Bienheureux Antoine de Milan
Missionnaire franciscain en Arménie (✝ 1286)
et ses compagnons martyrs, François
de Fermo et Monald d'Ancône, trois missionnaires franciscains, originaires
d'Italie. Ils témoignèrent du Christ, jusqu'à la mort, en Arménie.
Beati Monaldo da Ancona, Francesco
da Petriolo e Antonio Cantoni da Milano
Religiosi francescani, martiri
† Arzenga, Armenia, 15 marzo 1314
Inviati
come missionari nell’Armenia,i tre francescanierano soliti parlare alla folla,
radunata alla presenza del cadí, il venerdìdi ogni settimana, testimoniando la
divinità di Cristo e confutando gli errori di Maometto, suscitando le ire dei
religiosi locali. Il 15 marzo 1314 furono arrestati e condotti nella pubblica
piazza della città dove confessarono ancora davanti al tribunale la loro fede
in Cristo. I mussulmani allora si scagliarono contro di loro con le spade,
ferendoli gravemente; amputarono loro gli arti, mentre essi nei tormenti
raccomandavano le loro anime a Dio. Furono alfine decapitati e i loro corpi
furono gettati in aperta campagna, perché fossero divorati dalle belve. Un
sacerdote armeno, con l’aiuto di alcuni cristiani e a sue spese, riuscìa
raccogliere i resti delle vittime e a dar loro un’onorata sepoltura. Sulla loro
tomba un cieco riacquistò la vista. La domenica del Buon Pastore, il 28 aprile
dello stesso anno, si fece la traslazione delle reliquie. La venerazione degli
Armeni verso questi servi diDio era tanta che il patriarca li canonizzò
iscrivendoli nel catalogo dei santi armeni e imponendo il digiuno nella vigilia
del martirio.
Del martirio di questi
francescani abbiamo una relazione abbastanza ampia e contemporanea di Carlino
Grimaldi, guardiano di Trebisonda. Inviati come missionari nell'Armenia, non
solo ebbero a cuore la condizione dei cattolici ivi dimoranti, ma si
prodigarono soprattutto, per convertire alla fede cristiana i musulmani del
luogo.
Nella città di Arzenga (che i geografi scrivono in modi diversi: Arzingam,
Artzinga, Artzinganis o Ertzinga), situata in Armenia presso l'Eufrate, da
identificarsi probabilmente con l'odierna Ersindjan, essi erano soliti parlare
alla folla, radunata alla presenza del cadí, il venerdí di ogni settimana,
giorno festivo per i musulmani, testimoniando la divinità di Cristo e
confutando gli errori di Maometto. Quando il cadí si accorgeva che qualcuno
degli ascoltatori era scosso dalle parole dei missionari, metteva fine alla
discussione e li licenziava. Ma essi tornavano a parlare dinanzi a lui il
venerdí successivo con nuove argomentazioni e con rinnovato zelo, tanto che
costui fu costretto ad indire una pubblica disputa tra i religiosi ed i piú
sapienti tra.i musulmani: fu tanta la forza delle argomentazíóni, tanto
l'ardore della fede, che gli infedeli non seppero cosa ribattere e accesi d'ira
volevano immediatamente ucciderli. Il cadí, in quella occasione, si oppose, e
convocato il consiglio degli anziani e dei fachiri, si consultò con loro: «Che
essi muoiano - fu la risposta - perché insultano il nostro profeta e la sua
legge; ogni giorno si fanno piú audaci».
Il venerdí della terza settimana di Quaresima, 15 marzo 1314 (alcuni autori
sostengono che l'anno sia il 1286), mentre gli ardenti predicatori annunziavano
le verità evangeliche, furono arrestati e condotti nella pubblica piazza della
città. Un saraceno che, mosso a compassione, aveva cercato di difenderli, fu
ucciso all'istante. Giunti nella piazza, confessarono ancora davanti al
tribunale la loro fede in Cristo. I musulmani allora si scagliarono contro di
loro con le spade, ferendoli gravemente; amputarono loro gli arti, mentre essi
nei tormenti raccomandavano le loro anime a Dio. Furono alfine decapitati.
Mentre i corpi erano abbandonati sulla piazza, gli arti e le teste furono
appesi alle porte e alle mura della città sotto la sorveglianza dei soldati;
quindi i corpi furono gettati in aperta campagna, perché fossero divorati dalle
belve.
Un sacerdote armeno, con l'aiuto di alcuni cristiani e a sue spese, riuscí a
raccogliere i resti delle vittime e a dar loro un'onorata sepoltura. Sulla loro
tomba un cieco riacquistò la vista. La domenica del Buon Pastore, il 28 aprile
dello stesso anno, si fece la traslazione delle reliquie. La venerazione degli
Armeni verso questi servi di Dio era tanta che il patriarca li canonizzò
iscrivendoli nel catalogo dei santi armeni e imponendo il digiuno nella vigilia
del martirio.
Autore: Silvino da Nadro
Monaldo
da Ancona, Francesco da Petriolo e Antonio Cantoni da Milano,
religiosi
francescani e martiri (secolo XIII), beati
15 MARZO
Monaldo
da Ancona, Francesco da Petriolo e Antonio Cantoni da Milano sono frati
francescani martiri in Armenia nel XIII secolo, colpevoli di predicare il
cristianesimo in terra musulmana. Sul loro martirio ha steso un ampio e
documentato resoconto il padre Carlino Grimaldi, allora guardiano di
Trebisonda. Inviati in Armenia, i tre frati sono soliti predicare ai cittadini
di Arzenga nel giorno di venerdì, riuscendo ogni volta a catturare sempre più
l’attenzione e l’interesse dei presenti, tanto da preoccupare le autorità
locali. Viene allora convocato il consiglio degli anziani e degli iman che decide
di metterli a morte perché hanno offeso il loro Profeta e la loro legge. Nel
corso della predicazione del venerdì della terza settimana di Quaresima sono
arrestati e condotti nella piazza della città. Un abitante che cerca di
difenderli viene immediatamente ucciso. I tre arrestati, incuranti delle
minacce, professano davanti al tribunale la loro fede in Cristo, scatenando
l’ira dei presenti che, sguainate le spade, prima li mutilano e poi li
decapitano, mentre essi affidano la loro anima a Dio. I corpi dei martiri
sono poi abbandonati nella campagna in pasto alle bestie. Mani pietose riescono
nei giorni seguenti a ricomporre alcuni resti e a dar loro un'onorata
sepoltura.
Voir
aussi : http://www.fracecilio.it/santi/15marzo.pdf