samedi 17 février 2024

Bienheureuse ASCENSIÓN DE SAN JOSÉ (ISABEL SÁNCHEZ ROMERO) vierge moniale dominicaine et martyre

 

Bienheureuse Isabel Sánchez Romero

Martyre de la guerre en Espagne (+ 1937)

décret du 11 décembre 2019, en italien, reconnaissance du martyre de la Servante de Dieu Isabella Sánchez Romero (en religion: Ascensión de San José), moniale dominicaine.

Décrets de la Congrégation pour les Causes des saints, Vatican News du 12 décembre 2019.

Isabella Sánchez Romero (en religion: Ascensión de San José), moniale dominicaine, tuée en haine de la foi durant la guerre d’Espagne, le 17 février 1937 à Huéscar.

Née le 9 mai 1861 à Huéscar et morte le 16 février 1937.

Religieuse entrée à ​​l'âge de 17 ans au monastère des Sœurs Dominicaines elle a pris le nom d'Ascension de San José.

Sœur Isabel Sánchez Romero, 76 ans, a été assassinée par haine de la foi pendant la guerre civile espagnole (1936-1939). Les miliciens ont voulu la forcer à blasphémer, mais elle a refusé et a été tuée à coups de pierre.

-- Sources et ressources de l'ordre des prêcheurs

SOURCE : https://nominis.cef.fr/contenus/saint/13419/Bienheureuse-Isabel-S%C3%A1nchez-Romero.html#:~:text=12%20d%C3%A9cembre%202019.-,Isabella%20S%C3%A1nchez%20Romero%20(en%20religion%3A%20Ascensi%C3%B3n%20de%20San%20Jos%C3%A9),morte%20le%2016%20f%C3%A9vrier%201937.



Blessed Isabel Sánchez Romero

Memorial

17 February

Also known as

Sister Asunción of Saint Joseph

Sister Ascensión de San José

Isabella…

Profile

Isabella joined the Dominicans at age 17, taking the name Sister Ascensión de San José; she was known as an obedient, silent, hardworking and humble sisterImprisoned and abused by antiCatholic Communist forces in the Spanish Civil War, she was ordered to renounce her faith and blaspheme; her captors apparently thought it would be funny to see a 76 year old nun do so. She refused. She was murdered with a group of fellow Christians, including her nephew Florencio. She was the last one killed, she never stopped praying during the massacre, and her captors decided not to simply shoot her like the others, but to beat her to death with a rock. Martyr.

Born

9 May 1861 in Huéscar, GranadaSpain

Died

skull smashed with a rock on 17 February 1937 at the cemetery in Huéscar, GranadaSpain

Venerated

11 December 2019 by Pope Francis (decree of martyrdom)

Additional Information

other sites in english

Hagiography Circle

Holy See Press Office

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InfoCatolica

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La fête des prénoms

Vatican News

fonti in italiano

Santi e Beati

MLA Citation

“Blessed Isabel Sánchez Romero“. CatholicSaints.Info. 17 February 2023. Web. 17 February 2024. <https://catholicsaints.info/blessed-isabel-sanchez-romero/>

SOURCE : https://catholicsaints.info/blessed-isabel-sanchez-romero/

27 Dominican martyrs of Spanish Civil War to be beatified in June

By ACI Prensa

Seville, Spain, Mar 9, 2022 / 16:19 pm

On June 18 the Seville Cathedral will host the beatification of 27 Dominican martyrs of the Spanish Civil War.

Although the beatification was approved by Pope Francis in December 2019, due to the coronavirus pandemic it had to be postponed.

The Spanish Civil War was fought from 1936 to 1939 between the Nationalist forces, led by Francisco Franco, and the Republican faction. During the war, Republicans martyred thousands of clerics, religious, and laity; of these, 11 have been canonized, and more than 2,000 beatified.

The 27 martyrs are in three groups: Angelo Marina Álvarez and 19 companions; Giovanni Aguilar Donis and five companions; and Isabel Sánchez Romero.

Angelo Marina Álvarez and his companions were friars from Assumption convent in Almagro who were expelled from the convent and held in a house. They were martyred in Almagro and in nearby towns between July and August 1936. Their remains will be transferred to Seville, where they will be venerated in Saint Thomas church.

Giovanni Aguilar Donis and his companions were Dominican martyrs of Almeria in 1936. One of them, Fructuoso Pérez Márquez, was a layman and Dominican tertiary who was a journalist.

Isabel Sánchez Romero, known in religion as Sister Ascensión de San José of the Mother of God monastery in Huéscar, was martyred Feb. 16, 1937, at the age of 76.

The Order of Preachers currently has around 300 beatified members, to whom these 27 martyrs will be added and who, according to a statement, "are a model of life for Catholics, signs of love, forgiveness and peace.”

Among those present at the beatification will be Cardinal Marcello Semeraro, Prefect of the Congregation for the Causes of Saints; Archbishop José Ángel Saiz Meneses of Seville; and Fr. Gerard Timoner, OP, Master General of the Order of Preachers.

SOURCE : https://www.catholicnewsagency.com/news/250625/27-dominican-martyrs-of-spanish-civil-war-to-be-beatified-in-june

Beata Ascensione di San Giusepppe (Isabella Sánchez Romero) Vergine domenicana, martire

17 febbraio

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

Huéscar, Spagna, 9 maggio 1861 - 17 febbraio 1937

Nata nel 1860 a Granada, Isabel era entrata a 17 anni nel convento delle Domenicane e aveva adottato il nome di Ascensione di San Giuseppe. Descritta da Vatican News come obbediente, silenziosa, lavoratrice e umile, non si lamentava neanche delle ferite che le coprivano il corpo a seguito di una rara malattia. Nel contesto della sanguinosa persecuzione religiosa perpetrata in Spagna durante la Guerra Civile, Isabel venne arrestata nel febbraio 1937, e nonostante l’età avanzata venne gettata in prigione dai miliziani repubblicani socialisti, che volevano che fosse blasfema. La religiosa venne portata con altri detenuti per essere fucilata in un cimitero. I miliziani non esitarono a gettarla brutalmente nella camionetta su cui non era riuscita a salire da sola a causa dell’età. Al cimitero la suora venne obbligata ad assistere all’assassinio dei suoi compagni di martirio, tra i quali il nipote Florencio. Non smise mai di pregare. Quando giunse il suo momento, non venne fucilata. I miliziani preferirono metterle una pietra sulla testa e colpirla con un’altra, rompendole il cranio. Papa Francesco ha riconosciuto il suo martirio in odio alla fede l'11 dicembre 2019.

Isabel Aguilar Donis nacque il 9 maggio 1861 a Huéscar e fu battezzata il 12 dello stesso mese, nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore della sua città, allora appartenente alla diocesi di Toledo e alla provincia di Granada. Sei mesi dopo, l’11 novembre 1861, ricevette la Cresima nella chiesa parrocchiale di Santa Maria a Orce.

I suoi genitori si chiamavano Andrés e Josefa e possedevano una casa di campagna o “cortijo”, tra le città di Huéscar e Orce, presso Granada. Erano contadini benestanti, buoni cristiani, e davano ai loro otto figli, tre maschi e cinque femmine, dei quali Isabel era la penultima in assoluto, un'educazione attenta, soprattutto religiosa.

