vendredi 4 janvier 2019

Bienheureuse CRISTIANA DA SANTA CROCE (ORINGA MENABUOI), vierge religieuse augustine et fondatrice


Church Santa Cristiana (Oringa Menabuoi), Santa Croce sull'Arno, Tuscany

Bienheureuse Christiane de la Sainte Croix

Religieuse augustine ( 1310)

Christine ou Chrétienne.

Christiane de la Sainte Croix est une des fondatrices de la branche féminine de la famille augustine. Elle était réputée pour son humilité, sa charité, la pureté de sa vie et son aptitude à la contemplation.
Née Oringa Menabuoi, vers 1237 en Italie, elle décida de se consacrer entièrement à Dieu, quitta sa famille, s'installa à Lucca où elle faisait des travaux ménagers puis s'installa à Rome. Lors d'un pèlerinage à Assise, elle décida d'établir une maison religieuse dans sa ville natale de Santa Croce et y établit un ermitage en 1279 suivant la règle de Saint Augustin

Ses parents étaient de fort pauvres paysans de Sainte-Croix près de Florence. Leur seule vraie richesse était leur foi qu'ils transmirent à Oringa leur fille. Elle gardait les troupeaux et en profitait pour prier. Très belle, trop belle même, mais elle ternissait la peau de son visage pour ne pas attirer les jeunes libertins. Orpheline de bonne heure, elle tomba sous la tutelle de ses frères qui, voulant la marier, lui firent subir des mauvais traitements. Elle quitta alors son village et entra au service d'une riche veuve de Rome. Après un pèlerinage qu'elle fit avec elle, Oringa décida de fonder un monastère, où elle entra à la mort de sa maîtresse. Là, nul ne connaissant son nom, le petit peuple l'appela Christiana à cause de sa vie exemplaire. Et c'est sous ce nom de Chrétienne que nous l'honorons désormais. 

À Santa Croce sull'Arno en Toscane, en 1310, la bienheureuse Christiane Menabuoi, vierge, qui fonda là un monastère sous la Règle de saint Augustin.

Martyrologe romain

SOURCE : https://nominis.cef.fr/contenus/saint/11325/Bienheureuse-Christiane-de-la-Sainte-Croix.html


Beata Cristiana da Santa Croce (Oringa Menabuoi) Vergine


Santa Croce sull'Arno, Pisa, 1240 - Firenze, 4 gennaio 1310

Battezzata con il nome di Oringa nacque a Santa Croce sull'Arno tra il 1237 e il 1240 in una famiglia di umili condizioni. Fin dall'infanzia cominciò a manifestare interesse verso la vita religiosa e la preghiera, che curava con particolare dedizione mentre era sola per badare alle pecore. Preferì dedicarsi al Signore e non volle sposarsi nonostante le pressioni dei familiari. Trasferita a Lucca si procurava vitto e vesti servendo come domestica. Nel 1265 intraprese un pellegrinaggio al santuario di San Michele al Gargano e a Roma aveva fatto voto di visitare i corpi dei martiri fino alla morte. Fu in questo periodo che venne chiamata con il nome di Cristiana. Ad Assisi il Signore le mostrò in visione la fondazione di una casa religiosa nel suo paese natio. Ottenuta una costruzione dal Comune, il 24 dicembre 1279 vi si rinchiuse con alcune compagne, dando inizio al monastero di Santa Maria Novella, posto dalla fondatrice sotto la regola di sant'Agostino e canonicamente riconosciuto nel 1296. Colpita da grave infermità, Cristiana morì il 4 gennaio 1310. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Santa Croce in Val d’Arno in Toscana, beata Cristiana (Oringa) Menabuoi, vergine, che fondò un monastero sotto la regola di sant’Agostino. 

La beata Cristiana Menabuoi, sebbene vissuta in un contesto storico-sociale lontano nel tempo, quando la santità si manifestava in particolare con i pellegrinaggi e con l’esperienza monacale, può anche oggi essere d’esempio, per quanti, volendo vivere con coerenza il proprio credo, vanno controcorrente. Oringa fu una donna coraggiosa, seguì la “via stretta” del Vangelo senza paura, nelle varie forme di vita che via via poté mettere in pratica. 


