Bienheureux Gérard Cagnoli
Franciscain (✝ 1342)
Né vers 1267 à
Valenza dans le Piémont, devenu orphelin, il vécut en pèlerin mendiant. Puis
impressionné par la sainteté de Louis d'Anjou, il entra dans l'ordre
des mineurs en Sicile à Randazzo et fut un exemple pour tous.
À Palerme en
Sicile, l’an 1342, le bienheureux Gérard Cagnoli, religieux de l’Ordre des
Mineurs qui mena assez longtemps la vie érémitique.
Martyrologe
romain
Blessed Gérard Cagnoli
Also
known as
- Gerardo
- Gerardus
- 3 January
- 29 December on some calendars
Profile
Born to the Italian nobility. Cared for his mother until her death, then became ahermit for several years on Mount Etna, Sicily. Franciscan lay brother. Cook forFranciscan house. Known for his childlike simplicity, and the many graces that
derived from it.
Born
Blessed Gerard Cagnoli
(Beato Gerardo Cagnoli)
Feast Day – December 29
Gerard was born in Valencia
near the River Po, and belonged to the noble family of the Cagnoli. For
fourteen years his mother lay ill, and during all this time Gerard waited on
her with the tender devotion of a loving son. After her death he distributed his
inheritance among the poor, and, impelled by motives of piety, he set out to
visit the more notable shrines of Italy. Then going on to Sicily, he chose for
himself a cell at the foot of Mt Etna, where he planned to live in perfect
seclusion and to devote himself entirely to God and to the salvation of his
soul. It was Christian prudence on the part of Blessed Gerard to renounce all
his possessions, all honors and pleasures, to live apart from the world and
devote himself to those matters which pertain to heaven and to eternity.
Moved, however, by the fame
of the virtue and miracles of St Louis the bishop, who was a Franciscan, he
hastened to obtain admission into the Franciscan Order. From Randazzo, where he
had been invested, he was transferred to Palermo. Here he took great delight in
performing the humblest duties. As a cook, and later on as porter, he gained
the esteem of his confreres, as well as of the people, by his
conscientiousness, his spirit of prayer, and his charity towards others,
especially towards the poor and needy.
God almighty favored
Blessed Gerard Cagnoli with the gift of prophecy and other graces. After the
Blessed Virgin acquainted him with the time of his death, he peacefully
surrendered his soul to Him to whom he had dedicated all his thoughts and
affections. Gerard died in the year 1342 at the age of seventy-five. His body
rests in the church of St Francis at Palermo.
Pope Pius X ratified the
veneration paid to Blessed Gerard Cagnoli from time immemorial, placing his
name among the Blessed of the Church.
Prayer of the Church:
Grant, we beseech Thee, O
almighty God, that spurred on to a better life by the example of Blessed
Gerard, Thy confessor, we may be led to imitate the life of him whose festival
we commemorate. Through Christ our Lord. Amen.
From: The Franciscan Book of Saints, Marion A. Habig, OFM
Beato Gerardo Cagnoli Francescano
Valenza, Alessandria, 1267 - Palermo,
29 dicembre 1342
Nato
a Valenza Po, in Piemonte, verso il 1267, dopo la morte della madre, avvenuta
nel 1290 (il padre era già morto), Gerardo Cagnoli abbandonò il mondo e visse
da pellegrino, mendicando il pane e visitando i santuari. Fu a Roma, a Napoli,
a Catania e forse ad Erice (Trapani); nel 1307, colpito dalla fama di santità
del francescano Ludovico d'Angiò, vescovo di Tolosa, entrò nell'Ordine dei
Minori a Randazzo in Sicilia, dove fece il noviziato e visse per qualche tempo.
Dopo avere operato miracoli e edificato quanti lo conobbero con l'esempio, morì
a Palermo il 29 dicembre 1342. Secondo Lemmens, il beato sarebbe stato inserito
in un catalogo di francescani illustri per santità di vita redatto verso il
1335, cioè mentre egli era ancora vivo. Il suo culto, diffusosi rapidamente in
Sicilia, in Toscana, nelle Marche, in Liguria, in Corsica, a Maiorca e altrove,
fu confermato il 13 maggio 1908. Il corpo si venera a Palermo, nella basilica
di San Francesco. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Palermo, beato Gerardo Cagnoli,
religioso dell’Ordine dei Minori, che in precedenza aveva condotto a lungo vita
eremitica.