Nel maggio 1884, a ventitrè anni, iniziò il noviziato nel convento domenicano di Huéscar intorno al maggio 1884. A partire dalla vestizione religiosa aggiunse al secondo nome di Battesimo, Ascensión, l’appellativo religioso “di San Giuseppe”; per brevità, era chiamata “suor San Giuseppe”.

Era “religiosa di obbedienza”, ossia non seguiva la recita comunitaria dell’Ufficio Divino perché impegnata in vari servizi. Professò i voti all’inizio dell’ottobre 1885. Secondo la testimonianza della consorella suor Concezione Martínez Navas, era disponibile verso tutti, amichevole, paziente, equilibrata.

Le piaceva stare con le consorelle giovani, che non si stancavano mai della sua presenza; anzi, se non c’era, si sentiva la sua mancanza. La sua vita si svolgeva in un'atmosfera di semplicità infantile e d’innocenza che incantava tutti.

Suor San Giuseppe traeva la propria forza vivendo costantemente alla presenza di Dio, specialmente attraverso l’adorazione del Santissimo Sacramento e la recita del Rosario, che compiva con grande rispetto. Per molti anni ebbe il compito di addetta alla ruota, grazie alla sua prudenza e alla capacità di mantenere il silenzio.

Se era colta dagli scrupoli, manifestava totale obbedienza alle indicazioni della superiora e ritrovava la pace. Affetta da una grave malattia, che le causò piaghe dalla testa ai piedi, la sopportò con pazienza e talvolta con gioia, nascondendo le proprie sofferenze. Infine, conservava nel proprio cuore quello che sentiva nei discorsi o che leggeva.

Il 4 agosto 1936, a pochi mesi dallo scoppio della guerra civile spagnola, le monache dovettero lasciare il convento della Madre di Dio, che venne saccheggiato. Trovarono rifugio presso parenti e benefattori: fu lo stesso per suor San Giuseppe, ospitata dalla nipote Ascensión Reche, moglie di Alfredo Motos, nella stessa città di Huéscar. La sua priora continuò a interessarsi a lei.

A Huéscar, la persecuzione si intensificò all’inizio del febbraio 1937. Suor San Giuseppe, alle prime notizie, aveva avuto paura, perché non si sentiva sicura di sé; intensificò allora la propria preghiera. I familiari erano anche loro preoccupati, perché sapevano che si sarebbe scoperto presto che non era un’anziana laica.

In effetti, fu arrestata il 16 febbraio, in casa dei suoi ospiti, per la sola colpa di avere al collo un crocifisso. Imprigionata nelle cantine del municipio, fu obbligata a bestemmiare, ma rispose con brevi giaculatorie. I carcerieri la picchiarono duramente, lasciandola a terra, riversa nel proprio sangue.

Il giorno dopo le ordinarono di alzarsi, ma, vedendo che non ne aveva la forza, la caricarono su di un camion, dov’erano altri prigionieri. Arrivati alle porte del cimitero di Huéscar, fucilarono per primi i prigionieri, tra i quali era compreso Florencio, nipote della monaca, quindi si rivolsero a lei.

Di nuovo le ordinarono di bestemmiare, ricevendo un nuovo diniego. A quel punto, spinsero la sua testa contro una pietra, mentre con un’altra pietra gliela fracassarono. Intanto lei esclamava: «Viva Cristo Re!». Erano le prime ore del 17 febbraio 1937; suor San Giuseppe stava per compiere settantasei anni.

A fronte della perdurante fama di martirio che l’aveva circondata, fu aperta la sua causa di beatificazione e canonizzazione. Presso la diocesi di Guadix fu celebrata l’inchiesta diocesana, dal 5 dicembre 1995 al 18 marzo 1997, i cui atti furono convalidati il 19 febbraio 1999.

La “Positio super martyrio”, fu sottoposta il 10 giugno 2014 al giudizio dei Consultori Storici. Seguì la discussione sul martirio: il 23 ottobre 2018 il Congresso dei Consultori Teologi espresse parere favorevole, confermato, il 10 dicembre 2019, dalla Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi.

L’11 dicembre 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto sul martirio di suor San Giuseppe.

Fu beatificata il 18 giugno 2022 nella cattedrale di Siviglia, nella Messa presieduta dal cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, come inviato del Santo Padre. Nella stessa celebrazione vennero elevati agli onori degli altari venti Domenicani di Almagro e cinque Domenicani di Almería, nella cui causa era compreso un Terziario domenicano.

Autore: Emilia Flocchini

SOURCE : https://www.santiebeati.it/dettaglio/98333

Isabel Sánchez Romero

(1861-1937)

BEATIFICAZIONE:

- 18 giugno 2022

- Papa  Francesco

 Celebrazione

Omelia nella beatificazione

Le parole del Santo Padre

Video della beatificazione

Biografia su dominicos.org

Vatican News sulla beatificazione

Religiosa, monaca professa dell’Ordine di San Domenico, uccisa a 76 anni il 16 febbraio 1937 per essersi rifiutata di bestemmiare, martire, vittima della persecuzione contro i cattolici durante la guerra civile spagnola

 Le sue ultime parole furono: “Viva Cristo re!”

    Isabel Sánchez Romero nacque a Huéscar presso Granada, in Spagna, il 9 maggio 1861. Quattro giorni dopo fu recata al fonte battesimale e l’11 novembre dello stesso anno ricevette il sacramento della confermazione.

    Penultima di otto figli, visse l’infanzia e l’adolescenza nella sua famiglia, di condizioni economiche piuttosto modesta, e ricevette una buona educazione umana e cristiana. In età giovanile entrò nel convento domenicano «La Consolación» di Huéscar e il 2 ottobre 1885 emise la professione dei voti.

    Visse la consacrazione religiosa con spirito di pietà, di servizio e di comunione. Era una donna di carattere modesto, ma alquanto scrupoloso. Tuttavia, profondamente e serenamente radicata nella fede, visse in sincera comunione con il Signore, nella linea della spiritualità domenicana, Pervenne, così, ad una maturità spirituale, che si esprimeva in una intensa preghiera al Santissimo Sacramento, unita a grande umiltà e generosità nel servizio. Completamente dimentica di se stessa, Suor Ascensión de San José con assoluta semplicità tutto orientava alla maggior gloria di Dio e alla salvezza dei fratelli.

    All’inizio della guerra civile, le monache decisero di lasciare il loro convento e rifugiarsi presso le case di persone amiche. La Serva di Dio fu accolta da suoi parenti nella stessa città di Huéscar; ma, dopo pochi giorni, i miliziani, le cui fila erano andate infoltendosi, la sera del 16 febbraio 1937 irruppero in casa. La Serva di Dio subì una serie di maltrattamenti brutali da parte dei persecutori, senza alcuna considerazione dell’età, quasi 76 anni, e dell’infermità che l’aveva accompagnata per tutta la vita.

