Bienheureux Jean de Parme, prêtre
Jean Buralli, Frère Mineur sous le nom de Jean de Parme, enseigna la théologie à Bologne puis à Naples. Septième maître général de son Ordre pendant dix ans, il en visita toutes les provinces et fut envoyé par le pape comme légat à Constantinople pour renouer l'unité déchirée. Il passa les dernières années de sa vie à Greccio, dans la solitude volontaire et mourut à Camerino dans les Marches, en 1289.
Bienheureux Jean de Parme
Franciscain (+ 1289)
Frère Mineur, il enseigna la théologie à Bologne puis à Naples. Septième maître général de son Ordre pendant dix ans, il en visita toutes les provinces et fut envoyé par le Pape comme légat à Constantinople pour renouer l'unité déchirée. Il termina sa vie à Greccio, dans la solitude volontaire . Son culte fut approuvé en 1777.
À Camerino dans les Marches, en 1289, le bienheureux Jean Buralli de Parme, prêtre de l’Ordre des Mineurs, que le pape Innocent IV envoya comme légat chez les Grecs, pour rétablir leur communion avec les Latins.
SOURCE : http://jubilatedeo.centerblog.net/6573031-Les-saints-du-jour-jeudi-19-Mars
Bienheureux Jean de Parme
Franciscain (+ 1289)
Frère Mineur, il enseigna la théologie à Bologne puis à Naples. Septième maître général de son Ordre pendant dix ans, il en visita toutes les provinces et fut envoyé par le Pape comme légat à Constantinople pour renouer l'unité déchirée. Il termina sa vie à Greccio, dans la solitude volontaire . Son culte fut approuvé en 1777.
À Camerino dans les Marches, en 1289, le bienheureux Jean Buralli de Parme, prêtre de l’Ordre des Mineurs, que le pape Innocent IV envoya comme légat chez les Grecs, pour rétablir leur communion avec les Latins.
Martyrologe romain
Transcription. This article was transcribed for
New Advent by Tom Burgoyne. In memory of Father Baker, founder of Our Lady
of Victory Homes.
Ecclesiastical approbation. Nihil Obstat. October
1, 1910. Remy Lafort, S.T.D., Censor. Imprimatur. +John Cardinal
Farley, Archbishop of New York.
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by Kevin Knight. Dedicated to the Immaculate Heart of Mary.
Beato Giovanni (Buralli) da Parma
Parma, 1208 circa - Camerino, 19 marzo 1289
Al secolo
Giovanni Buralli, entrato nell’ordine verso il 1233, dopo gli studi a Parigi e
l’insegnamento a Bisogna, Napoli e Parigi nel 1245, fu eletto ministro generale
a Lione nel capitolo del 1247.
Martirologio
Romano: A Camerino nelle Marche, beato Giovanni Buralli da Parma,
sacerdote dell’Ordine dei Minori, che papa Innocenzo IV inviò come legato ai
Greci, per tentare di ristabilire la loro comunione con i Latini.
Giovanni, figlio del nobile Alberto Buralli, fu avviato allo studio dallo zio, cappellano dell'ospizio di San Lazzaro, ed ebbe l'incarico di insegnare Logica nella Scuola cattedrale. A circa 25 anni entrò nell'ordine dei Minori, quando era ministro generale frate Elia. A Parigi, dove si era portato per perfezionarsi negli studi dopo la professione, fu ordinato sacerdote. Si diede da prima alla predicazione con successo per il contenuto dottrinale, per la forma piacevole della presentazione, per il felice timbro della voce: conosceva la musica ed era un buon cantore. In seguito insegnò allo Studium bolognese, a Napoli e a Parigi (1245), dove commentò la Bibbia e le Sentenze.
Nel 1247 nel capitolo generale di Lione fu eletto Ministro generale. Visse anni difficili, per i dissensi presenti nell'Ordine sull'osservanza pratica della povertà.
Decise perciò di visitare le varie comunità dei paesi europei, dando esempio di molta umiltà, di prudenza e di severa austerità. Nel 1250-51 fu incaricato da Innocenzo IV, che lo definì "angelo di pace", di condurre trattative con l'imperatore greco per l'unificazione delle chiese, senza raggiungere risultati positivi. La sua simpatia per gli Zelanti e l'adesione ad alcune tesi di Gioacchino da Fiore lo portarono alle dimissioni da Ministro generale (1257), dove fu sostituito da San Bonaventura. Si ritirò a Greggio dove visse per trent'anni in grande austerità.
La morte lo colse a Camerino, quando aveva intrapreso un nuovo viaggio di conciliazione verso la Grecia.
Il suo culto fu approvato da Pio VI nel 1777. L'ufficio fu concesso all'Ordine francescano nel 1780 ed esteso agli Stati ducali il 24 aprile 1781.
