatiche di
G. fossero tenute in alta considerazione. Questa impressione è confermata dal
fatto che, quando la delegazione è citata al completo (Liber pontificalis, p.
270; Epistulae Romanorum pontificum, epp. 50, 52), G. è nominato sempre
per primo: il che consente di affermare che egli fosse il capogruppo della
delegazione.
Della missione a Costantinopoli conosciamo, attraverso
le fonti epistolari, una serie di dettagli rilevanti, relativi sia al viaggio,
sia alla permanenza nella capitale imperiale. I delegati papali, dopo aver
attraversato l'Adriatico, sbarcarono a Valona, in Epiro. Di qui si diressero
verso Tessalonica, attraverso Ocrida (Lignido), ove G. celebrò messa.
Particolarmente importante è la cronaca dell'arrivo a Costantinopoli -
all'inizio della settimana di Pasqua, compresa tra il 24 e il 31 marzo - e
dell'accoglienza ricevuta dai legati presso la corte imperiale. G. stesso
riferisce a papa Ormisda (ibid., ep. 64, del 22 apr. 519) che Giustiniano, in
compagnia di alti funzionari, andò incontro ai delegati 10 miglia fuori
Costantinopoli e che il popolo della capitale accolse la delegazione con grandi
espressioni di giubilo. Il lunedì santo il gruppo fu ricevuto dall'imperatore
in persona con tale affetto che anche un eventuale scacco della missione -
commenta G. - sarebbe stato consolato da tanta esplicita buona disposizione.
Nello stesso giorno i delegati incontrano anche il Senato. Solo il giovedì
santo, però, fu discusso in palatio, alla presenza dell'imperatore, del
Senato e di Giovanni patriarca di Costantinopoli, il libellus che
papa Ormisda aveva affidato alla delegazione per la risoluzione dello scisma e
che è considerato una pietra angolare nella definizione della primazia
pontificia tra le Chiese cristiane. La debita preparazione dell'incontro fece
sì che il successo della delegazione papale fosse pieno. G., insieme con i suoi
compagni, si trattenne in Oriente per oltre un anno, impegnandosi a estendere
alle altre Chiese d'Oriente l'accordo che di fatto ne riaffermava
l'allineamento alle decisioni del concilio di Calcedonia.
Alla fine della permanenza, un encomio scritto
dell'imperatore sull'opera dei legati, indirizzato al papa (ibid., ep. 116, del
9 luglio 520) suggellò il successo della missione. Sappiamo da una successiva
lettera di Ormisda ai legati, datata 15 luglio 520 (ibid., ep. 123), che il
papa si preoccupava della loro prolungata permanenza a Costantinopoli. Tale
permanenza, nelle parole della succitata lettera di Giustino a Ormisda, si
giustificava per la particolare delicatezza della seconda fase del lavoro dei
legati, quella di far accettare a tutti i termini dell'accordo tra papa e
imperatore.
Dell'attività episcopale di G. quasi nulla è
conosciuto. Sappiamo solo dal Chronicon Salernitanum (una fonte
quindi assai più tarda) che G. modificò l'intitolazione della basilica
costantiniana degli Apostoli, mutandola in quella dei Ss. Stefano e Agata, in
seguito alla deposizione al suo interno di reliquie che G. aveva forse ottenuto
dall'imperatore Giustino, nel corso del suo soggiorno a Costantinopoli
(Lentini, 1963, pp. 34 s.).
G. è ricordato inoltre in due diverse occasioni
nei Dialogi di Gregorio Magno. Una prima volta (II, 35) quando
Benedetto, in preghiera sulla sommità del monte Cassino, vide l'anima di G. che
saliva al cielo sotto il sembiante di un globo di fuoco, trasportata dagli
angeli. Poco dopo, tramite suoi emissari inviati a Capua, Benedetto venne a
sapere che quella sua visione si era verificata al momento del trapasso di
Germano. Una seconda volta (IV, 42) come intercessore, con le sue preghiere,
per la liberazione dalle pene espiatorie dell'anima di un tale Pascasio,
diacono romano.
La centralità della figura di G. tra quelle dei grandi
vescovi italiani del VI secolo, fortemente impegnati sul piano politico e
religioso, sembrerebbe confermata anche dalla possibilità di una reciproca
conoscenza tra lo stesso G. e Sabino, vescovo di Canosa, che fu legato a
Costantinopoli insieme con papa Agapito nel 535-536, conoscenza asserita
nella Vita altomedievale (VIII-IX secolo) del presule canosino.
Sabino, a sua volta, risulta essere stato a stretto contatto di Benedetto.