    Al mattino del 17 febbraio 1937 fu uccisa a Huéscar. I carnefici manifestarono verso la Serva di Dio una particolare ferocia, imponendole di assistere alle torture inflitte agli altri detenuti e torturandola prima di ucciderla, perché si rifiutava di bestemmiare.

    Ella accettò il martirio e visse quei momenti con fiducia nella Provvidenza, perseverando sino alla fine. Le sue ultime parole furono: “Viva Cristo re!”.

SOURCE : https://www.causesanti.va/it/santi-e-beati/isabel-sanchez-romero.html

Il pensiero del Papa ai 27 martiri spagnoli beatificati a Siviglia

All'Angelus, la preghiera di Francesco per i nuovi Beati. Sabato, a Siviglia, la Messa presieduta dal cardinale prefetto delle Cause dei Santi: quella del cristiano nel mondo non è mai una situazione comoda e facile, guardiamo alla vita dei martiri domenicani perché la speranza si fa più solida quanto più dure sono le prove da sopportare per amore di Dio

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Alla preghiera mariana di domenica 19 giugno, dalla finestra di Piazza San PIetro, il Papa ha ricordato che pur nella crudeltà che segnò la guerra civile spagnola non mancarono esempi di fede luminosa come quella dei 27 nuovi martiri che  la Chiesa ha beatificato ieri a Siviglia. Francesco ha citato i loro nomi all'inizio del post Angelus: 

Ieri, a Siviglia, sono stati beatificati alcuni religiosi della famiglia Domenicana: Angelo Marina Alvarez e diciannove compagni; Giovanni Aguilar Donis e quattro compagni, dell'Ordine dei Frati Predicatori; Isabella Sanchez Romero, anziana monaca dell'Ordine di San Domenico, e Fruttuoso Perez Marquez, laico terziario domenicano. Tutti uccisi in odio alla fede nella persecuzione religiosa che si verificò in Spagna nel contesto della guerra civile del secolo scorso. La loro testimonianza di adesione a Cristo e il perdono per i loro uccisori ci mostrano la via della santità e ci incoraggiano a fare della vita un'offerta d'amore a Dio e ai fratelli.

Ha concluso chiedendo un applauso per i nuovi Beati.

La Messa celebrata dal Prefetto Semeraro a Siviglia

Nella Messa celebrata nella cattedrale di Siviglia dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, sono state ricordate le figure di Angelo Marina Alvarez e 19 compagni, dell’Ordine dei Frati Predicatori; Giovanni Aguilar Donis e 4 Compagni, dell’Ordine dei Frati Predicatori; Fruttuoso Pérez Marquez, laico del Terz'Ordine di San Domenico; Isabella Sanchez Romero, monaca professa dell'Ordine delle Suore Domenicane, uccisi in odio alla fede. “Una moltitudine che ha lavato le proprie vesti nel sangue dell’Agnello”

I nostri nuovi Beati furono persone umanamente molto diverse per il loro carattere, le loro storie personali. Li accomunava, però, il carisma di san Domenico: una scelta vocazionale, la loro, vissuta con fedeltà, coerenza, generosità.

Il candore

Tra le figure che il cardinale Semeraro mette in luce c’è Suor Ascensiòn de San José. “A lei fu chiesto di bestemmiare e calpestare il crocifisso: si rifiutò - afferma il porporato - e le fu spaccato il cranio. Non rinnegò la fede; anzi, morì osannando a Cristo Re e lodando il Santissimo Sacramento. Sapeva bene, Suor Ascensiòn, che il sangue dell'Agnello conferisce candore perché è il sangue ‘sparso per molti in remissione dei peccati’”.

Testimoni del Vangelo

Citando l’Evangelii nuntiandi di San Paolo VI, il prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi si sofferma sulla “proclamazione silenziosa ma molto forte ed efficace della Buona Novella”. Una definizione che ben si adegua a quella dei nuovi beati.

Siamo anche consapevoli, però, che il Signore non ci manda in una situazione comoda e facile! Ce lo ricordano i nostri Martiri. Quella del cristiano nel mondo non è mai una situazione comoda e facile.

Confortati nella speranza

Lo ricorda anche Papa Francesco nella Gaudete et exsultate quando ricorda che “le persecuzioni non sono una realtà del passato, perché anche oggi le soffriamo, sia in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, sia in un modo più sottile, attraverso calunnie e falsità”.

Guardiamo, allora, all’esempio dei nostri Martiri per sentircene confortati. San Gregorio magno scriveva che tanto più solida sorge in noi la speranza, quanto più dure sono le prove sopportate per amore di Dio. Abbiamo fiducia, nonostante le nostre fragilità. La sua forza Dio la rivela proprio nei deboli e anche agli inermi egli dona la forza del martirio”.

SOURCE : https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2022-06/beatificazione-spagna-guerra-civile-martiri-semeraro.html

SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro

Domenica, 19 giugno 2022

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e buona domenica!

In Italia e in altri Paesi oggi si celebra la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. L’Eucaristia, istituita nell’Ultima Cena, fu come il punto di arrivo di un percorso, lungo il quale Gesù l’aveva prefigurata mediante alcuni segni, soprattutto la moltiplicazione dei pani, raccontata nel Vangelo della Liturgia odierna (cfr Lc 9,11b-17). Gesù si prende cura della grande folla che lo ha seguito per ascoltare la sua parola ed essere liberata da vari mali. Benedice cinque pani e due pesci, li spezza, i discepoli distribuiscono, e «tutti mangiarono a sazietà» (Lc 9,17), dice il Vangelo. Nell’Eucaristia ognuno può fare esperienza di questa amorosa e concreta attenzione del Signore. Chi riceve con fede il Corpo e il Sangue di Cristo non solo mangia, ma viene saziato. Mangiare ed essere saziati: si tratta di due fondamentali necessità, che nell’Eucaristia vengono appagate.

Mangiare. «Tutti mangiarono», scrive San Luca. Sul far della sera i discepoli consigliano a Gesù di congedare la folla, perché possa andare a cercare il cibo. Ma il Maestro vuole provvedere anche a questo: a chi lo ha ascoltato vuole dare pure da mangiare. Il miracolo dei pani e dei pesci non avviene però in maniera spettacolare, ma quasi riservatamente, come alle nozze di Cana: il pane aumenta passando di mano in mano. E mentre mangia, la folla si rende conto che Gesù si prende cura di tutto. Questo è il Signore presente nell’Eucaristia: ci chiama ad essere cittadini del Cielo, ma intanto tiene conto del cammino che dobbiamo affrontare qui in terra. Se ho poco pane nella borsa, Lui lo sa e se ne preoccupa.

Talvolta c’è il rischio di confinare l’Eucaristia in una dimensione vaga, lontana, magari luminosa e profumata di incenso, ma lontana dalle strettoie del quotidiano. In realtà, il Signore prende a cuore tutti i nostri bisogni, a partire da quelli più elementari. E vuole dare l’esempio ai discepoli, dicendo: «Voi stessi date loro da mangiare» (v. 13), a quella gente che lo aveva ascoltato durante la giornata. La nostra adorazione eucaristica trova la sua verifica quando ci prendiamo cura del prossimo, come fa Gesù: attorno a noi c’è fame di cibo, ma anche di compagnia, c’è fame di consolazione, di amicizia, di buonumore, c’è fame di attenzione, c’è fame di essere evangelizzati. Questo troviamo nel Pane eucaristico: l’attenzione di Cristo alle nostre necessità, e l’invito a fare altrettanto verso chi ci è accanto. Bisogna mangiare e dare da mangiare.