Autore: Simone Bruni
Fonte : Ufficio Liturgico Diocesi di Parma
SOURCE : http://www.santiebeati.it/dettaglio/46175
BURALLI, Giovanni, beato
di Alfanso Maierù - Dizionario Biografico degli
Italiani - Volume 15 (1972)
BURALLI, Giovanni (fra' Giovanni da Parma),
beato. - Nacque a Parma intorno al 1208 da Alberto e da Antonia Bertani. Fu
allevato da uno zio paterno, sacerdote e rettore dell'ospedale di S. Lazzaro in
Parma, che lo fece studiare. Divenne in seguito maestro di logica nella sua
città. Salimbene (p. 433) ci informa che, finché fu nel secolo, era detto magister
Iohanninus, e aggiunge che riceveva anche l'appellativo "di S.
Lazzaro" in ricordo del luogo in cui era stato allevato. Forse nel 1231,
intorno ai venticinque anni, entrò nell'Ordine dei frati minori. Continuò gli
studi e quindi insegnò a Parigi, Bologna, Napoli. Il 13 luglio 1247, nel
capitolo generale tenuto a Lione, il B., ormai celebre per la dottrina e la
santità della vita, fu eletto ministro generale dell'Ordine in successione di
fra' Crescenzio da Iesi.
Non è possibile stabilire dove abbia studiato una
volta entrato nell'Ordine, né quale titolo accademico abbia conseguito prima di
diventare ministro generale. Salimbene scrive: "magnus theologus fuit et
magnus disputator. Parisius Sententias legit. In conventu Bononie lector fuit
et in Neapolitano conventu multis annis" (pp. 433 s.); secondo la Chronica
XXIV Generalium fu elevato al generalato "de studio Parisiensi, ubi
sententias legerat" (p. 270) e in modo analogo si esprime il Chronicon
XIV vel XV Generalium (p. 697). Per Bartolomeo da Pisa fu "theologiae
magister" (pp. 512 e 523); per Tommaso da Eccleston fu "lector, qui
sententias cursorie legerat Parisiis". (ed. 1951, p. 73); per Niccolò da
Calvi fu "doctor in theologia" (p.92), mentre secondo Angelo Clareno
fu maestro di s. Bonaventura (p. 115). Risulta con certezza quindi che il B. fu
"baccalaureus sententiarum" a Parigi; ma è probabile che sia stato
"magister regens (lector)", giacché al momento della sua assunzione
al governo dell'Ordine era universalmente stimato per la sua dottrina ed aveva
circa quarant'anni; non è però possibile precisare dove e quando divenne
reggente. Le testimonianze sembrano concordi, inoltre, nel ritenere che
Giovanni al tempo dell'elezione insegnava a Parigi: se è così, nel testo in cui
Salimbene indica i luoghi dove il B. tenne insegnamento - Parigi, Bologna,
Napoli - non è da vedere l'indicazione di una successione cronologica.
La notizia fornita da Salimbene (p. 254) secondo la
quale il B. avrebbe rappresentato Crescenzio da Iesi, troppo vecchio per
viaggiare, al concilio di Lione del 1245 (nel corso del quale fu condannato
Federico II) non è esatta: rappresentante di Crescenzio fu Bonaventura d'Iseo,
come è provato da una sua sottoscrizione (Edouard d'Alençon, Fr.Bonaventure
d'Iseo vicaire du ministre général..., in Etudes franciscaines, XXXIII
[1921], pp. 519-528).
Appena eletto generale, il B. indirizzò lettere di
pace a quei frati che, nelle varie province, erano stati esiliati per ordine
del suo predecessore. Erano infatti i tempi in cui, dopo il governo di frate
Elia, i lassisti e i rigoristi si combattevano per la interpretazione della
regola. Crescenzio aveva ritenuto di essere imparziale e di salvare l'unità
punendo come scismatici e distruttori dell'Ordine coloro che si mostravano
troppo polemici. Il B. si preoccupò di visitare i suoi frati, sparsi nelle
varie regioni di Europa, cosa che non aveva precedenti nell'Ordine. Nel maggio
del 1248 presiedeva il capitolo provinciale di Oxford; nel giugno dello stesso
anno era in Francia, al capitolo provinciale di Sens, e qui incontrava Luigi IX
in partenza per la crociata; a Parigi autorizzava Bonaventura all'insegnamento.
Visitava poi la Borgogna e la Provenza. Agli inizi del 1249 veniva richiamato
dalla Spagna da Innocenzo IV; giunto a Lione, il papa lo incaricava di recarsi
presso l'imperatore d'Oriente Giovanni III Ducas Vatatze di Nicea, per trattare
l'unione della Chiesa greca con quella latina. Partito da Lione "finita
septimana paschali" (Salimbene, p. 468), cioè dopo il 12 aprile (o anche
dopo il 30 maggio, secondo il Roncaglia, p. 106), si avviò verso l'Oriente
durante l'estate (luglio-agosto). Ivi convocò un sinodo a Ninfea, dove si
svolsero le discussioni tra Greci e Latini. Dall'Oriente rientrò nell'estate
del 1250, giacché nel settembre di quell'anno era a Ragusa, dove, insieme con
due componenti del suo seguito, Drugone e Bonaventura d'Iseo, sottoscrisse un
atto notarile, e il 17 settembre era a Praga, al capitolo provinciale (L.