Il Beato
Gerardo, sebbene sepolto e venerato a Palermo, non era siciliano. Egli nacque a Valenza
ridente cittadina della Lombardia, probabilmente nel 1267. La famiglia
profondamente cristiana era anche agiata. I genitori si interessarono della
educazione umana e religiosa del figlio che trascorse la prima puerizia nel
sereno affetto della vita familiare. Tuttavia, nella formazione della sua
personalità influirono in modo determinante le situazioni dolorose che si
abbatterono sulla sua casa.
Appena decenne Gerardo perdette improvvisamente il padre, unico sostegno della
famiglia. La madre subito dopo, con il cuore ancora pieno di dolore per la
perdita del marito, fu colpita da una grave forma di tubercolosi polmonare che
la costrinse a stare sempre a letto del tutto inabile. Così il piccolo Gerardo
venne a trovarsi nella necessità di guidare la casa e accudire la madre
tormentata dalla sofferenza.
Circostanze così tristi e responsabilità così pesanti avrebbero scoraggiato
gente ben più matura. Gerardo sente dolore per la morte del padre, è
consapevole della situazione della madre, ma non si lascia vincere
dall’angoscia, accetta con piena rassegnazione il progetto di Dio. È risaputo
che la scuola della sofferenza e del dolore fa maturare l’uomo, ne tempera
l’indole e lo rende comprensivo e aperto ai bisogni del prossimo. Gerardo fu
fedele alunno di questa scuola e ne visse i principi con eroico impegno.
Divenne adulto per le responsabilità che incombevano sulla sua persona e si
consacrò all’esercizio della carità nel generoso servizio alla madre ammalata
mettendo da parte le esigenze e le voglie proprie delle età giovanile.
Nel lungo decorso della malattia della madre il giovane Gerardo incomincia a
scorgere sempre più chiaramente la chiamata alla vita consacrata. Perciò nel
piccolo ambito delle pareti domestiche matura il proposito di non cedere alle
lusinghe del modo, trasforma la casa nel primo eremo della sua esperienza
religiosa e si abbandona in fecondo silenzio a profonda preghiera. Nella
preghiera sincera e affettuosa scopre la presenza di Dio che reca conforto al
suo cuore nella fatica quotidiana, lo conferma nel suo proposito e lo
incoraggia a perseverare.
In questo clima spirituale si coniugano le sofferenze della madre con i
sacrifici del figlio che, associate alla Passione di Cristo, si trasformano in
mezzo di comune santificazione. Dopo tredici anni di atroci sofferenze,
sopportate con cristiana rassegnazione, appena quarantenne la madre ritorna a
Dio sostenuta dalla premurosa assistenza del figlio. Gerardo, dopo avere
adempiuto i doveri della pietà filiale, si sente libero da ogni vincolo e
comincia a pensare come attuare il progetto di donarsi totalmente a Dio, tante
volte meditato durante la malattia della madre.
Dopo essere vissuto lungo tempo nella sua casa, trasformata in eremo, si sente
attratto dalla vita di solitudine: vuole scoprire il senso profondo della
contemplazione, verso la quale si sentiva chiamato da Dio. Per attuare tale
vocazione non sceglie un monastero in cui strutturalmente avrebbe potuto
trovare come appagare l’anelito interiore e altri che già praticavano l’impegno
contemplativo lontani dal mondo: preferisce la vita eremitica priva di strutture
e norme che inserisce nella varietà di un lungo continuo pellegrinaggio.
Così all’età di ventitre anni Gerardo dopo avere distribuito ai poveri quanto
possedeva, ad imitazione dei santi anacoreti abbandona per sempre la città
natale e intraprende un pellegrinaggio attraverso tutta l’Italia sino ai
lontani lidi della Sicilia.
Alla vita di pellegrinaggio associa quella dell’eremita per l’innata esigenza
di contemplare Dio in assoluta solitudine. Nei secoli XIII e XIV il
pellegrinaggio era largamente praticato. Gruppi e singoli fedeli si muovevano
dai loro paesi, spinti non da curiosità o ragioni culturali e turistiche, ma da
valori esclusivamente religiosi. Visitavano santuari o luoghi cari alla pietà
popolare per incrementare la fede alla luce degli esempi dei santi. Il percorso
del pellegrino era scandito da continua preghiera. Anche le località della
Terra Santa contese e difese dai Crociati, erano diventate meta agognata di
numerosi fedeli disposti ad affrontare pericoli di ogni genere pur di visitare
i luoghi santificati dalla presenza fisica di Cristo.