Oltre il mangiare, però, non deve mancare l’essere saziati. La folla si saziò per l’abbondanza di cibo, e anche per la gioia e lo stupore di averlo ricevuto da Gesù! Abbiamo certo bisogno di alimentarci, ma anche di essere saziati, di sapere cioè che il nutrimento ci venga dato per amore. Nel Corpo e nel Sangue di Cristo troviamo la sua presenza, la sua vita donata per ognuno di noi. Non ci dà solo l’aiuto per andare avanti, ma ci dà sé stesso: si fa nostro compagno di viaggio, entra nelle nostre vicende, visita le nostre solitudini, ridando senso ed entusiasmo. Questo ci sazia, quando il Signore dà senso alla nostra vita, alle nostre oscurità, ai nostri dubbi, ma Lui vede il senso e questo senso che ci dà il Signore ci sazia, questo ci dà quel “di più” che tutti cerchiamo: cioè la presenza del Signore! Perché al calore della sua presenza la nostra vita cambia: senza di Lui sarebbe davvero grigia. Adorando il Corpo e il Sangue di Cristo, chiediamogli con il cuore: “Signore, dammi il pane quotidiano per andare avanti, Signore saziami con la tua presenza!”.

La Vergine Maria ci insegni ad adorare Gesù vivo nell’Eucaristia e a condividerlo con i nostri fratelli e sorelle.

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle!

Ieri, a Siviglia, sono stati beatificati alcuni religiosi della famiglia Domenicana: Angelo Marina álvarez e diciannove compagni; Giovanni Aguilar Donis e quattro compagni, dell’Ordine dei Frati Predicatori; Isabella Sánchez Romero, anziana monaca dell’Ordine di San Domenico, e Fruttuoso Pérez Marquez, laico terziario domenicano. Tutti uccisi in odio alla fede nella persecuzione religiosa che si verificò in Spagna nel contesto della guerra civile del secolo scorso. La loro testimonianza di adesione a Cristo e il perdono per i loro uccisori ci mostrano la via della santità e ci incoraggiano a fare della vita un’offerta d’amore a Dio e ai fratelli. Un applauso ai nuovi Beati.

Giunge ancora dal Myanmar il grido di dolore di tante persone a cui manca l’assistenza umanitaria di base e che sono costrette a lasciare le loro case perché bruciate e per sfuggire alla violenza. Mi unisco all’appello dei Vescovi di quell’amata terra, perché la Comunità internazionale non si dimentichi della popolazione birmana, perché la dignità umana e il diritto alla vita siano rispettati, come pure i luoghi di culto, gli ospedali e le scuole. E benedico la comunità Birmana in Italia, oggi qui rappresentata.

Mercoledì prossimo, 22 giugno, inizierà il X Incontro Mondiale delle Famiglie, che avrà luogo a Roma e contemporaneamente in maniera diffusa in tutto il mondo. Ringrazio i vescovi, i parroci e gli operatori della pastorale familiare che hanno convocato le famiglie a momenti di riflessione, di celebrazione e di festa. Ringrazio soprattutto gli sposi e le famiglie che daranno testimonianza dell’amore familiare come vocazione e via di santità. Buon incontro!

E ora saluto tutti voi, romani e pellegrini di vari Paesi, in particolare gli studenti della London Oratory School. Saluto i partecipanti al primo Corso di pastorale dell’accoglienza e della cura “Vita nascente”; i fedeli di Gragnano e l’Associazione ciclistica “Pedale Sestese” di Sesto San Giovanni. E non dimentichiamo il martoriato popolo ucraino in questo momento, popolo che sta soffrendo. Io vorrei che rimanga in tutti voi una domanda: cosa faccio io oggi per il popolo ucraino? Prego? Mi do da fare? Cerco di capire? Cosa faccio io oggi per il popolo ucraino? Ognuno risponda nel proprio cuore.

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana

SOURCE : https://www.vatican.va/content/francesco/it/angelus/2022/documents/20220619-angelus.html

LE PERSECUZIONI NON SONO UNA REALTÀ DEL PASSATO

Omelia nella beatificazione di un gruppo di martiri domenicani spagnoli

Dal racconto dell’Apocalisse abbiamo udito che, nella sua visione, Giovanni contemplò una grande moltitudine di persone le quali, avvolte in bianche vesti, inneggiavano a Dio. Stupito per questa immagine egli si domandò chi fossero. Gli giunse la risposta: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Sant’Agostino commenterà annotando che di per sé ogni sangue tinge di rosso, ma che, diversamente da ogni altro, il sangue dell'Agnello conferisce candore perché si tratta dell’Agnello di Dio «che toglie i peccati del mondo» (Gv 1,29); è il sangue di Cristo «sparso per molti in remissione dei peccati» (Mt 26, 28) (cf. Discorso 306/D: PLS 2, 788).

Nella prospettiva di questo sguardo profetico noi oggi guardiamo al consistente gruppo di Servi di Dio che poco fa sono stati dichiarati beati e proclamati martiri. Appartengono a quella «candida schiera dei martiri», che loda il Signore, come canta il Te Deum: «te martyrum candidatus laudat exercitus». La loro vicenda storica è stata rievocata all’inizio di questo sacro rito: furono tutti vittime della medesima persecuzione, che negli anni trenta del secolo scorso provocò la morte di altre centinaia e centinaia di cristiani: sacri ministri, persone consacrate, fedeli laici… Una moltitudine, davvero, che ha lavato le proprie vesti nel sangue dell’Agnello.

I nostri nuovi Beati furono persone umanamente molto diverse per il loro carattere, le loro storie personali. Li accomunava, però, il carisma di san Domenico: una scelta vocazionale, la loro, vissuta con fedeltà, coerenza, generosità. Risplende con singolare luminosità la figura di una donna, Suor Ascensiòn de San José. Insieme con altre ella fu crudelmente seviziata. A lei fu chiesto di bestemmiare e calpestare il crocifisso: si rifiutò e le fu spaccato il cranio. Non rinnegò la fede; anzi, morì osannando a Cristo Re e lodando il Santissimo Sacramento. Sapeva bene, Suor Ascensiòn, che il sangue dell'Agnello conferisce candore perché è il sangue «sparso per molti in remissione dei peccati».

Stiamo celebrando la Santa Messa: anche noi, allora, incoraggiati dalla sua testimonianza, ripetiamo nell’intimo del cuore la fede della Chiesa: «il suo Sangue per noi versato è la bevanda che ci redime da ogni colpa» (Prefazio della SS.ma Eucaristia, I). È una verità che la Chiesa ci ricorda sempre e che ci ripete in questi giorni, mentre celebriamo la solennità del Corpus Christi. Tutti noi, che ci nutriamo del medesimo Corpo di Cristo e ci lasciamo santificare dal suo sangue prezioso, diventiamo un solo corpo. Ed oggi Gesù ci rassicura: su di noi c’è il suo sguardo, per noi c’è la sua preghiera. «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi». Ed è così che egli ci invia nel mondo: uniti a lui e in comunione tra noi.