In un’umile famiglia di S. Croce sull’Arno, poco lontano da Pisa, all’epoca però diocesi di Lucca, Oringa nacque nel 1240. Presto orfana di madre, il padre Sabatino nutrì per lei un particolare affetto. Fin dalla tenera età la giovane volle mantenere candida la sua anima. Mettendo in pratica i precetti evangelici della carità, nel piccolo borgo natio ebbe modo di apprendere, grazie ad alcuni sacerdoti, i fondamenti della fede e la sostanza della Sacre Scritture. Verso i dieci anni cadde gravemente ammalata e fu costretta a stare lungamente a letto. Il suo paese era guelfo, fedele al papa e alla Chiesa, sentimenti che la giovane fece propri senza la contaminazione politica che, ai tempi, era causa di lotte cruente. Molto popolare era il movimento francescano il cui influsso Oringa unì alla devozione verso l’Arcangelo Michele. Non ricevette alcuna istruzione, come era normale ai tempi e fu posta dai fratelli a guardia del bestiame al pascolo. Trascorreva lunghe giornate immersa nella natura, ciò le permetteva una contemplazione singolare del Creato. Le cronache raccontano però del pessimo rapporto con i fratelli che erano alquanto rozzi. Proprio tali ingerenze la indussero, intorno ai vent’anni, a fuggire da casa per evitare un matrimonio imposto dalle esigenze economiche delle famiglie del paese. Oringa prese una decisione coraggiosa, rinunciò a tutto per seguire la via di Cristo. 

I primi ad ospitare la giovane furono, ad Altopascio, i frati ospitalieri - detti del Tau - dediti alla cura dei malati e all’accoglienza dei pellegrini. Tale esperienza consolidò la sua volontà di consacrarsi a Dio. Si diresse quindi a Lucca, dove giunse intorno al 1258. Per cinque anni visse nella città del “Santo Volto”, davanti al quale ebbe modo di pregare molte volte. Almeno fino al 1266 lavorò come domestica presso il Cavalier Cortevecchia, un nobile dalla vita esemplare. Erano tempi in cui le lotte tra guelfi e ghibellini sterminavano intere famiglie; è di quegl’anni la battaglia di Montaperti. Si organizzavano preghiere pubbliche cui certo Oringa non mancava di partecipare. Le giungeva l’eco delle violenze cui venivano sottoposte pure le sue terre natie. 

Oringa visse da laica una profonda spiritualità, contrastata però da violenti lotte contro il maligno. A difenderla fu il suo avvocato, l’Arcangelo Michele, e ciò la spinse a intraprendere un pellegrinaggio, con alcune compagne, sul Monte Gargano, per pregare nel venerato santuario. Avvolta dal silenzio di quel luogo santo, Oringa si raccolse in speciale contemplazione. Volle poi visitare il centro della cristianità, Roma, ma vi si trattenne per circa dieci anni. Un frate minore, Rinaldo, le procurò un lavoro al servizio di una nobile, chiamata Margherita, che era vedova. Oringa pregò nelle basiliche romane, sulle tombe dei martiri ed anche nell’Urbe rispose all’anelito di aiutare il prossimo sofferente. Con la pia nobildonna volle pregare alla Porziuncola di Assisi: qui il Signore le mostrò una casa e le ispirò la fondazione di un monastero nella sua S. Croce sull’Arno. Visitò ancora Castelfiorentino dove era ancora vivo il ricordo della beata Verdiana, morta nel 1242, una donna che dopo alcuni pellegrinaggi - Santiago e Roma - era vissuta da reclusa in una cella accanto ad un oratorio. Oringa veniva comunemente chiamata Cristiana per la sua condotta devota. 