Wadding, Annales minorum, III, ad Claras Aquas 1931, p. 365).
La missione del B. rientrava nell'azione di Innocenzo
IV, volta ad allacciare buoni rapporti con l'Oriente slavo e bizantino, per la
quale tanto spesso il pontefice si serviva di frati minori (Pisanu, p. 135). In
questo caso sembra che l'iniziativa sia partita da Maria, regina d'Ungheria e
figlia di Vatatze, già in rapporti con il papa; da parte sua, l'imperatore
Vatatze aveva buoni motivi per tentare un accostamento, circondato com'era da
potenti vicini, con i più pericolosi dei quali, i Mongoli, il papa era in buoni
rapporti. Vatatze inviò quali nunzi presso il papa due frati minori di
Costantinopoli, Salimbene e Tommaso; secondo Paolino da Venezia (in Golubovich,
pp. 88 e 94) essi recavano per il B. due lettere, rispettivamente
dell'imperatore e del patriarca Manuele II; essi avrebbero quindi fatto
esplicita richiesta al pontefice di inviare loro il Buralli. Come risulta dal
registro di Innocenzo IV (Les registres d'Innocent IV, a cura di E.
Berger, II, Paris 1887, nn. 4749 s.) il B. ebbe il compito di trattare con
Vatatze e con i prelati bizantini, mediante la convocazione di un sinodo che
avrebbe dovuto discutere solo sulla processione dello Spirito Santo, per
ricondurli all'obbedienza della Chiesa di Roma. Pare comunque che negli
incontri fossero trattati anche altri temi, in particolare il rito eucaristico
e la questione del pane azimo (Niccolò da Calvi, p. 92). Sullo svolgimento
della discussione mancano informazioni di parte latina, mentre da parte greca
restano le notizie fornite da Niceforo Blemmidès, il migliore teologo bizantino
del tempo, il quale informa che tutto si svolse con ordine e che le risposte ai
Latini furono cortesi (A. Heisemberg, Nicephori Blemmidae curriculum vitae
et carmina, Lipsiae 1896, pp. XXII, XLIII s., 40 ss., 74 ss.). Il sinodo
ebbe luogo tra la fine del 1249 e la primavera del 1250. Non si giunse a
conclusioni definitive, ma si restò intesi che i Greci avrebbero inviato dei
nunzi al papa per continuare le trattative. Nella primavera del 1250 Vatatze
informava il genero Federico II (N. Festa, Le lettere greche di Federigo
II, in Arch. stor. ital., s. 5, XIII [1894], pp. 22-27; F.
Dölger, Corpus der griechischen Urkunden…, s. A, Regesten, 1, 3,
München-Berlin 1932, nn. 1803 s.) che i frati nunzi avevano cercato di farlo
recedere dall'alleanza con lui. Si è visto che ciò non rientrava tra i compiti
ufficiali della missione, ma è possibile che il B. abbia tentato un qualche approccio
in tal senso (Roncaglia, p. 109), non essendo pensabile che ci si potesse
conciliare col papa restando alleati dei suoi nemici. Che si sia trattato di un
semplice sondaggio risulta da quanto lo stesso Vatatze comunicava a Federico: i
componenti la missione, alla sua ferma reazione, si erano astenuti da ulteriori
tentativi (Festa, p. 26). Vatatze informava inoltre Federico della sua
iniziativa di mandare un'ambasceria al papa (ibid., p. 27), al che Federico gli
rimproverava di non aver sentito il suo parere prima di decidere, promettendo
tuttavia di fornire i navigli per attraversare il canale di Otranto. Risulta
che la missione che doveva continuare le trattative avviate dal B. giunse alla
corte pontificia, ma si ignora quando. Secondo Niccolò da Calvi (p. 107) gli
ambasciatori furono tenuti in arresto da Federico per oltre un anno e liberati
dopo la sua morte.
Nel 1251 ebbe luogo a Genova il primo capitolo
generale convocato dal B., il quale, fra l'altro, fu il primo ministro generale
che stabilì che i capitoli generali si riunissero alternativamente al di qua e
al di là delle Alpi (Tommaso da Eccleston., 1951, p. 74).
Di lì a poco (1252) esplose a Parigi la polemica tra
maestri secolari e regolari. Il primo contrasto ebbe origine dalla decisione
dei maestri secolari di limitare a una sola cattedra l'insegnamento dei
mendicanti. Questi non accettarono la limitazione, e quando in seguito ad
alcuni incidenti con le autorità parigine i maestri decisero di astenersi
dall'attività accademica fino a che la municipalità non avesse dato
soddisfazione all'università di cui erano stati violati i privilegi, i
mendicanti non aderirono. I secolari richiesero allora il giuramento
d'obbedienza a regolamenti e statuti dell'università da tutti coloro che
volevano diventarne membri.