Anche questo lo abbiamo ascoltato dalla lettura del Santo Vangelo: «come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo»! Il Vangelo deve essere proclamato anzitutto mediante la testimonianza della fraternità e della comunione. Nell’esortazione Evangelii nuntiandi san Paolo VI ce lo ha detto splendidamente: «un cristiano o un gruppo di cristiani, in seno alla comunità d’uomini nella quale vivono, manifestano capacità di comprensione e di accoglimento, comunione di vita e di destino con gli altri, solidarietà negli sforzi di tutti per tutto ciò che è nobile e buono. Ecco: essi irradiano, inoltre, in maniera molto semplice e spontanea, la fede in alcuni valori che sono al di là dei valori correnti, e la speranza in qualche cosa che non si vede, e che non si oserebbe immaginare. Allora con tale testimonianza senza parole, questi cristiani fanno salire nel cuore di coloro che li vedono vivere, domande irresistibili: perché sono così? Perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira? Perché sono in mezzo a noi? Ebbene, una tale testimonianza è già una proclamazione silenziosa, ma molto forte ed efficace della Buona Novella» (n. 21).

Siamo anche consapevoli, però, che il Signore non ci manda in una situazione comoda e facile! Ce lo ricordano i nostri Martiri. Quella del cristiano nel mondo non è mai una situazione comoda e facile. Nell’esortazione sulla chiamata alla santità nel mondo d’oggi, Papa Francesco questo lo ha sottolineato. Ha scritto che per vivere il Vangelo non possiamo aspettarci che tutto intorno a noi sia favorevole; molte volte, anzi, le ambizioni del potere e gli interessi mondani giocano contro di noi. Sta di fatto che noi viviamo in una «società alienata, intrappolata in una trama politica, mediatica, economica, culturale e persino religiosa che ostacola l’autentico sviluppo umano e sociale», sicché vivere da cristiani secondo le Beatitudini evangeliche «diventa difficile e può essere addirittura una cosa malvista, sospetta, ridicolizzata (cf. Gaudete et exsultate, n. 91).

Le difficoltà e le prove che i nostri Martiri hanno sopportato e superato, benché in una paradossale vittoria che agli occhi del mondo è una sconfitta, non sono certamente le uniche. «Le persecuzioni non sono una realtà del passato, perché anche oggi le soffriamo, sia in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, sia in un modo più sottile, attraverso calunnie e falsità», continua a dirci il Papa (cf. Gaudete et exsultate, n. 91). Guardiamo, allora, all’esempio dei nostri Martiri per sentircene confortati. San Gregorio magno scriveva che tanto più solida sorge in noi la speranza, quanto più dure sono le prove sopportate per amore di Dio (cf. Moralia in Job, II, X,36: PL 75, 941). Abbiamo fiducia, nonostante le nostre fragilità. La sua forza Dio la rivela proprio nei deboli e anche agli inermi egli dona la forza del martirio (cf. Prefazio dei santi martiri). Amen.

Siviglia, Cattedrale di Santa Maria della Sede, 18 giugno 2022

Marcello Card. Semeraro

LAS PERSECUCIONES NO SON UNA REALIDAD DEL PASADO

Homilía en la beatificación de un grupo de mártires dominicos españoles

En el relato del Apocalipsis hemos oído que Juan, en su visión, contempló una gran multitud de personas que, vestidos con vestiduras blancas, alababan a Dios. Sorprendido por esta imagen, él se preguntó quiénes eran. Le llegó la respuesta: «Estos son los que vienen de la gran tribulación: han lavado y blanqueado sus vestiduras en la sangre del Cordero». San Agustín lo comentará observando que, en sí mismo, toda sangre tiñe de rojo, pero que, a diferencia de cualquier otro caso, la sangre del Cordero confiere blancura porque se trata del Cordero de Dios «que quita el pecado del mundo» (Jn 1, 29); es la sangre de Cristo «derramada por muchos para el perdón de los pecados» (Mt 26, 28) (Cf. Discorso 306/D: PLS 2, 788).

En la perspectiva de esta mirada profética nosotros hoy contemplamos el consistente grupo de Siervos de Dios que acaban de ser declarados beatos y proclamados mártires. Pertenecen a aquella «cándida comitiva de mártires», que alaba al Señor, como canta el Te Deum: «te martyrum candidatus laudat exercitus». Su historia ha sido recordada al iniciar este sagrado rito: fueron todos víctimas de la misma persecución que, en los años treinta del siglo pasado, provocó la muerte de cientos y cientos de cristianos: ministros sagrados, personas consagradas, fieles laicos... Una multitud, en efecto, que ha lavado sus propias vestiduras en la sangre del Cordero.

Nuetros nuevos Beatos fueron personas humanamente muy diversas por su carácter, por sus historias personales. Los unía, en cambio, el carisma de Santo Domingo: una elección vocacional, la suya, vivida con fidelidad, coherencia y generosidad. Resplandece con singular luminosidad la figura de una mujer, Sor Ascensión de San José. Junto a otras, ella  fue cruelmente torturada. Le pidieron que blasfemara y pisoteara el crucifijo: se negó y le destrozaron el cráneo. No renegó de la fe; al contrario, murió ensalzando a Cristo Rey y alabando al Santísimo Sacramento. Sabía bien Sor Ascensión que la sangre del Cordero confiere candor porque es la sangre «derramada por muchos para el perdón de los pecados».

Estamos celebrando la Santa Misa: también nosotros, entonces, alentados por su testimonio, repetimos en la intimidad del corazón con la fe de la Iglesia: «su sangre derramada por nosotros es la bebida que nos redime de toda culpa» (Prefacio de la Ssma. Eucaristía, I). Es una verdad que la Iglesia nos recuerda siempre y que se nos repite en estos días, mientras celebramos la solemnidad del Corpus Christi. Todos nosotros, que nos alimentamos del mismo Cuerpo de Cristo y nos dejamos  santificar por su sangre preciosa, nos convertimos en un solo cuerpo. Y hoy Jesús nos tranquiliza: sobre nosotros está su mirada, por nosotros está su oración. «Padre santo, guárdalos en tu nombre, aquel que me has dado, para que sean una sola cosa, como nosotros». Y es así como él nos envía en el mundo: unidos a él y en comunión entre nosotros.