Gerardo si muove con questo spirito non avendo un
preciso programma da attuare o mete fisse da conseguire. È spinto soltanto dal
desiderio di separasi dal mondo per vivere con Dio. Proprio in questo
atteggiamento, che comporta l’esigenza di cambiare continuamente dimora, sembra
che il giovane pellegrino-eremita fosse preso da quello stato d’animo che il
pensiero moderno definisce “inquetitudine spirituale” fenomeno che non proviene
da dubbio o incertezza, ma dalla volontà di dedicarsi unicamente a Dio. D’altra parte presso
il monachesimo “la teologia dell’inquietitudine” era fondata sul primato del
silenzio e della preghiera contemplativa.
Il pellegrinaggio di Gerardo era interrotto da frequenti soste più o meno
lunghe che gli consentivano di ritirarsi in qualche grotta sperduta o altro
luogo solitario per dedicarsi a più intima preghiera.
Proprio allora le regioni dell’Italia erano popolate da numerosi eremi o
romitori dove conducevano vita solitaria singoli individui o piccoli gruppi,
spesso aderenti a movimenti pauperistici, i quali fuggivano il consorzio umano
per servire esclusivamente Dio. Anche tra i Frati Minori, l’Ordine fondato da
Francesco d’Assisi, questo fenomeno era molto diffuso. Alcuni preferivano alla
vita attiva che conduceva la comunità nei conventi quella degli eremi che
privilegiava la solitudine e la contemplazione. Forse Gerardo nel suo
peregrinare si sarà imbattuto in qualcuno di questi eremiti che lo avrà
informato della Spiritualità del movimento francescano infondendogli il
desiderio di condividere l’esperienza del poverello d’Assisi, che realizzerà in
seguito.
Prima tappa del pellegrinaggio di Gerardo fu Roma. La Città Eterna, anche
quando si trovava in precarie situazioni politiche, esercitava un fascino
particolare e costituiva il maggior punto di attrazione come centro della
Cristianità e sede del papato. In essa riscuotevano grande venerazione i
sepolcri degli apostoli Pietro e Paolo e le numerose reliquie conservate nelle
varie basiliche e chiese. Il pellegrino che visitava la città non poteva
esimersi di accostarsi con devozione a questi luoghi che documentavano il
fervore del primo Cristianesimo e confermavano nella fede testimoniata dal
sangue dei martiri. Gerardo si fermò a Roma diversi anni quasi a volere saziare
la fame di sacro che scaturiva da quelle vestigia che dopo tanti secoli
parlavano ancora la cuore di quanti si accostavano ad essi. Con questo spirito
devoto avrà visitato, in una sosta così lunga, i luoghi sacri più sconosciuti,
trovando ospitalità in qualche ospizio, nella foresteria di un monastero o
convento o in aperta campagna. A Roma Gerardo avrà incontrato numerosi altri
pellegrini ma non potè assistere allo spettacolo che costituisce l’apoteosi del
pellegrinaggio medievale che si verificherà qualche anno dopo la sua partenza
con l’indizione del primo Giubileo da parte di Bonifacio VIII. In questa
circostanza la città sarà invasa da centinaia di migliaia di pellegrini
provenienti da tutta l’Europa per lucrare le indulgenze.
Spinto dalla ricerca di nuovi luoghi solitari Gerardo lascia Roma e si dirige
verso Napoli. Dopo qualche tempo la ricerca si sposta verso la Sicilia, terra
aperta ad ogni esperienza religiosa. Nell’isola che per diversi secoli subì l’influsso
delle istituzioni religiose del cristianesimo orientale, esisteva una lunga
tradizione favorevole alla vita eremitica, tanto favorita dal monachesimo
basiliano. Gerardo era certo di trovare in questa terra un luogo dove appagare
la sua esigenza di solitudine. In un primo tempo si stabilì nel territorio di
Trapani nei pressi del monte San Giuliano (Erice). Dopo quattro anni, forse
perché l’ambiente aveva perduto il clima di silenzio, si trasferì nel
territorio di Catania alle falde dell’Etna, che sarà l’ultima tappa di un lungo
pellegrinaggio durato oltre diciassette anni.