In questa circostanza il B. intervenne per ristabilire
l'accordo tra l'università e il suo Ordine: davanti a maestri e scolari riuniti
egli tenne un discorso che valse a riconciliare gli animi (Salimbene, pp. 436
s.). In verità, i francescani erano stati meno aspri dei domenicani nel corso
della polemica, e ciò facilitò il compito del B., ma è probabile che il
generale dovette rinunciare a qualcosa a nome del suo Ordine: secondo Tommaso
da Eccleston (1951, p. 74) i francescani ritirarono l'appellatio indirizzata
al papa contro i secolari; secondo una nota di M. Bihl (Arch. franc. histor., V
[1912], p. 170), essi rinunciarono alla seconda cattedra che di fatto era stata
ceduta spontaneamente almeno dalla primavera del 1253 (ma non è certo che i francescani
avessero una seconda cattedra a Parigi dopo il periodo 1238-1245: F. Van
Steenberghen, La philosophie auXIIIe siècle, Louvain-Paris 1966, p.
164).
Nel giugno del 1254 il B. convocò a Metz il nuovo
capitolo generale, le cui decisioni valgono a caratterizzare la sua linea di
governo dell'Ordine. Egli rifiutò nuove costituzioni (Salimbene, pp. 438 s.),
proibì gli abusi e le deroghe al breviario e al messale adottati per ordine del
generale Aimone di Faversham e approvati dalla S. Sede, e li rinnovò solo in
alcuni aspetti marginali (la lettera ai frati contenente i provvedimenti
liturgici è in Wadding, Annales, III, pp. 238 s.: questo decreto fu
poi modificato da Alessandro IV nel 1255 su richiesta dei frati di Parigi).
Inoltre, il capitolo rinunziò alla bolla Quanto studiosius del 19 ag.
1247 con cui Innocenzo IV dava ad ogni provinciale la possibilità di scegliere
un procuratore apostolico per l'amministrazione dei beni dell'Ordine, di
proprietà della Sede (i procuratori avrebbero preso l'iniziativa dietro
indicazione del provinciale e la S. Sede avrebbe ratificato ogni atto compiuto
con l'assenso dei frati: Pisanu, pp. 250 s.); fu sospesa l'applicazione della
bolla Ordinem vestrum del 14 nov. 1245, regolante l'accettazione di
doni da parte dell'Ordine, in tutti i punti in cui contraddiceva la bolla Quoelongati del
28 sett. 1230. Queste proibizioni, poi confermate nel capitolo di Narbona del
1260 (Gratien, p. 243 n. 44), indicano che l'intento del B. era di mantenere il
più possible l'Ordine nell'osservanza dello spirito primitivo. Che questo fosse
suo preciso orientamento è confermato dal fatto che il papa spesso (come nel
1253: Gratien, p. 181 n.) imponeva privilegi in contrasto con la volontà del
generale. Forse a Metz, ancora, il B. diede quelle disposizioni relative agli
alimenti nella quaresima di cui dà notizia Angelo Clareno (Expositio, p.
91).
Ma proprio nello stesso anno 1254 il francescano
Gerardo di Borgo San Donnino pubblicò il Liber introductorius ad
Evangelium aeternum, in cui, rifacendosi alle opere di Gioacchino da
Fiore, affermava che si era conclusa la seconda età, quella del Figlio, e che
si apriva la terza, dello Spirito, della quale proprio l'Ordine dei francescani
sarebbe stato banditore. Poiché l'interpretazione di Gerardo era una esaltazione
della nuova spiritualità degli Ordini mendicanti, i secolari, con a capo
Guglielmo di Saint-Amour, attaccarono risolutamente l'Introductorius e il
gioachimismo, e insieme i due Ordini. Il 21 nov. 1254 con la bolla Etsi
animarum Innocenzo IV sospese tutti i privilegi di cui i mendicanti
godevano contro i diritti parrocchiali e vescovili. Secondo Salimbene (p. 608)
il papa avrebbe inteso colpire i domenicani e si sarebbe riservato di assolvere
in un secondo tempo i francescani. Ma quando il B. inviò in Curia Ugo Capoldo
per chiedere l'abrogazione della bolla non ebbe alcun successo (ibid.). Solo il
nuovo pontefice Alessandro IV con la costituzione Quasi lignum vitae (14
apr. 1255) rinnovò l'appoggio della S. Sede ai mendicanti. Intanto il B. e il generale
dei domenicani avevano inviato ai loro frati (2 febbr. 1255) una lettera comune
nella quale, richiamandosi alla comune matrice spirituale, invitavano i
confratelli a sopire le discordie e a lavorare in unità d'intenti (il testo è
in B. M. Reichert, Litterae encyclicae magistrorum generalium O. P., Romae
1900, pp. 25-31).
Ma intanto la lotta contro il gioachimismo continuava.
Nel luglio 1255 si riunì ad Anagni una commissione che selezionava trentuno
proposizioni erronee, sette dall'Introductorius, ventiquattro dalla Concordia di
Gioacchino. Seguì la condanna pontificia con la bolla Libellum
quendam (23 ott. 1255).