La morte di G. è stata collocata all'inizio del 541,
poiché sopravvive l'epitaffio del vescovo Vittore, suo successore, che resse la
sede capuana dal 541 al 554 (Corpus inscriptionum Latinarum, X, 4503). Il
collegamento tra la visione di Benedetto, ormai anziano, e la data di inizio
dell'episcopato di Vittore avvalorano l'ipotesi che G. possa effettivamente
essere morto nel 541 e aver retto quindi la cattedra capuana per oltre un
ventennio, da poco prima del 519 sino al 541.
Di particolare interesse è la storia del culto
tributato a G. nell'Alto Medioevo, fortemente legata alla vicenda del cenobio
cassinese. Sepolto a Capua, il corpo di G. fu traslato nella nuova Capua,
fondata nell'849 da Landone sulle rovine dell'antica Casilinum.
Apparentemente, Ludovico II, nel corso di un suo passaggio a Capua (alla fine
dell'873, di ritorno dalla campagna antiaraba nel Meridione, secondo il Chronicon
monasterii Casinensis, I, 38; Lentini, 1963, pone erroneamente l'evento in
relazione alla discesa dell'imperatore nell'866), si sarebbe impadronito delle
reliquie di Germano. Una parte di queste fu poi lasciata dal sovrano a Cassino:
dal che la zona pedemontana del monastero, che occupava l'area
dell'antica Casinum, avrebbe preso il nome di San Germano. Un'altra parte
fu in seguito portata a Piacenza (probabilmente da Engelberga, moglie di
Ludovico II) e deposta nella cripta della chiesa del monastero di S. Sisto, che
l'imperatrice aveva fondato nell'874.
Fonti e Bibl.: Chronica monasterii Casinensis, a
cura di H. Hoffmann, in Mon. Germ. Hist., Script., XXXIV, Hannover 1980,
p. 106;Historia vitae, inventionis, translationis s. Sabini ep. ab anonymo
scripta sec. VIII, in Acta sanctorum febr., II, Antverpiae 1658, p.
324; Epistulae Romanorum pontificum genuinae et quae ad eos scriptae sunt…,
I, A s. Hilaro usque ad s. Hormisdam, ann. 461-523, a cura di A. Thiel,
Braunsbergae 1867, pp. 843, 846, 849 s., 918 s., 925 s., 938; Vita s.
Germani episcopi Capuani, in Acta sanctorum oct., XIII, Parisiis 1883, pp.
363-366; Ph. Jaffè, Regesta pontificum Romanorum, a cura di G. Wattenbach
[e altri], Lipsiae 1885, nn. 805 s., 810, 815 s., 818, 822, 827, 834, 838, 840,
845, 847-849; Liber pontificalis, I, a cura di L. Duchesne, Paris 1886,
pp. 270, 273; Chronicon Salernitanum, a cura di U. Westerbergh,
Lund-Stockholm 1956, p. 23; Gregorius Magnus, Dialogi, a cura di U.
Moricca, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LVII, Roma
1924, pp. 129 s., 240, 299; C. Baronio, Annales ecclesiastici, IX, Lucae
1741, pp. 240, 262, 288; R. De Buck, De s. G. confessore pontifice Capuae
in Campania, in Acta sanctorum oct., XIII, Parisiis 1883, pp.
358-363; F. Lanzoni, Le diocesi d'Italia dalle origini al principio
del secolo VII (an. 604), I, Roma 1927, p. 203; A. Lentini, Due legati
papali a Costantinopoli nel secolo VI: G. di Capua e Sabino di Canosa, in Atti
del IV Congresso nazionale di studi romani, a cura di C. Galassi Paluzzi, I,
Roma 1938, pp. 384-391; Id., San G. vescovo di Capua, Montecassino 1963;
Id., Il "libellus" portato a Bisanzio da G. di Capua, in Atti
del Convegno nazionale di studi storici promosso dalla Società di storia patria
della Terra di Lavoro, Roma 1966, pp. 343-349; Id., G., vescovo di Capua,
in Bibliotheca sanctorum, VI, Roma 1966, coll. 237-240; Id., Sabino,
vescovo di Canosa, ibid., XI, ibid. 1968, col. 553; F. Bougard, Engelberga,
in Diz. biogr. degli Italiani, XLII, Roma 1993, p. 674; Bibliotheca
hagiographica Latina, I, Bruxellis 1898, p. 517; Supplementum, ibid. 1911,
p. 147; Novum supplementum, a cura di H. Fros, ibid. 1986, p. 390.
SOURCE : https://www.treccani.it/enciclopedia/santo-germano_(Dizionario-Biografico)