Negli ultimi anni dell’esperienza eremitica siciliana Gerardo venne a
conoscenza della vita di san Ludovico d’Angiò, che aveva chiuso l’esperienza
terrena nel 1297. Principe ereditario del
Regno di Napoli, contro il volere del re suo padre aveva rinunciato al trono
per abbracciare lo stato religioso. Promosso vescovo di Tolosa in Francia
accetta a condizione di emettere prima la professione religiosa nell’Ordine
francescano nello spirito del quale era stato educato e che segretamente aveva
abbracciato. Di questo santo giovane si decantavano le virtù praticate in modo
eroico nel fasto del palazzo reale. In modo particolare si sottolineava
l’amore per la povertà vissuta e concretamente praticata nell’uso delle cose,
l’umiltà sincera negli atteggiamenti e la pietà sentita. Queste e altre
testimonianze raccolte e rese pubbliche per l’inizio della causa di
canonizzazione, impressionarono positivamente il mondo cristiano. Influirono
specialmente su l’eremita Gerardo il quale subì una crisi profonda che lo
indusse ad un radicale cambiamento di vita. Infatti il fascino che emana la
santità di Ludovico e il desiderio di imitarne le virtù indussero lui già
quarantenne ad abbandonare la vita eremitica e abbracciare quella cenobitica
tra i figli di San Francesco. Così dall’amato eremo sperduto tra le boscose
contrade del catanese passa al convento francescano di Randazzo. La decisione
di cambiare sistema di vita fu per Gerardo un autentico atto di coraggio. La
vita eremitica che per tanto tempo aveva condotto, si basava sulla libertà
dell’individuo: ogni attività dipendeva dalla discrezione dell’eremita che si
poteva dedicare al lavoro, alla preghiera o alla meditazione a suo piacimento.
Al contrario la vita del convento è scandita da norme ben precise che limitano
l’attività del singolo e lo sottopongono alla volontà di un superiore. Gerardo
che anelava servire Dio ad imitazione di San Ludovico si inserisce nel nuovo
contesto religioso ben lieto di rinunziare alla propria libertà e professare
l’ubbidienza.
Nella vita del Convento continua ad alimentare la tensione spirituale che aveva
sperimentato nell’eremo e la armonizza con i compiti quotidiani della vita
comunitaria che è chiamato a svolgere. Nei luoghi dove è portato
dall’ubbidienza pur esercitando l’ufficio di questuante o portinaio che
comportavano un continuo rapporto con la gente, conserva il raccoglimento,
necessario alla crescita della vita interiore. Sull’esempio di San Francesco
nella preghiera usa aspirazione semplici che scaturiscono dal cuore e
realizzano un incontro affettivo e dialogico con Dio. Perciò si può affermare
che Fr. Gerardo era continuamente assorto in Dio e la sua mente immersa nella
realtà dello spirito. Rendeva partecipi di questa ricchezza spirituale i Frati
che condividevano con lui la vita conventuale. Semplici come la preghiera erano
la devozione che praticava. Consapevole che la spiritualità francescana si
fonda sul trinomio culla, croce, Eucaristia, con corollario mariano, adora
profondamente il mistero dell’umanità del Cristo. Nei lunghi anni trascorsi
nell’eremo aveva avuto come libro di meditazione la nuda croce. Perciò nutriva
intenso amore alla Passione di Cristo, si soffermava a meditare i dolori del
Signore ai quali associava quelli della Vergine Santissima.
Non meno intensa era la devozione verso l’Eucaristia che esprimeva nella
raccolta partecipazione alla Santa Messa quotidiana e alla cura del culto
liturgico. La sua preghiera si prolungava per ore nel silenzio della notte
dinanzi al tabernacolo in estatica adorazione del Santissimo Sacramento. Tenero
amore nutriva per la Madre di Dio che tante volte lo premiò con particolari
apparizioni. A queste aggiungeva la personale devozione verso S. Ludovico
d’Angiò suo celeste patrono e modello, elevato all’onore dell’altare nel 1317
con suo grande giubilo. All’unione con
Dio seppe aggiungere l’esercizio eroico delle virtù.
In Fr. Gerardo rifulse una sincera umiltà e convinta minorità. Si professava e
realmente voleva essere un frate minore secondo lo spirito di San Francesco.
Come fratello religioso si dedicava ai lavori comunitari con sincero servizio
non vantando privilegi o pretese. Era molto riservato e non amava essere
stimato o considerato dagli uomini e cercava di nascondere i doni sopranaturali
di cui era stato arricchito da Dio. Fu ammirato per la povertà e austerità di
vita. Prima di intraprendere la vita di pellegrino aveva distribuito ai poveri
quanto possedeva per rendersi povero. Nel peregrinare e nell’eremo aveva
condotto una vita povera, priva delle comodità essenziali. Sorretto da questo spirito in convento conduceva uno stile di vita umile lieto di abitare
una cella spoglia e usare un vestiario vile e rattoppato. La sua austerità
riluceva nelle continue penitenze liberamente scelte, tra cui l’uso del cilicio
(foto a sinistra), e la pratica quotidiana di sacrifici e rinunzie, e in una
severa astinenza.