Il B. non faceva mistero di essere seguace delle idee
di Gioacchino. Salimbene ci informa di aver ricopiato per lui, che era
"maximus Joachita", l'esposizione dei quattro Vangeli del Florense
(p. 334). E dallo stesso cronista risulta che egli "propter doctrinam
abbatis Joachim, quia nimis adhesit dictis suis, exosus fuit quibusdam
ministris et pape Alexandro IV" (p. 439). Infatti il processo al
gioachimismo e la condanna dell'Introductorius dovettero avere notevoli
ripercussioni tra i francescani: in parte la responsabilità della condotta di
Gerardo si pensava ricadesse sul generale che non aveva sufficientemente
vigilato, e si fissò pertanto che in seguito ogni scritto da pubblicare dovesse
essere esaminato dall'Ordine (Bondatti, pp. 100 s.). Inoltre la linea di
governo dell'Ordine del B. non era ben accetta a tutti. L'interpretazione
ch'egli dava della regola e l'identificazione con essa del testamento di s.
Francesco scontentavano coloro che, seguaci di frate Elia, erano propensi a una
interpretazione più blanda dello spirito francescano. La sua posizione,
fortemente caratterizzata dalla difesa della povertà e dall'adesione al
gioachimismo, non resse. Oltre ai tradizionali suoi nemici nell'Ordine, anche
altri frati ("quidam ministri", afferma Salimbene, p. 439) dovettero
ritenere inopportuno che egli mantenesse il suo ufficio. Secondo i cronisti del
tempo, Alessandro IV, che, era protettore dei francescani, gli consigliò di
dare le dimissioni. Allora il B. accelerò la convocazione del capitolo generale
(Salimbene, pp. 450 s.) che ebbe luogo all'Aracoeli in Roma il 2 febbr. 1257;
presente il papa, nonostante le proteste dei membri del capitolo (provinciali e
custodi, i quali erano dunque in massima parte con lui), egli chiese e ottenne
di essere esonerato dalla sua carica e, a richiesta dei presenti, designò
Bonaventura da Bagnoregio come suo successore.
Ma tale rinunzia non bastò ad alcuni, che di lì a poco
lo accusarono al nuovo generale per i motivi ormai noti e, come scrisse il
Clareno, "commoverunt filium contra patrem et promotum contra promotorem
et dilectum olim discipulum et subditum contra diligentem magistrum et
pastorem" (Chronicon, p. 115). Si decise allora di procedere contro
di lui, e a Città della Pieve si riunì una commissione della quale facevano
parte Bonaventura e il cardinale Giovanni Gaetano Orsini (futuro Niccolò III)
protettore dell'Ordine; ciò avvenne intorno al 1262, comunque non prima del
1261, giacché il cardinale divenne protettore dei minori solo in quell'anno.
Alla richiesta relativa alle dottrine professate, il B. rispose, con formula
usuale, "se credere et semper credidisse de quaestione illa et de omnibus
aliis solum id quod Ecclesia tenet et sancti docent" (ibid., p. 127).
Tuttavia, ancora secondo il Clareno, Bonaventura col consenso degli altri frati
e dell'Orsini "determinavit... carceri eum perpetuo mancipare" (ibid.),
ma l'intervento del cardinale Ottobono Fieschi, che affermò: "fides
fratris Johannis est fides mea, et persona eius persona mea: ubi erit ipse et
ego ibidem cum ipso ero" (ibid., p. 128), valse a risparmiargli il
carcere. Ottenne di scegliere un convento in cui ritirarsi, e fu Greccio. Ivi
trascorse quasi trent'anni della sua vita.
La testimonianza di Angelo Clareno non è
disinteressata. Egli considera il processo "factum stupendum omni
menti" ibid., p. 126), la quarta persecuzione dell'Ordine compiuta
proprio da quel Bonaventura che al B. tanto doveva. Il Clareno conduce il
racconto sottolineando la durezza del comportamento di Bonaventura e ricorda la
visione - meglio, l'allegoria - di Giacomo da Massa nella quale Bonaventura è
visto armato di artigli, pronto a colpire il Buralli. Storici antichi, quale
l'Affò, negano che Bonaventura abbia presieduto il tribunale che giudicò il suo
predecessore, ma ormai tutti concordano nel ritenere che il racconto del
Clareno è sostanzialmente preciso; una conferma indiretta di ciò è da vedere
nel silenzio concorde delle altre fonti, soprattutto di Salimbene, che pure è
così attento a notare tutto ciò che riguarda il suo conterraneo. Resta da
interpretare l'operato di Bonaventura: in genere si pensa che il suo gesto sia
da considerare la risposta pratica (Manselli, p. 123) alle accuse rivolte ai
frati minori e quindi un atto politico che egli, nella sua qualità di generale,
non poté evitare (Gilson, pp. 24-26). Ma forse è da riesaminare questo capitolo
della biografia di Bonaventura anche alla luce dell'"idea" chegli
aveva dell'Ordine francescano, e quindi in un contesto più ampio, che va molto
al di là del singolo episodio.