En la lectura del Santo Evangelio, también hemos escuchado esto: «como tú me enviaste al mundo, así yo los envío también al mundo». El Evangelio debe ser proclamado sobre todo con el testimonio de la fraternidad y de la comunión. En la exhortación Evangelii nuntiandi san Pablo VI [sexto] nos lo ha dicho esplendidamente: «un cristiano o un grupo de cristianos que, dentro de la comunidad humana donde viven, manifiestan su capacidad de comprensión y de aceptación, su comunión de vida y de destino con los demás, su solidaridad en los esfuerzos de todos en cuanto existe de noble y bueno. Supongamos además que irradian de manera sencilla y espontánea su fe en los valores que van más allá de los valores corrientes, y su esperanza en algo que no se ve ni osarían soñar. A través de este testimonio sin palabras, estos cristianos hacen plantearse, a quienes contemplan su vida, interrogantes irresistibles: ¿Por qué son así? ¿Por qué viven de esa manera? ¿Qué es o quién es el que los inspira? ¿Por qué están con nosotros? Pues bien, este testimonio constituye ya de por sí una proclamación silenciosa, pero también muy clara y eficaz, de la Buena Nueva» (n. 21).

¡Somos conscientes, sin embargo, que el Señor no nos manda a una situación cómoda y fácil! Nos lo recuerdan nuestros mártires. La del cristiano en el mundo no es nunca una situación cómoda y fácil. En la exhortación sobre la llamada a la santidad en el mundo de hoy, Papa Francisco ha subrayado esto. Ha escrito que para vivir el Evangelio no podemos esperar que todo en torno a nosotros sea favorable; muchas veces, al contrario, las ambiciones del poder y de los intereses mundanos juegan contra nosotros. Se da por hecho que vivimos en una «sociedad alienada, atrapada en una trama política, mediática, económica, cultural e incluso religiosa que obstaculiza el auténtico desarrollo humano y social», de modo que vivir como cristianos según las Bienaventuranzas evangélicas «se hace difícil y puede ser incluso una cosa mal vista, sospechosa, ridiculizada» (Cf. Gaudete et exultate, n.91).

Las dificultades y las pruebas que nuestros Mártires han soportado y superado, si bien en una paradójica victoria que a los ojos del mundo es una derrota, no son ciertamente las únicas. «Las persecuciones no son una realidad del pasado, porque hoy también las sufrimos, sea de manera cruenta, como tantos mártires contemporáneos, o de un modo más sutil, a través de calumnias y falsedades» continúa diciéndonos el Papa (Cf. Gaudete et exultate, n.94). Miremos, entonces, el ejemplo de nuestros Mártires para sentirnos confortados. San Gregorio Magno escribía que tanto más sólida surge en nosotros la esperanza, cuanto más duras son las pruebas soportadas por amor de Dios (Cf. Moralia in Job, II, X,36: PL 75, 941). Tengamos confianza, no obstante nuestras fragilidades. Dios revela su fuerza justamente en los débiles y también a los indefensos él da la fortaleza del martirio ( Cf. Prefacio de los santos mártires). Amen.

Sevilla, Catedral de Santa María de la Sede, 18 de junio de 2022

SOURCE : https://www.causesanti.va/it/dicastero-delle-cause-dei-santi/prefetto-dicastero-cause-santi/omelie-del-prefetto/omelia-nella-beatificazione-di-un-gruppo-di-martiri-domenicani-s.html

Mártir de Huéscar (Diócesis de Guadix)

27.- Sor Ascensión de San José (Isabel Ascensión Sánchez Romero), monja dominica

Nació el 9 de mayo de 1861 y fue bautizada el día 12, en la iglesia parroquial de Santa María la Mayor de Huéscar, perteneciente entonces al arzobispado de Toledo y provincia de Granada. Recibió el nombre de Isabel Ascensión. Sus padres se llamarón Andrés y Josefa. Andrés procedía de Chirivel (Almería) y Josefa de Oria. Poseían una casa de campo o «cortijo», entre las poblaciones de Huéscar y Orce (Granada). Se trataba de una familia de labradores acomodados, muy buenos cristianos, que dieron a sus ocho hijos, tres varones y cinco mujeres, una esmerada educación, especialmente religiosa. La beata fue la penúltima de todos ellos. Al medio año de recibir el bautismo recibió, asimismo, la confirmación el 11 de noviembre de 1861, en la iglesia parroquial de Santa María, en la villa de Orce.

Pudo empezar su noviciado en el convento dominicano de Huéscar hacia mayo de 1884, en cuyo mes cumplía 23 años de edad. Desde la toma de hábito, a sus nombres de bautismo Isabel Ascensión, añadió el de «San José». De este modo se escribirá su nombre en lo sucesivo, aunque familiarmente y, para abreviar, la llamaron corrientemente «Sor San José». Las hermanas de obediencia, como era el caso de la nueva beata, en lugar del Oficio divino, debían saber aquello que tenían que recitar. Todas tenían que aprender algún tipo de trabajo y ocuparse en él. Profesó a principios de octubre de 1885.

Para historiar la vida de Sor Isabel Ascensión de San José en el convento, la fuente de que se dispone es una «biografía» de Sor Concepción Martínez Navas. Afirma que ingresó y vivió como «religiosa de obediencia». Esto significaba que no seguía en todo a la comunidad, es decir, en lo referente a toda la celebración coral. Fue servicial para con todas, amable, paciente, equilibrada, juvenil, humilde, sufrida, solidaria, muy sencilla, muy alegre y amena. Le gustaba estar con las jóvenes, su vida entera se fue desenvolviendo en un ambiente de sencillez infantil e inocencia que encantaba a todas. Nunca cansaba su presencia y compañía. No se hacía pesada; por el contrario, si no estaba ella la echaban de menos.

Hallaba su fuerza en la presencia de Dios, expresamente mediante el rezo del rosario, que lo hacía con todo respeto. Muchos años fue Tornera por su prudencia y silencio. En los escrúpulos que sufrió manifestaba una conformidad absoluta a la disposición del superior y un camino de paz envidiable. Fue siempre sumisa como una niña. Sufrió la enfermedad con gran paciencia y hasta alegría, ocultando siempre que tenía que soportar a veces llagas que le iban de los pies a la cabeza. Sufría con grandísima paciencia y amor. Conservaba en su corazón lo que oía en las pláticas y las lecturas.

Las religiosas se vieron obligadas a abandonar el convento el 4 de agosto de 1936. Se repartieron entre familiares y personas caritativas. El convento fue saqueado. La nueva beata fue acogida en casa de una sobrina, llamada Ascensión Reche, esposa de Alfredo Motos. Su priora continuó atendiéndola. La persecución se recrudeció en Huéscar a principios de febrero de 1937.

Fue apresada el 16 de febrero, porque los perseguidores juzgaron suficiente delito el que llevara un crucifijo al cuello. Estaba próxima a cumplir 76 años. En los calabozos del ayuntamiento sus perseguidores se empeñaron en «oírla blasfemar». No lo consiguieron, aun a costa de machacarla el cráneo. Recibió la corona del martirio en las primeras horas del 17 de febrero de 1937. Sus reliquias permanecieron inhumadas en el lugar del enterramiento del cementerio de Huéscar. Se trasladaron, después, a un nicho cedido por el ayuntamiento el 6 de diciembre e de 1958. El traslado al cementerio monástico dominicano de Huéscar se verificó el 25 de mayo de 1973. Sus reliquias se veneran en el monasterio de Baza.