Nel 1277 Oringa tornò nel suo borgo natio dove, insieme ad un gruppo di donne, diede vita ad una comunità secondo la regola delle terziarie francescane. Gli inizi non furono facili: si stabilì una collaborazione con l’autorità civica e con il vescovo, con il quale però i rapporti ebbero fasi alterne. Il 31 ottobre 1279 il Consiglio comunale concesse una casa in contrada San Nicola. Nel mese di dicembre ci fu la delibera e il perfezionamento della donazione. Ebbe il permesso di tenere con sé fino a dodici compagne. Costruirono quindi un oratorio per “la lode divina e fare atti di penitenza”: l’esemplarità di vita della comunità fece avere a Cristiana e alla consorelle una “lettera di fraternità” da parte del Maestro Generale degli Umiliati (1293), nel 1295 invece il Generale degli Agostiniani volle estendere alle religiose i “beni spirituali” dell’Ordine; nel 1296 il cardinale legato di Firenze confermò il potere alla comunità di eleggere la badessa; il 10 marzo 1298 un’altra lettera di fraternità fu data dal priore generale dei Servi di Maria. Il monastero fu dedicato a S. Maria Novella e a S. Michele, rispetto alla prima impostazione francescana, abbracciò poi la regola agostiniana, probabilmente per l’influenza di alcune personalità religiose del territorio. La data di appartenenza all’Ordine Agostiniano si può definire grazie ad una lettera del vescovo Paganello dei Porcari (gennaio 1294) che concesse alla comunità di Madre Cristiana “alcuni privilegi”, così come era abitualmente fatto con gli ordini “ufficiali”. Un Sostegno determinante venne anche dai vescovi, nonostante ciò le monache vissero sempre poveramente, tanto da essere costrette alla questua. Nel 1303 il vescovo lucchese Enrico del Carretto, francescano, esortò i fedeli a concedere elemosine affinchè potessero procedere i lavori di ampliamento del monastero, ricordando in particolare che in esso si solennizzava la festa della Immacolata Concezione della Vergine Maria. Tale consuetudine era già in atto nel 1290, come prova un decreto del vescovo Paganello. La beata Cristiana fece proprio e trasmise lo spirito di Sant’Agostino: “… abbiamo il comandamento di vivere uno core et anima in Dio”.

Cristiana dettò le Costituzioni del monastero, da cui si deduce lo stile di vita della comunità: “humiltà di core et corpo”, raccomandava di ”essere studiose” e di comportandosi “maturamente et pacificamente”; le cose spirituali erano da “preponre alle temporali”. Alcuni aneddoti tramandatici sono significativi: durante una carestia Cristiana aprì il monastero per i soccorsi, a ricordo di uno dei suoi miracoli ancor’oggi, in occasione della festa, si distribuiscono i cosiddetti “panellini”. Un giorno uscì dalla clausura e si presentò al Consiglio degli anziani del Comune scongiurando di usare, nella delicata situazione politica che viveva il suo borgo, le sole armi della diplomazia. Non la ascoltarono e le conseguenze portarono ad una dolorosa sconfitta. 

Raggiunta la soglia dei settant’anni, dopo tre anni di infermità, la beata Cristiana fu colpita da una paralisi completa del lato destro del corpo, afflitta da dolori acuti, ma confortata dalla preghiera. Alcuni testimoniarono che, avvicinandosi il suo trapasso, una luce brillò maggiormente sul suo volto. Circondata dalle consorelle, in un vicendevole scambio di tenerezza e affetto, Madre Cristiana morì il 4 gennaio 1310. Il corpo rimase esposto per diciotto giorni, perché ininterrotto fu il flusso dei devoti che vollero prestarle un ultimo saluto.

A metà del secolo XIV un anonimo scrisse la prima biografia: Castore Duranti (1300-1377) affermò d’aver raccolto le testimonianze di quanti la conobbero, in particolare delle consorelle. Possediamo inoltre importanti lettere che la beata scrisse a due vescovi di Lucca, ad alcuni benefattori e persino ad alcuni cardinali.

Già dal primo anniversario della morte le furono tributati onori e culto, confermati dalle autorità comunali. Molti ottennero grazie per sua intercessione e in una bolla del 26 ottobre 1386 il vescovo di Lucca, fra’ Giovanni Saluzzi, chiamò Cristiana con l’appellativo “beata”. Nel gonfalone quattrocentesco del municipio di S. Croce è raffigurato il volto della santa concittadina. 