Al B. la tradizione attribuisce molte opere. Il
Wadding (Scriptores, p. 398), riprendendo le varie indicazioni dei
cronisti, in particolare di Bartolomeo da Pisa (pp. 276, 337), ricorda il
commento alle Sentenze e i Quodlibeta; scritti sulla Bibbia;
l'ufficio della Passione (incipit: "Regem Christum crucifixum"); il De
beneficiis Creatoris (l'indicazione è tratta dal vecchio catalogo redatto
nel 1437 della Biblioteca di S. Francesco di Ferrara, p. 66); il Sacrum
commerciumb. Francisci cum domina Paupertate; il De conversione
religiosorum; Sermones plures ad fratres; il Liber de vitis
ss.fratrum minorum (seguendo l'attribuzione di Marco da Lisbona, II, 1, p.
29); Epistolae pastorales; infine accenna alla presunta attribuzione al B.
dell'Introductorius ad Evangelium aeternum.
Lo stato attuale delle conoscenze consente di fare i
seguenti rilievi. Del commento alle Sentenze si è trovata indicazione
nel catalogo della libreria raccolta da s. Giacomo della Marca (G.
Caselli, Alcuni codicidella libreria di s. Giacomo dellaMarca..., Montalto
Marche 1934, p. 43 n. 52: vedi A. Crivellucci, I codici della libreria
raccolta da s. Giacomodella Marca nel convento di S. Maria delle Grazie presso
Monteprandone, Livorno 1889, p. 104), mentre nessun'altra notizia si ha
dei Quodlibeta, degli scritti sulla Bibbia, del De
beneficiis e del De conversione. L'ufficio della Passione è forse
quello di s. Bonaventura (incipit: "Christum captum et derisum,
flagellatum et crucifixum", ma vedi Opera, VIII, ad Claras Aquas
1898, p. 153, dove si dà la variante "Regem Christum crucifixum"),
attribuito al Buralli. Dei Sermones resta quello conservato da Marco
da Lisbona (II, 1, cap. 38), oltre ai passi riportati da Salimbene. Per quanto
riguarda il Liber de vitis, attribuito anche a Crescenzio da Iesi che
ne ordinò la stesura, si veda l'edizione curata dal Lemmens (Roma 1902). Sul Sacrum
commercium, la cui attribuzione al B. è tutt'altro che sicura, si veda K.
Eszer, Untersuchungen zum "Sacrum commercium...", in Miscell.
M. de Pobladura, I, Roma 1964, pp. 1-33 (vedi anche J. Cambell, Glanes
franciscaines. La seconde compilation de Barcelone (Barcelona,Bibl. Centr., cód.
665), in Archivo ibero-americano, XXV [1965], pp. 229, 243). Per
quanto riguarda l'Introductorius, l'attribuzione a Gerardo è già in
Salimbene, né è più messa in discussione. Delle Epistolae, infine,
oltre alle due già citate (quella relativa alla liturgia promulgata a Metz nel
1254 e quella firmata insieme con il generale dei domenicani nel 1255), restano
le due edite in Callebaut, 1914, pp. 249 s., e in Gratien, Une lettre
inédite..., pp. 529 ss. Salimbene però ricorda che il B. introdusse nell'Ordine
l'uso delle "lettere di fratellanza" con le quali si mettevano a
parte dei beni spirituali dei francescani gli amici e i benefattori; ne restano
due: una del giugno 1254 data a Metz e indirizzata all'abate benedettino Nicola
e al convento di S. Vincenzo della città (il testo è edito da U. d'Alençon,
in Etudesfrancisc., XXIII [1910], pp. 95 s.) e l'altra del 6 sett. Dello
stesso anno a Ferrara e indirizzata "domino Iacobo de Buxolis et domine
Mabilie, uxori eiusdem, nec non et Anselixe predictorum dilecte filie"
(Salimbene, p. 435): il testo delle due è analogo (confronto in Delorme, p.
494), il che conferma l'informazione di Salimbene: "forma …litterarum,
quam dabat, erat huiusmodi, mutatis vocabulis personarum ut congruum erat"
(p. 435). Al B.è da attribuire la preparazione delle Ordinationes divini
officii, adottate dal capitolo generale del 1257, che costituiscono il
primo cerimoniale dell'Ordine (edito da G. Golubovich, in Arch. franc.
histor., III [1910), pp. 55-81). Secondo il Delorme (p. 499) sonoforse da
attribuirsi al B. le lettere anonime che si trovano in Firmamentum trium
Ordinum, parte I, f. XXIIIr.