SOURCE : https://www.dominicos.org/quienes-somos/grandes-figuras/santos/beatificaciones-2022/biografias/

EL PAPA FRANCISCO PROMULGÓ EL DECRETO DE MARTIRIO EL 12 DE DICEMBRE

Reconocido el martirio de la Hermana Isabel Sánchez Romero: querían obligarla a blasfemar, pero ella respondió con jaculatorias

La hermana Isabel fue arrestada en febrero de 1937, en la cárcel fue insultada y golpeada por los milicianos republicanos. Querían obligarla a blasfemar, pero ella respondió con jaculatorias.

14/12/19 3:12 PM

(ACI/InfoCatólica) La Hermana Isabel Sánchez Romero, de 76 años, fue asesinada por odio a la fe durante la Guerra Civil Española (1936-1939). Los milicianos querían obligarla a blasfemar, pero ella respondió con jaculatorias y fue asesinada con una piedra.

El pasado 12 de diciembre el Papa Francisco promulgó el decreto de martirio de la religiosa española Isabel Sánchez Romero, monja profesa de la orden de Santo Domingo, que fue asesinada cuando tenía 76 años por odio a la fe en 1937.

Esta religiosa nació en 1860, en Huéscar, Granada (España), cuando tenía 17 años entró en el monasterio de las Hermanas Dominicas y tomó el nombre de Ascensión de San José.

Según destaca VaticanNews la religiosa era «obediente, silenciosa, trabajadora y humilde. Y aunque sufría una enfermedad rara que cubría su cuerpo con llagas, nadie la escuchó lamentarse».

Comenzó la persecución religiosa en España y posteriormente estalló la guerra Civil el 15 de julio de 1936.

La hermana Isabel fue arrestada en febrero de 1937, cuando tenía 76 años. A pesar de su avanzada edad en la cárcel fue insultada y golpeada por los milicianos republicanos. Querían obligarla a blasfemar, pero ella respondió con jaculatorias, por eso la arrestaron.

Querían hacerla subir a una camioneta para ser transportada, junto con otros detenidos, al cementerio para ser fusilados, pero por su edad ella no podía subir y por eso los milicianos la levantaron y la arrojaron dentro de la camioneta con violencia.

Una vez en el cementerio, la religiosa vio cómo asesinaban a su sobrino Florencio, pero ella rezó hasta el final.

Ella no fue fusilada, sino que los milicianos pusieron su cabeza sobre una piedra y con otra le golpearon el cráneo.

El reconocimiento del martirio de esta religiosa se promulgó el mismo día, 12 de diciembre, que el de otros 26 mártires españoles, 1 beata italiana y el reconocimiento de las virtudes heroicas de 6 siervos de Dios.

SOURCE : https://www.infocatolica.com/?t=noticia&cod=36498

Tras las huellas de Sor San José, la dominica mártir de Huéscar

Domingo, 6 de Noviembre de 2022

El Monasterio de las Madres Dominicas de Baza ha celebrado este domingo 6 de noviembre, por primera vez, a su nueva beata Sor Ascensión de San José, que fue beatificada el pasado mes de junio, en Sevilla. Sor Ascensión de San José era religiosa dominica del convento de Huéscar y fue martirizada en los inicios de la Guerra Civil. La beatificación tuvo lugar el sábado 18 de junio, en la Catedral de Sevilla, junto a otros 26 dominicos más. La beata Ascensión de San José era la única mujer del grupo.

La fiesta litúrgica de esta mártir beata es el 6 de noviembre y hoy habrá sido para las religiosas de Baza, pero también para la ciudad y para Huéscar, un día de acción de gracias por su beatificación y de intercesión a la nueva beata, que se venera de manera especial en el Monasterio de la Santísima Trinidad, de Baza, donde están sus restos.

Ofrecemos aquí una semblanza de la vida de Sor Ascensión de San José, escrita por José Gabriel Concepción y que fue publicado recientemente en la revista de Cáritas Interparroquial de Baza:

TRAS LAS HUELLAS DE SOR SAN JOSÉ, LA DOMINICA MÁRTIR DE HUÉSCAR

En la capilla del convento de Baza hay una urna con sus restos, para la veneración de los fieles

Las religiosas dominicas de Baza están felices, pues una hermana dominica, como ellas, está ya en los altares. Se llama Sor Ascensión de San José, aunque es más conocida como “Sor San José”. Murió mártir en Huéscar, cuando estaba a punto de cumplir 76 años. Sus

restos reposan ya en la capilla del convento de la Santísima Trinidad de Baza. Están una bellísima urna-relicario de plata, realizada por orfebres de Sevilla, la ciudad donde fue beatificada el pasado 18 de junio. Muy cerca del altar, donde está el Señor sacramentado,

que fue durante toda su vida su consuelo y su fortaleza.

Es un inmenso regalo del Cielo tener en Baza estas sagradas reliquias. Es un don y una fuerte llamada a la conversión. A “Sor San José” la tenemos ya de intercesora en el Cielo y acogerá sin duda nuestras peticiones, penas y dolores. Acudamos a esta humilde hija de

Santo Domingo. Más de mil quinientas estampas han repartido ya las monjas dominicas por medio mundo, desde México hasta Polonia. Nosotros hemos querido realizar un recorrido por los lugares donde vivió y murió esta santa religiosa, recogiendo sus palabras

que estas hijas de Santo Domingo guardan como un tesoro.

MI ESPOSO ES CRISTO CRUCIFICADO

Sor San José nació en Huéscar el 9 de mayo de 1861 en la cueva-cortijo de sus padres. Penúltima de una familia de ocho hijos. Fue Bautizada tres días después de su nacimiento. El 11 de noviembre fue confirmada. Profesó el 10 de octubre de 1885, con 24 años, en el

Convento de la Madre de Dios de Huéscar, en la actualidad, cerrado. Antes de hacer su Profesión solemne, alguno de sus pretendientes se atrevió a presentarse en el convento para hacer una última tentativa, engañando a la tornera, pues se hizo pasar por un familiar

de Sor San José. Tan pronto como ella salió al locutorio y le reconoció, descubrió el engaño. Con gran entereza volvió a rechazarle con estas palabras. “No quiero nada de la tierra, ni más amor ni más esposo que a Jesucristo Crucificado. Por tanto, márchate de

aquí”. El Cielo escuchó aquellas palabras. Siempre lo hace. Y fue hasta el final Esposa de Cristo Crucificado. Primero, en el silencio y en la oscuridad, haciendo suya esa vida oculta del hogar de Nazaret.

Así, en el día a día, en las tareas ordinarias y también en las más ingratas fue encontrándose con el Señor, que fue preparando su alma, como hace el mejor jardinero en el más hermoso jardín. Dios mismo quiso probarla también con una cruel enfermedad, Su cuerpo llegaba a ser una llaga viva desde los pies a la cabeza, No podía ni echarse. Era un suplicio ponerse la túnica. Todo los soportaba con paciencia y amor. Como los escrúpulos que también atormentaron sin consuelo su alma delicada con las cosas santas. Fue avanzando así en esa escuela de la Cruz., Así pasaron los días como las cuentas de un Rosario, que ella rezaba con tanta devoción. El momento de la prueba llegó al cumplir 51 años de vida religiosa.

