dimanche 15 mars 2020

Bienheureux MONALDO da ANCONA, Francesco da PETRIOLO et ANTONIO da MILANO, religieux missionnaires franciscains et martyrs

Bienheureux Antoine de Milan

Missionnaire franciscain en Arménie ( 1286)


et ses compagnons martyrs, François de Fermo et Monald d'Ancône, trois missionnaires franciscains, originaires d'Italie. Ils témoignèrent du Christ, jusqu'à la mort, en Arménie.

Beati Monaldo da Ancona, Francesco da Petriolo e Antonio Cantoni da Milano 

Religiosi francescani, martiri


† Arzenga, Armenia, 15 marzo 1314

Inviati come missionari nell’Armenia,i tre francescanierano soliti parlare alla folla, radunata alla presenza del cadí, il venerdìdi ogni settimana, testimoniando la divinità di Cristo e confutando gli errori di Maometto, suscitando le ire dei religiosi locali. Il 15 marzo 1314 furono arrestati e condotti nella pubblica piazza della città dove confessarono ancora davanti al tribunale la loro fede in Cristo. I mussulmani allora si scagliarono contro di loro con le spade, ferendoli gravemente; amputarono loro gli arti, mentre essi nei tormenti raccomandavano le loro anime a Dio. Furono alfine decapitati e i loro corpi furono gettati in aperta campagna, perché fossero divorati dalle belve. Un sacerdote armeno, con l’aiuto di alcuni cristiani e a sue spese, riuscìa raccogliere i resti delle vittime e a dar loro un’onorata sepoltura. Sulla loro tomba un cieco riacquistò la vista. La domenica del Buon Pastore, il 28 aprile dello stesso anno, si fece la traslazione delle reliquie. La venerazione degli Armeni verso questi servi diDio era tanta che il patriarca li canonizzò iscrivendoli nel catalogo dei santi armeni e imponendo il digiuno nella vigilia del martirio.

Del martirio di questi francescani abbiamo una relazione abbastanza ampia e contemporanea di Carlino Grimaldi, guardiano di Trebisonda. Inviati come missionari nell'Armenia, non solo ebbero a cuore la condizione dei cattolici ivi dimoranti, ma si prodigarono soprattutto, per convertire alla fede cristiana i musulmani del luogo.

Nella città di Arzenga (che i geografi scrivono in modi diversi: Arzingam, Artzinga, Artzinganis o Ertzinga), situata in Armenia presso l'Eufrate, da identificarsi probabilmente con l'odierna Ersindjan, essi erano soliti parlare alla folla, radunata alla presenza del cadí, il venerdí di ogni settimana, giorno festivo per i musulmani, testimoniando la divinità di Cristo e confutando gli errori di Maometto. Quando il cadí si accorgeva che qualcuno degli ascoltatori era scosso dalle parole dei missionari, metteva fine alla discussione e li licenziava. Ma essi tornavano a parlare dinanzi a lui il venerdí successivo con nuove argomentazioni e con rinnovato zelo, tanto che costui fu costretto ad indire una pubblica disputa tra i religiosi ed i piú sapienti tra.i musulmani: fu tanta la forza delle argomentazíóni, tanto l'ardore della fede, che gli infedeli non seppero cosa ribattere e accesi d'ira volevano immediatamente ucciderli. Il cadí, in quella occasione, si oppose, e convocato il consiglio degli anziani e dei fachiri, si consultò con loro: «Che essi muoiano - fu la risposta - perché insultano il nostro profeta e la sua legge; ogni giorno si fanno piú audaci».

Il venerdí della terza settimana di Quaresima, 15 marzo 1314 (alcuni autori sostengono che l'anno sia il 1286), mentre gli ardenti predicatori annunziavano le verità evangeliche, furono arrestati e condotti nella pubblica piazza della città. Un saraceno che, mosso a compassione, aveva cercato di difenderli, fu ucciso all'istante. Giunti nella piazza, confessarono ancora davanti al tribunale la loro fede in Cristo. I musulmani allora si scagliarono contro di loro con le spade, ferendoli gravemente; amputarono loro gli arti, mentre essi nei tormenti raccomandavano le loro anime a Dio. Furono alfine decapitati. Mentre i corpi erano abbandonati sulla piazza, gli arti e le teste furono appesi alle porte e alle mura della città sotto la sorveglianza dei soldati; quindi i corpi furono gettati in aperta campagna, perché fossero divorati dalle belve.

Un sacerdote armeno, con l'aiuto di alcuni cristiani e a sue spese, riuscí a raccogliere i resti delle vittime e a dar loro un'onorata sepoltura. Sulla loro tomba un cieco riacquistò la vista. La domenica del Buon Pastore, il 28 aprile dello stesso anno, si fece la traslazione delle reliquie. La venerazione degli Armeni verso questi servi di Dio era tanta che il patriarca li canonizzò iscrivendoli nel catalogo dei santi armeni e imponendo il digiuno nella vigilia del martirio.

Autore: Silvino da Nadro

Monaldo da Ancona, Francesco da Petriolo e Antonio Cantoni da Milano, 
religiosi francescani e martiri (secolo XIII), beati
15 MARZO
Monaldo da Ancona, Francesco da Petriolo e Antonio Cantoni da Milano sono frati francescani martiri in Armenia nel XIII secolo, colpevoli di predicare il cristianesimo in terra musulmana. Sul loro martirio ha steso un ampio e documentato resoconto il padre Carlino Grimaldi, allora guardiano di Trebisonda. Inviati in Armenia, i tre frati sono soliti predicare ai cittadini di Arzenga nel giorno di venerdì, riuscendo ogni volta a catturare sempre più l’attenzione e l’interesse dei presenti, tanto da preoccupare le autorità locali. Viene allora convocato il consiglio degli anziani e degli iman che decide di metterli a morte perché hanno offeso il loro Profeta e la loro legge. Nel corso della predicazione del venerdì della terza settimana di Quaresima sono arrestati e condotti nella piazza della città. Un abitante che cerca di difenderli viene immediatamente ucciso. I tre arrestati, incuranti delle minacce, professano davanti al tribunale la loro fede in Cristo, scatenando l’ira dei presenti che, sguainate le spade, prima li mutilano e poi li decapitano, mentre essi affidano la loro anima a  Dio. I corpi dei martiri sono poi abbandonati nella campagna in pasto alle bestie. Mani pietose riescono nei giorni seguenti a ricomporre alcuni resti e a dar loro un'onorata sepoltura.