Salimbene dà un gustoso ritratto della persona del B.:
di statura mediocre, ma piuttosto piccolo che grande, d'aspetto gradevole e ben
proporzionato, robusto e rotto alla fatica sia fisica sia intellettuale,
"vultum habebat angelicum et gratiosum et semper iocundum", ed era
"largus, liberalis, curialis, caritativus, humilis, mansuetus, benignus et
patiens"; predicava con tale fervore da muovere gli uditori alle lagrime ("ut
pluries vidi" nota il cronista); "linguam habebat disertissimam et
nunquam cespitantem. Scientiam habebat optimam, quia bonus gramaticus erat et
magister in loyca in seculo fuit, et in Ordine fratrum Minorum magnus theologus
fuit et magnus disputator..."; era esperto nella musica e abile nel canto;
"nunquam vidi ita velocem scriptorem et ita pulchrum atque veracem in
littera de valde legibili nota. Dictator nobilissimus fuit de stilo polito et
sententiosus valde, quando voluit, in suis epistolis" (pp. 433 s.).
Nel periodo in cui era a Greccio il B. fu invitato da
Giovanni XXI e da Niccolò III ad accettare la porpora, ma rifiutò. Chiese e
ottenne da Niccolò III di poter partire per l'Oriente, nonostante l'età
avanzata. Ma a Camerino si animalò e morì, il 19 0 il 20 marzo 1289. Il suo
culto (in qualità di beato) fu riconosciuto da Pio VI (1777); la sua festa
liturgica è stata fissata al 20 marzo.
Fonti e Bibl.: La fonte più antica e diretta per la
vita del B. è Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, Bari
1966, ad Indicem; ma sono da esaminare anche le cronache
dell'Ordine: Chronica XXIV Generalium, in Analecta francisc.,
III, ad Claras Aquas 1897, ad Indicem (vedi inoltre pp. 646-649, App.
II: De visione fr. Iohannis de Parma; pp. 693-707, App. IV: Chronicon
XIV vel XV Generalium Ministrorum O.f.m. seu Catalogus "Gonsalvinus" dictus...");
Bartholomaeus de Pisa, De conformitate vitae b. Francisci ad vitam d.
Iesu, ibid. IV, ibid. 1906, ad Indicem; Thomas de Eccleston, De
adventu fratrum minorum in Angliam, a cura di A. G. Little, Paris
1909, ad Indicem (pp. 1141-145, App. II: Peregrini de Bononia Chronicon
abbreviatum de successione ministrorum generalium; v. anche 2 ediz., Manchester
1951, ad Indicem); Francesco Venimbeni da Fabriano, Frammenti della Cronaca, a
cura di G. Pagani, in Arch. franciscanum historicum, LII (1959), p.
172; Paolino da Venezia, Chronica, in G. Golubovich, Biblioteca
bio-bibliografica... dell'Oriente francescano, II, Quaracchi 1913,
pp. 88, 94 (vedi anche ad Indices i docc. emanati o interessanti il
B.); Marco da Lisbona, Croniche dell'Ordine di s. Francesco, a cura
di H. Diola, Venezia 1586, passim. Si veda inoltre Niccolò da Calvi, Vita
Innocentii IV, a cura di F. Pagnotti, in Archivio della Società
romana di storia patria, XXI (1898), pp. 7-120. Per le fonti di
provenienza degli spirituali si vedano: Angelo Clareno, Chronicon seu
historia septem tribulationum Ordinis minorum, a cura di A. Ghinato, I,
Roma 1959, passim (ma vedi anche l'edizione parziale di F. Ehrle, in Archiv
für Liter. und Kirchengeschichte, II [1886], pp. 106-164, 249-336);
Id., Ad Alvarum Pelagium apologia pro vita sua, a cura di V. Doucet,
in Arch. franc. histor., XXXIX (1946), p. 108; Id., Expositio regulae
fratrum minorum, a cura di L. Oliger, Quaracchi 1912, pp. 91, 235;
Ubertino da Casale, Arbor vitae crucifixae Iesu, Venetiis 1485, l. V,
c. 3. Documenti o emanati dal B, o comunque interessanti la sua vita sono in:
J. H. Sbaralea, Bullarium franciscanum, I-II, Romae 1759-61, ad
Indices; Flaminii Annibali de Latera Supplementum ad Bull. franc., Romae
1780, ad Indicem; C. Eubel, Bullarii franciscani Epitome
supplementum, Quaracchi 1908, nn. 536, XXIII; H. Denifle-A.
Chatelain, Chartularium Universitatis Parisiensis, I, Parisiis 1889, ad
Indicem; M. Bihl, De capitulo generali O. m. Metensi anno 1254
adsignando,deque antiquo sigillo ministri generalis, in Arch. franc.
histor., IV (1911), pp. 425-435 (con riproduzione del sigillo del B.), A.
Callebaut, Lettres franciscaines..., ibid., VII (1914), pp. 249 s.;
Gratien O.M.C., Une lettre inédite de Jean de Parme, in Etudès
francisc., XXXIII (1921), pp. 529-531; H. Lippens, Provinciae Franciae
chartularium aliaque documenta saec. XIII, in Arch. franc. hist., XXX
(1937), p. 59.
Sulle opere del B., vedi: I. Trithemius, De
scriptoribus ecclesiasticis, Parisiis 1512; I. Affò, Memorie degli
scrittori ... parmigiani, I, Parma 1789, pp. 129-145; L.