Il corpo si mantenne incorrotto, ma il 20 agosto 1515 un terribile incendio lo danneggiò come avvenne a buona parte del monastero. Furono raccolte le ossa e poste in una statua. La conferma ufficiale del culto avvenne il 15 giugno 1776. San Giovanni Bosco, nel 1857, propose le vicende della beata Cristiana ai suoi giovani. Una statua in marmo della beata fu collocata presso la facciata del duomo di Orvieto, un'altra nel chiostro di  S. Croce a Firenze. Il monastero voluto e fondato dalla beata Cristiana è oggi uno dei più antichi d’Italia, sopravvissuto ad alterne vicende, vive e trasmette il carisma della sua fondatrice. 


PREGHIERA


O beata Cristiana, vero giglio di singolare purezza, per questa bella virtù che in tutto il corso della tua vita ti fece gareggiare con gli angeli, ti prego che dietro il tuo esempio io cominci a vivere davvero la vita dello spirito osservando esattamente la santa legge di Dio. Impetratemi la grazia che tanto desidero, purchè torni a gloria del Signore e a vantaggio dell’anima mia. 


O beata Cristiana, vero angelo di carità, che sempre dimentica di te stessa, ti spendesti per sollevare le miserie morali e fisiche del prossimo, tanto di aver cambiato il tuo nome in quello glorioso di Cristiana, fa’ che tutte le mie azioni siano informate da questa eccelsa virtù, segno distintivo dei seguaci di Cristo. Impetrami la grazia che tanto desidero, purchè torni a gloria del Signore e a vantaggio dell’anima mia.

O beata Cristiana, vero esempio di profonda umiltà, per questa virtù che ti assimilò ai più grandi santi, ottienimi di aver sempre il giusto concetto di me e di riporre tutta la mia confidenza nel Signore che esalta agli umili e resiste ai superbi. Impetrami la grazia che tanto desidero, purchè torni a gloria del Signore e a vantaggio dell’anima mia. 

O Padre che attiri al tuo Figlio i cuori degli uomini e riveli ai piccoli le meraviglie del tuo amore, concedi anche a noi di imitare nell’amore a Cristo Crocifisso e a Maria Immacolata la beata Cristiana da Santa Croce, nostra Patrona, e per sua intercessione aiutaci nelle nostre necessità.

Per informazioni:

Monastero Agostiniane di S. Cristiana
Via Viucciola n. 1
56029 Santa Croce sull’Arno (Pi)

Autore: Monastero Agostiniane di S. Cristiana

Beata Cristiana Menabuoi

(1237 - 1310)

Il monastero di S. Croce sull'Arno, vicino a Pisa, celebra nel XX secolo il settimo centenario della sua esistenza voluta dalla beata Cristiana Menabuoi, che lo iniziò come reclusorio nel 1279. Quindici anni dopo, nel gennaio 1294, fu trasformato in monastero. Come Chiara da Montefalco, anche Cristiana, che forse non conobbe la loro esperienza, cercò con successo di realizzare lo stesso ideale di vita religiosa. La sua vita e la fondazione del suo monastero sono sufficientemente conosciuti grazie soprattutto alla biografia di un anonimo, quasi contemporaneo, che riferisce le sue virtù e i suoi miracoli. Un'altra fonte di documenti interessantissimi sono le lettere che scambiò con due vescovi di Lucca, alcuni cardinali e altri benefattori. Nel prologo l'anonimo biografo assicura che narrerà " i fatti e i miracoli dei quali è stato testimone oculare, o che gli sono stati narrati da alcune religiose, che vissero per molto tempo con lei nel suo monastero o da vari altri testimoni." Secondo quanto racconta la beata Cristina, al secolo Oringa Menabuoi, nacque a S. Croce dell'Arno tra il 1237 e il 1240. Amante della purezza fin dall'infanzia, cercò di mantenere sempre candidi la mente e il cuore, dedicandosi a piccole opere di misericordia. I suoi genitori erano poveri lavoratori "di umile condizione sociale, che le imposero nel battesimo il nome di Oringa. Ma è notorio che durante la sua vita fu chiamata Cristiana". Restò presto orfana di madre e subì vari maltrattamenti dai suoi fratelli, non ultimo quello di volerla obbligare a sposarsi. Verso il 1259 decise di fuggire da casa e si rifugiò a Lucca, dove per cinque anni fu domestica di un nobile "ritenuto generalmente per uomo virtuoso e di vita esemplare".