LA ACEPTACIÓN DEL MARTIRIO

En la última quincena del mes de julio del año 36 la comunidad de 14 religiosas realizó unos Ejercicios Espirituales, predicados por el padre José del Cerro. España vivía unos momentos de división y suma violencia, que presagiaban la Guerra Civil. Las monjas comprendieron que su convento podía convertirse en una cárcel, tal vez, en su tumba, si las turbas lo asaltaban. Lo dispusieron todo para una posible salida, buscando refugio entre las familias amigas, que acogiéndolas no tenían miedo de exponer así sus vidas.

“Nos hicimos trajes seglares para que pudiéramos pasar desapercibidas…Influidas por este ambiente de malestar- aseguraban- solíamos hablar muchas veces de lo que podía pasar, y en más de una ocasión, llegamos a pensar e incluso a hablar de algún posible martirio”. En esas conversaciones francas intervino Sor San José “Dios mío, si a mí me matan, que sea de un tiro y por detrás, que yo no me dé cuenta”. Sus hermanas preguntaron por qué quería morir así. “Porque tengo miedo de no ser lo suficientemente valiente para sufrir el martirio cara a cara y faltándome la fe, fuera capaz de renegar”. Así era Sor San José, tan humilde que no se veía merecedora de la gracia del martirio. Dios tenía otros planes.

TOCANDO EL CIELO

En aquellos momentos inciertos, al comienzo de la guerra civil, las religiosas tomaron una decisión heroica, consumir las sagradas formas y evitar así que fueran arrojadas al suelo y pisoteadas, como ocurrió en la Iglesia Mayor de Huéscar. Sabían que esa comunión podía costarles la vida. Por todas partes iban grupos armados, sin ninguna autoridad que los contuvieran. Sus blasfemias y amenazas contra las monjas debían llegar hasta el más apartado rincón del convento. Las llamaban unas “brujas muy malas”, a las que pensaban matar. Nos sobrecoge esa última comunión, que llegó a las dos o tres de la madrugada. Las religiosas, ya con ropas seglares, se encontraban de rodillas ante el altar. Siguiendo las instrucciones del padre José del Cerro, la priora abrió el sagrario. Todas temblaban y lloraban. Se fueron pasando el copón unas a otras. Con la lengua fueron tomando las sagradas formas hasta consumirlas. Aceptaban la voluntad de Dios. Que las protegió en todo momento. De las bombas de la aviación y del infierno desatado en Huéscar. Y por último, gracias a un miliciano, al que llamaron su ángel protector, pudieron salir del convento antes de que fuera asaltado por las turbas. El 4 de agosto de 1936 encontraron refugio en la casa de Laureano Díaz Morenilla, hermano de “Sor Inés”. Un día después las 14 monjas se fueron repartiendo por casas de familiares y conocidos. Sor San José fue acogida por una sobrina, llamada Ascensión Reche, esposa de Alfredo Motos, en una casa que todavía existe en la calle Ángel. 

DETENIDA POR LLEVAR UNA CRUZ

La persecución se recrudeció en Huéscar a principios de febrero de 1937, coincidiendo con la llegada de una columna de milicianos, que impusieron un estado de terror. Detenciones indiscriminadas. Registros arbitrarios y destrucción de todos los símbolos religiosos que encontraban. Sor San José estaba entre los detenidos. Le delató una cruz que siempre llevaba al cuello. Pese a sus ropas seglares, su forma de andar también revelaba su condición de religiosa, acostumbrada al hábito durante toda su vida. Fue conducida como un peligroso delincuente al calabozo, un cuartucho lóbrego en los bajos del Ayuntamiento. Antes de llegar a ese lugar, “Sor San José” vio por última vez la imponente iglesia de Santa María la Mayor de Huéscar. Fue su último consuelo ante el suplicio que le esperaba. Era el día 15 de febrero de 1937, por la tarde.

LA ROMPIERON TODOS LOS HUESOS

Sor San José se encontraba sola ante una jauría de hombres, que solo quería que blasfemara. Su determinación les encorajinó aún más, sobre todo, porque estaban ante una anciana de 76 años.” Si no renuncias a tu dios te mataremos”. “Jamás diré una blasfemia”, repetía Sor San José, que no dejaba de repetir sus jaculatorias más queridas, “Alabado sea el Santísimo Sacramento” o “Viva Cristo Rey”. Al ver sus captores que no podían doblegarla, la golpearon una y otra vez. No contentos con eso la arrojaban una y otra vez contra la pared del calabozo, rompiéndole brazos y piernas. A “Sor San José” no conseguían que cediera, pues le asistía la gracia de Dios. Finalmente, le cortaron los pechos y hasta introdujeron pedazos de su propia carne en la boca, en un remedo sacrílego de la comunión.

ENTREGA SU VIDA AL SEÑOR

Al amanecer del día 16, Sor San José fue conducida al cementerio de Huéscar, junto con otros presos. Como un fardo fue arrojada a la plataforma de un camión. No podía tenerse en pie. El traslado al cementerio fue otra tortura. Sabía que pronto llegaría el final. Volvieron las amenazas de muerte. Al ver la determinación de Sor San José, sus verdugos idearon un último tormento. Ver cómo fusilaban una a uno a todos los detenidos; el último su sobrino Florentino. Cuando terminaron, volvieron sobre San José. Murió gritando un sobrecogedor “Viva Cristo Rey”, mientras perdonaba con gestos inequívocos a sus verdugos, que acabaron aplastándole la cabeza con una gran piedra “por testaruda”. No lograron que renegara de su fe. Solo “Sor San José” murió, salvándose milagrosamente la priora y otras 12 hermanas

SON YA MÁS DE DOS MIL MÁRTIRES

Sor San José forma parte de una lista de 2.096 mártires, reconocidos por la Iglesia. Un caso singular y único en la historia de la Iglesia, pues estos testimonios martiriales ocurrieron en apenas cinco años, desde el año 1934, la Revolución de Asturias, y el final de la Guerra Civil. Hay laicos, religiosos, sacerdotes y hasta obispos, como Manuel Medina Olmos, obispo de Guadix. Todos murieron perdonando a sus verdugos, como recordó el Papa un día después de la beatificación de Sor San José y otros 26 miembros de la Orden de Santo Domingo. Su fiesta será el día 6 noviembre, que está dedicada a todos los mártires del siglo XX.

“Todos asesinados por odio a la fe en la persecución religiosa que ocurrió en España en el contexto de la guerra civil del siglo pasado. Su testimonio de adhesión a Cristo y el perdón para sus asesinos nos muestran el camino de la santidad y nos animan a hacer de la vida una ofrenda de amor a Dios y a los hermanos. Un aplauso a los nuevos beatos”

(Ángelus del día 19 de junio de 2022)

Un aplauso que habrá llegado sin duda hasta el Cielo.

SOURCE : https://www.diocesisdeguadix.es/index.php/noticias/tras-las-huellas-de-sor-san-jose-la-dominica-martir-de-huescar#:~:text=Sor%20Ascensi%C3%B3n%20de%20San%20Jos%C3%A9%20era%20religiosa%20dominica%20del%20convento,la%20%C3%BAnica%20mujer%20del%20grupo.