Wadding-G. Sbaraglia, Scriptores Ordinis Minorum, Romae 1806, p. 398;
Id., Suppl. et castigatio ad scriptores..., II, Romae 1921, pp. 42 s.,
390. Sulla controversia universitaria: H. Felder, Les franciscains ont-ils
eu deux écoles universitaires à Paris de 1238à 1253?, in Etudes
francisc., XXV (1911), pp. 598-613 (precisazioni di M. Bihl, in Arch.
franc. histor., IV [1911], pp. 797 s.); Id., La controverse sur les
franciscains à l'université de Paris, ibid., XXVI (1911), pp. 586-591 (risposta
di M. Bihl, in Arch. franc. histor., V [1912], pp. 169 s.); Y.-M.-J.
Congar, Aspects ecclésiologiques de la querelle entre mendiants et
séculiers dans la seconde moitié du XIIIe s. et le début du XIVe, in Archives
d'hist. doctr. et litt. du Moyen Age, XXXVI (1961), pp. 35-151. Sui
rapporti con gli spirituali, vedi: H Denifle, Das Evangelium aeternum und
die Commissio zu Anagni, in Archiv für Literatur und
Kirchengeschichte, I (1885), pp. 40-142; H. Rousselot, Joachim de
Flore, Jean de Parme et la doctrine de l'évangil éternel, Paris 1867; René
de Nantes, Histoire des spirituels, Paris 1909, pp. 145-205; F.
Calley, L'idéalisme franciscain spirituel au XIVe siècle. Etude sur
Ubertin de Casale, Louvain 1911, passim; G. Bondatti, Gioachinismo
e francescanismo nel Dugento, Assisi 1924, pp. 60-63, 101-111; R.
Manselli, La "Lectura super Apocalipsim" di Pietro di
Giovanni Olivi, Roma 1955, pp. 104-123; M. D. Lambert, Franciscan
poverty. The doctrine of the absolute poverty... in the Franciscan Order
(1210-1323), London 1961, ad Indicem; M. Reeves, The influence
of prophecy in the later Middle Ages. A study in Joachimism, Oxford
1969, ad Indicem. Per l'atteggiamento di s. Bonaventura ci limitiamo
a ricordare, oltre a E. Gilson, La philosophie de st. Bonaventure, Paris
1929, anche I. Ratzinger, Die Geschichtstheologie des hl. Bonaventura, München
1959. Sul culto del B., vedi Acta Sanctorum martii, III, Antverpiae
1668, pp. 57-67; Sacra Rituum Congregatione cardinali Boschi Ponente
Camerinen. Canonizationis b.I. de Parma... super cultu immemorabili, Romae
1777. Vedi inoltre: F. Camerini, Vita del b. G. da Parma, Ravenna
1730; I. Affò, Vita del b. G. da Parma, Parma 1777; L. Canali, Vita
del b. G. da Parma, Quaracchi 1900; E. Gebhardt, L'Italie mystique, Paris
1904, pp. 200-219; F. M. Delorme, "Diffinitiones" capituli
generalis O. f.m. Narbonensis (1260), in Arch. franc. histor., III
(1910), pp. 491-504; Ubald d'Alençon, Thomas d'Eccleston,ses nouveaux
éditeurs et le chapitre général de Metz, in Etudes franciscaines, XXIII
(1910), pp. 95 s.; M. Bihl, Quo anno capitulum generale O.f.m. Metis
celebratum sit (1255), in Arch. franc. histor., III (1910), pp.
601-614; Id., De mora b. Iohannis Parmensis,Ragusi mense septembri
1250, ibid., V (1912), pp. 776 s.; Gratien de Paris, Hist. de la fondation
et de l'évolution de l'Ordre des frères mineurs au XIIIe s., Paris-Gembloux
1928, ad Indicem; J. Takács, Boldog Parmai János,a béke angyala, Budapest
1930; O. van der Vat, Die Anfänge der Franziskanermissionen und ihre
Weiterentwicklung im nahen Orient..., Werl in Westfalen 1934, ad Indicem;
V. Doucet Maîtres franciscains de Paris. Suppl. au "Répertoire..." de
P. Glorieux, in Arch. franc. histor., XXVII (1934), p. 532; M.
Bihl, Statuta generalia Ordinis..., ibid., XXXIV (1941), pp. 339 s.;
M. Roncaglia, Les frères mineurs et l'Eglise grecque orthodoxe au XIIIe s.
(1271-74), Le Caire 1954, pp. 100 ss.; R. B. Brooke, Early Franciscan
Government, Cambridge 1959, ad Indicem; L. Pisanu, Innocenzo IV
e i francescani (1243-54), Roma 1968; J. Moorman, A History of the
Franciscan Order, Oxford 1968, ad Indicem; Dictionn. de théol.
cath., VIII, coll. 794 ss.; Lex. für Theol. und Kirche, V, coll. 1068
s.; Bibl. Sanctorum, VI, coll. 636-639.
SOURCE : https://www.treccani.it/enciclopedia/buralli-giovanni-beato_(Dizionario-Biografico)