In questo periodo con alcune sue compagne devotamente religiose andò in pellegrinaggio al santuario di S. Michele Arcangelo sul monte Gargano. Nel ritorno si trattenne vari anni a Roma al servizio di una nobile e pia vedova chiamata Margherita, dando tale esempio di virtù che "come divinamente ispirati cominciarono tutti a chiamarla Cristiana". Con la stessa nobildonna dimorò ad Assisi, dove "il Signore le mostrò in visione una casa edificata in un luogo e in un modo, in cui poi lei fece costruire il monastero di S. Croce."Verso il 1277 ritornò nel paese natale e incominciò a mettere in pratica il suo ideale di vita religiosa. Altre giovani seguirono il suo esempio desiderando condurre una vita dedicata al servizio di Dio. Dopo qualche comprensibile contrasto e incomprensione con il vescovo diocesano e con il clero locale, ella poté finalmente realizzare la sua opera. Su sua richiesta, il 31 ottobre del 1279 l'amministrazione comunale di S. Croce sull'Arno le concesse una casa "nella quale potessero vivere lei e le altre che le si unissero nel servizio del Signore". Il 14 novembre con un'altra deliberazione la municipalità le permise di tenere con sè fino a "dodici donne oneste e di buona fama" e il 24 dicembre dello stesso anno la medesima autorità dichiarava che quanto era stato concesso aveva il valore di "una donazione" (V. Cecchi, Una fondatrice toscana del secolo XIII e le sue Costituzioni (Santa Cristiana da Santa Croce sull'Arno), Firenze 1927, 83-103). Inizialmente questo romitorio non era agostiniano. Infatti come attesta con estrema chiarezza il documento del 14 novembre 1279 la Beata Cristiana e le sue compagne sono indicate come terziarie francescane. Continuarono sotto questa denominazione probabilmente per altri quindici anni fino al 1294. Un documento del 23 gennaio di quell'anno, in cui il vescovo Paganello dei Porcari, vescovo di Lucca, concedeva loro vari privilegi, le chiama infatti per la prima volta "monache dell'Ordine di S. Agostino."

Fu forse lo stesso vescovo a consegnare loro la regola del Santo, dopo che aveva loro permesso nel 1286 di costruire un oratorio "nel quale potete dedicarvi alla lode divina, fare atti di penitenza e recitare fruttuose orazioni."L'appartenenza all'Ordine di S. Agostino appare con maggiore evidenza nel breve, che il cardinale legato di Firenze Pietro Duraguerra indirizzò alle monache nel settembre del 1296, nel quale confermava quanto aveva loro imposto il suddetto vescovo e cioè "che viviate in perpetua clausura, che nel vostro monastero si osservi sempre la Regola di S. Agostino, che sia in vostro potere l'elezione dell'abbadessa." Tra le altre disposizioni il legato imponeva che rimanessero esenti dal pagare decime, censi, collette e ogni tipo di tributi, esattamente come le monache degli altri Ordini. La piena appartenenza all'Ordine agostiniano è confermata nel 1295 dal nuovo superiore generale degli agostiniani, Simone da Pistoia, il quale a Siena dichiarava che rendeva partecipi dei beni spirituali dell'Ordine "l'abbadessa e la comunità del monastero di S. Maria Novella del castello di S. Croce" per l'affetto, che avevano dimostrato verso l'Ordine agostiniano, "come abbiamo saputo dalla relazione dei nostri religiosi."Nel 1303 il nuovo vescovo di Lucca, Enrico Del Carretto, dell'Ordine di S. Francesco, esortava i suoi fedeli a contribuire con le loro elemosine a ultimare le opere del monastero di suor Cristiana "poiché nel suo oratorio si celebra tutti gli anni con speciale e sincera devozione la solennità della Concezione della Gloriosissima Vergine Maria."Nel 1309 per l'estrema povertà in cui versavano, le monache furono costrette a ricorrere alla questua, "quod ipsas oportet necessario mendicare", come accertò il cardinale Arnaldo Pellagrua, legato del papa Clemente V in Italia. I momenti di difficoltà vennero superati finalmente nel 1311 quando il cardinale Giacomo Colonna, grande ammiratore delle virtù di S. Chiara da Montefalco, le prese sotto la propria protezione. Fu così possibile procedere nel 1317 ad nuovo ampliamento del loro monastero, "propter multitudinem monalium", poiché grande era l'afflusso di nuove religiose. Nel frattempo Cristiana era già morta il 4 gennaio del 1310.