La santità di vita di Fr. Gerardo fu oggetto di ammirazione per quanti si
accostavano e ricorrevano a lui o frequentavano l’ambiente conventuale. Il
convento di San Francesco di Palermo, sua dimora per quasi 35 anni, fu il
teatro dove a maggiormente operato e lasciato le più significative
testimonianze. D’altra parte Dio stesso ha voluto esaltare la santità del suo
servo fedele con il dono dei miracoli e della profezia. Il primo miracolo che
viene ricordato fu operato a Randazzo mentre trascorreva l’anno di noviziato.
In seguito la serie dei prodigi ottenuti per sua intercessione durante la vita
divenne sempre più numerosa producendo una vastissima risonanza. Ebbe in grado
eminente il carisma delle guarigioni da malattie fisiche, febbri maligne,
piaghe, ferite e mali incurabili di ogni genere. I fedeli da lui beneficati
espressero nei suoi riguardi attestati di sincera stima e venerazione.
I miracoli si moltiplicarono subito dopo la morte di Fr. Gerardo avvenuta nel
1342. Allora il suo sepolcro divenne meta di continuo pellegrinaggio da quanti erano
afflitti da mali spirituali, tentazioni, dolori fisici, difficoltà di parto e
speravano guarigioni e conforto per la sua intercessione.
Tanti miracoli contribuirono ad allargare la conoscenza della santità di vita
di Gerardo, non solo in Palermo ma anche in altre regioni d’Italia e in Valenza
sua patria. In virtù di questi prodigi subito dopo la morte fu riconosciuto e
venerato come santo dal popolo. Questa voce secondo il procedimento canonico
del tempo, ben presto fu confermata dall’Autorità Ecclesiastica che gli conferì
il titolo di “beato”. Con l’introduzione di nuove e più rigide norme nella conduzione della causa dei Santi, il processo canonico
di Fr. Gerardo fu più volte ripreso.
Sempre trasferito e, per diversissime contingenze storiche, mai concluso. Solo
all’inizio del secolo scorso su istanza dei Frati Minori Conventuali, fu
riesaminato dalla Sacra Congregazione dei Riti, la quale si espresse
positivamente. Il 13 maggio 1908 il Papa S. Pio X emanò il decreto che
riconosceva e approvava il culto a lui tributato “ab immemorabili”
conservandogli il titolo di “beato” riconosciutogli dalla tradizione.
Il primo centenario di questo evento è stato commemorato dai Frati Minori
Conventuali di Sicilia nel giorno dell’annuale Festa della Provincia, alla
quale ha partecipato la totalità dei religiosi. In questa circostanza è emerso
il voto di riprendere ancora una volta il processo canonico perché il nostro
Beato venga iscritto nel catalogo dei Santi. Per realizzare questo desiderio è necessario che la figura di Fr.
Gerardo sia maggiormente conosciuta e il culto più curato.
Per prima cosa dovrebbe essere spostata, almeno nei luoghi dove è maggiormente
noto, la data della memoria liturgica, stabilita per il 5 gennaio vigilia della
solennità dell’Epifania. Ormai è diventata prassi comune celebrare la messa principale di una comunità
nelle ore pomeridiane. L’Epifania, che gode della messa prefestiva, assorbe
sistematicamente la memoria del Beato Gerardo con grave detrimento per il suo
culto. Si dovrebbe scegliere una data diversa fuori del periodo forte
natalizio, in cui la figura di questo grande esponente della santità
francescana, potrebbe essere maggiormente attenzionata. Sarebbe poi necessario
approfondire ed evidenziare la validità del messaggio che un santo frate laico,
vissuto a cavallo XIII e XIV, può dare alla società del nostro tempo.
Oggi spesso si criticano “i malesseri del mondo del benessere” puntualizzando
il voto di una umanità inquieta e incerta con forte tendenza al nichilismo,
incapace di discernere i principi idonei ad una trasformazione positiva. Il
Beato Gerardo con la testimonianza della vita può dettare suggerimenti utili
per un cambiamento salutare. Egli, che sperimentò come cercare e trovare Dio in
una società eclettica e contraddittoria, può insegnare agli uomini del nostro
tempo che per riscoprire i veri valori e acquistare nuove certezze che
infondano fiducia, bisogna rientrare in se stessi e ritornare al silenzio
interiore, unico mezzo per superare la superficialità e la distrazione che
impediscono di conoscere i problemi per risolverli. Solo in questo modo è
possibile risvegliare la coscienza umana e indurla a combattere
responsabilmente per non soccombere ai “malesseri del tempo del benessere”
nella certezza di potere vincere.
Autore: Fr. Giuseppe Benvenuto
Fonte:
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Ardori
Serafici
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