L'anonimo, che scrisse la sua vita nella prima parte di quel medesimo secolo, esalta la sua innocenza coltivata fin dalla giovinezza, il suo perfezionamento nella pratica della virtù, la sua capacità di penetrare la psiche delle persone, i suoi miracoli, le sue profezie e il suo trapasso. Quanto alla morte l'anonimo narra che "quando la serva di Dio era già settantenne ... una paralisi la immobilizzò nel letto per tre anni; perduta completamente la sensibilità del lato destro e afflitta da dolori acuti in tutte le parti del corpo, lei, con la preghiera quotidiana, li sopportava con gioia ... Mentre Cristiana si preparava ad uscire da questo mondo tenebroso, la luce dell'altro, verso il quale si incamminava, cominciò a risplendere sempre più nel suo volto e nella sua anima ... E nell'ora del suo transito il suo sembiante brillava di tale gioia, che era facile comprendere come quell'anima beatissima, morendo al mondo, cominciava a vivere nella felicità eterna ... Fece chiamare attorno a sé le sue consorelle e trattandole con tenerezza e con materno affetto e consolandole con soavi parole, spirò nel Signore ... Il suo corpo non fu sepolto nel tempo dovuto, ma rimase esposto diciotto giorni, senza che si notasse alcun indizio di corruzione ... Gli abitanti di S. Croce e una moltitudine straordinaria di persone, dell'uno e dell'altro sesso, dai paesi circonvicini vennero in processione e intonando cantici spirituali per venerare il corpo della Beata."

Le autorità di Santa Croce proclamarono il 4 gennaio giorno di festa per l'intera cittadina. Ancora oggi la devozione a "santa Cristiana", come viene chiamata nella sua terra d'origine, si mantiene viva in tutta la provincia lucchese e nelle regioni più distanti. Anche la sua memoria è ben conservata nei libri liturgici dell'Ordine agostiniano.

Il suo culto fu confermato il 15 giugno 1776.

LAMI, G., ed., Vita della beata Oringa C., in Deliciae eruditorum, Firenze 1769; S. GIOVANNI BOSCO, La vergine delle campagne, ossia Vita della b. aringa toscana detta Cristiana di Santa Croce, Torino 1872 (ultima ed., Santa Croce 1998); CHECCHI, V. OFM., Una fondatrice toscana del secolo XIII e le sue Costituzioni (Santa Cristiana da Santa Croce sull'Arno), Firenze 1927; DEL RE, N., Cristiana da Santa Croce (Oringa Menabuoi), beata, in BS. IV; Roma 1964 (rist. 1987) 324-25; PAPASOGLI, G., Uno core et anima in Dio. La Beata Cristiana da Santa Croce, Milano 1969; Vita della Beata Cristiana, vergine. Scritta da un anonimo contemporaneo della Beata, San Miniato 1978; GUTIÉRREZ, l/l, 268-71 (it. 387-391).

SOURCE : http://www.cassiciaco.it/navigazione/monachesimo/agiografia/beati/menabuoi.html

MENABUOI, Oringa

di Letizia Pellegrini - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 73 (2009)

MENABUOI, Oringa (Cristiana da Santa Croce). – Nacque a Santa Croce sull’Arno, non lontano da Pisa, tra il 1237 e il 1240 da umile famiglia.

Le notizie relative alla M. sino agli anni Settanta del XIII secolo sono fornite dalla Vita anonima (metà XIV secolo); successivamente sono invece disponibili documenti relativi al monastero da lei fondato.

Rimasta presto orfana, intorno al 1259 fuggì di casa – vuole l’agiografia, per evitare un matrimonio imposto dai fratelli – e trascorse cinque anni a Lucca, domestica presso un signore chiamato Cortevecchia. Da quel momento fino al ritorno a Santa Croce l’agiografia fa della M. una pellegrina: da Lucca (meta del pellegrinaggio al Volto Santo) si spostò al santuario di S. Michele al Gargano, poi a Roma. Qui, per l’intermediazione del frate minore Monaldo, visse presso una nobildonna, con la quale intraprese il pellegrinaggio alla Porziuncola di Assisi. L’itineranza della M. terminò a Castelfiorentino, centro del culto della beata Verdiana (1180-1242), terziaria francescana che, dopo pellegrinaggi a Santiago e a Roma, aveva condotto vita di reclusa in una cella presso l’oratorio di S. Antonio all’Elsa.

L’accostamento agiografico a Verdiana è chiave di interpretazione per le scelte della M. che presentano notevoli analogie con un nutrito gruppo di donne toscane del XIII secolo (Benvenuti, pp. 284-288). È in quegli anni che la M. cominciò a essere comunemente chiamata Cristiana, per la sua devota condotta.

Tornata a Santa Croce nel 1277, intraprese vita religiosa con un gruppo di compagne, inizialmente secondo la forma di vita delle terziarie francescane. Il passaggio dalla formazione terziaria allo strutturato monastero agostiniano si compì per gradi nel ventennio successivo, con il concorso dell’autorità civica e in rapporti alterni con l’episcopato lucchese detenuto in questi anni da Paganello Porcari (1274-1300) e da Enrico Del Carretto, già frate minore (1300-1323).

Da un lato le origini terziarie, dall’altro la tardiva ma consolidata forma agostiniana della comunità hanno determinato polemiche tra eruditi tese ad ascrivere la M. al rispettivo Ordine: Checchi e Giacinto da Pistoia argomentano la matrice francescana, mentre Lami (la cui opera, corredata da un’ingente edizione di fonti, resta la principale) sostiene l’appartenenza agostiniana.

Il primo documento relativo allo stanziamento della M. e compagne a Santa Croce è del 31 ott. 1279: un atto con il quale il Consiglio del Comune concedeva alla M. una casa in cui poter vivere con quante le si fossero unite; il 14 dic. 1279, con delibera del podestà e del Consiglio, viene effettuata – garante un procuratore – la donazione inter vivos (poi perfezionata con atto del 24 dic. 1279) di una casa in contrada S. Nicola concessa «a donna Oringa, fu Menabuoi, vestita dell’ordine di San Francesco» e alle altre donne che con lei facevano vita religiosa (Checchi, pp. 83-87).

La comunità è denominata «mulieres de poenitentia» in un documento del 26 maggio 1283, emanato del vescovo P. Porcari, con il quale si concedeva «a Oringa detta Cristiana e alle sue consorelle» la costruzione di un oratorio; e la M. è definita «vestita dell’abito di San Francesco» in un atto di compravendita del 28 ott. 1283, relativo alla piazza antistante la casa della comunità (ibid.).

Tra il 1293 e il 1298 il monastero della M. beneficiò di tre lettere di affiliazione: la prima lettera di fraternità è destinata alla comunità dal maestro generale degli umiliati nell’aprile 1293 (ibid., pp. 94 s.); poi nel 1295, da parte del neoeletto generale degli agostiniani Simone da Pistoia, che in occasione del capitolo generale di Siena dichiarava di rendere partecipi dei beni spirituali dell’Ordine «la badessa e la comunità del monastero di S. Maria Novella del castello di S. Croce» in ragione –con linguaggio formulare – «dell’affetto, che avevano dimostrato verso l’Ordine agostiniano»; infine (e dopo l’adozione della regola agostiniana) una lettera di fraternità viene emanata da Lotaringo, priore generale dell’Ordine dei servi di Maria il 10 marzo 1298.

Alcuni problemi sono relativi alla lettera di emanazione agostiniana: Lami non la riporta, e Checchi (p. 91) sostiene che egli non l’abbia pubblicata perché – in quanto lettera di affiliazione – sarebbe stata una prova della non appartenenza all’Ordine del monastero della M. (e quindi, secondo Checchi, della sua matrice francescana). Tuttavia Checchi si riferisce non ad atti ufficiali dell’Ordine, ma direttamente alla lettera inviata alle monache dicendola nota solo in copia seicentesca. Inoltre egli antedata la lettera di un decennio (1285), quando generale dell’Ordine non era Simone da Pistoia.

Su base documentaria, il passaggio compiuto all’Ordine agostiniano – presumibilmente condizionato dagli influenti canonici lucchesi di S. Frediano e sostenuto dagli eremitani del convento di Gello in Corniano – è attestato inequivocabilmente da una lettera del vescovo P. Porcari (23genn.1294), indirizzata «alla badessa e al convento delle monache dei Santi Maria Novella e Michele di Santa Croce dell’Ordine di Sant’Agostino» (Checchi).

Nonostante diversi incentivi dati alla fondazione dal vescovo E. Del Carretto (che nel 1303 aveva esortato i fedeli a elargire elemosine per ultimare la costruzione del monastero, cfr. Checchi, pp. 101 s.), nel 1309 il cardinale Arnaldo Pellagrua, legato di Clemente V in Italia, conferiva l’indulgenza a quanti avessero sostenuto la comunità con elemosine, avendo accertato che le monache erano costrette a ricorrere alla questua.

La M. morì a Santa Croce sull’Arno (settantenne, dice l’agiografo, e dopo tre anni di infermità) il 4 genn. 1310.

Il suo culto locale, caratterizzato da notevoli valenze civiche, progressivamente approvato, fu definitivamente confermato il 15 giugno 1776.

Fonti e Bibl.: Vita della beata Cristiana, vergine, fondatrice del monastero di S. Maria Novella e di S. Michele Arcangelo in Santa Croce (oggi monastero della Beata Cristiana), San Miniato 1978; O. Martini, La miracolosa vita et morte della gloriosa vergine santa Cristiana da Santa Croce del Valdarno di sotto…, Siena 1593; G. Lami, Vita della b. O. Cristiana, fondatrice del venerabile convento di S. Maria Novella e di S. Michele Arcangelo dell’Ordine agostiniano nella terra di Santa Croce in Toscana, Firenze 1769; G. Bosco, La vergine delle campagne, ossia Vita della b. O. toscana detta Cristiana di Santa Croce, Torino 1872; D. Morosi, Vita della b. Cristiana fondatrice delle suore agostiniane, Firenze 1904; M. Baciocchi De Peon, La vergine O., Firenze 1926; V. Checchi, Una fondatrice toscana del secolo XIII e le sue costituzioni: s. Cristiana da Santa Croce sull’Arno, Firenze 1927; P. Pacchiani, La vergine santacrocese: s. Cristiana, San Miniato 1939; Giacinto da Pistoia, La beata Cristiana da Santa Croce, Firenze 1939; Id., La beata Cristiana terziaria francescana…, in Italia francescana, XV (1940), pp. 333-344; G. Papasogli, Uno core et anima in Dio: la beata Cristiana da Santa Croce, Milano 1969; D. Gutierrez, Gli agostiniani nel Medioevo, I, 1, Roma 1986, pp. 387-391; A. Benvenuti, «In castro poenitentiae». Santità e società femminile nell’Italia medievale, Roma 1990, pp. 110, 111 n., 120-123, 125, 135, 250, 270 s., 274-276, 279, 281-291, 293, 295, 297-299, 301, 311, 369, 374, 575; I. Gagliardi,Giovanni Lami e O. M., in Giovanni Lami e il Valdarno inferiore. I luoghi e la storia di un erudito del Settecento, Pisa 1997, pp. 209-236; F. Rojo, B. Cristiana da Santa Croce, in Il fascino di Dio. Profili di agiografia agostiniana, Roma 2000, pp. 71 s.;Lexikon für Theologie und Kirche, II, col. 1125; Bibliotheca sanctorum, IV, coll. 324 s.; Dizionario degli Istituti di perfezione, VI, coll. 824 s.

L. Pellegrini

SOURCE : https://www.treccani.it/enciclopedia/oringa-menabuoi_(Dizionario-Biografico)/