jeudi 5 avril 2018

Bienheureuse CATALINA de MARIE (JOSEFINA SATURNINA RODRÍGUEZ DE ZAVALÍA), fondatrice



Bienheureuse Catalina de María Rodriguez

Fondatrice des Servantes du Sacré-Cœur de Jésus et des Pauvres ( 1896)

Cinq nouveaux bienheureux et sept vénérables, 4 mai 2017, promulgation de plusieurs décrets dont la reconnaissance du miracle, attribué à l'intercession de la sœur argentine Catalina di Maria (au siècle Josefa Saturnina Rodriguez, 1823-1896), fondatrice des Servantes du Sacré-Cœur de Jésus et des Pauvres; née le 27 novembre 1823 et morte le 5 avril 1896, béatifiée le 25 novembre 2017 à Cordoba.

Madre Catalina de María Rodríguez (1823-1896)

Née à Córdoba en Argentine, veuve en 1865, 'j'ai perdu ce que j'aimais le plus après Dieu', elle continue à pratiquer les exercices spirituels appris auprès des jésuites et désire créer une maison d'exercices spirituels pour aider à l'éducation des femmes et des filles... A sa mort, 12 maisons avaient été fondées.

Ses vertus héroïques ont été proclamées par le pape Jean-Paul II.

En espagnol:

- Vida y obra de Josefa Saturnina Rodriguez, posteriormente Madre Catalina de María Rodriguez 
(la vie et l’œuvre)  Instituto de las Hermanas Esclavas del Corazón de Jesús (institut des servantes du Sacré Cœur de Jésus)

- Madre Catalina de María, una historia que nos marca (une histoire qui nous marque) Colegio de Jesús, Madrid


Josefina Saturnina Rodríguez de Zavalía

1823-1896

Josefina vit le jour le 27 novembre 1823 à Córdoba (Argentine), de bons parents chrétiens, Hilario Rodríguez Orduña et Catalina Montenegro. Elle avait trois sœurs.

En 1826, elle fut orpheline de sa mère, en 1831 de son père. Les quatre sœurs avaient heureusement des tantes, qui s’occupèrent d’elles.

Josefina ne fréquenta pas l’université de la ville, déjà célèbre, car les études étaient traditionnellement «réservées» aux garçons. Elle se forma à la maison.

En 1840, elle découvrit les Exercices spirituels ignaciens, qui suscitèrent en elle le désir de se consacrer. Mais en 1852, son directeur spirituel lui conseilla d’épouser un colonel, Manuel Antonio de Zavalía, lui-même veuf et père de deux enfants. Le couple s’installa à Paraná : leur unique enfant fut une petite fille mort-née.

De retour à Córdoba, Manuel Antonio mourut en 1865 ; veuve à la force de l’âge, Saturnina reprit son projet de former une communauté à l’image des Jésuites, pour les femmes, qui seraient au service des personnes les plus vulnérables de la société, pour leur apporter l’enseignement du Christ, les aider à travailler, vivre avec elles. L’entreprise était audacieuse, nouvelle, et mit du temps à éclore : en 1872, naquit enfin la Congrégation des Sœurs Esclaves du Sacré-Cœur de Jésus, le premier institut féminin de vie apostolique en Argentine.

En 1875, Josefina faisait ses premiers vœux et prenait le nom de Catalina de Marie.

Lors de sa participation aux Exercices spirituels, Josefina avait fait connaissance d’un, alors, séminariste, José Gabriel Brochero (v. 26 janvier). Ce dernier, une fois curé, fit appel à ses Religieuses pour l’aider dans son apostolat ; ce fut une féconde collaboration au service des pauvres, des malades (comme durant l’épidémie de choléra en 1867) et de l’épanouissement de la femme dans toute sa dignité.

Les maisons des Esclaves du Sacré-Cœur de Jésus s’ouvrirent en plusieurs villes d’Argentine. En 1893 s‘ouvrit à Buenos Aires le Collège du Sacré-Cœur. Cette année-là, Catalina fit un pèlerinage à Rome.

Elle mourut à Córdoba le 5 avril 1896.

Aujourd’hui les maisons se sont multipliées en Argentine, bien sûr, mais se sont aussi implantées au Chili, en Espagne, au Bénin.

Le miracle reconnu pour la béatification de Mère Catalina fut la «résurrection» d’une femme victime d’une apparente mort subite : les efforts pour la réanimer se démontraient sans aucun résultat. La fille de cette femme cependant, avec son mari et toute la communauté des Esclaves, priaient intensément et, après vingt-quatre heures de coma, la dame commençait à montrer des signes de vie ; dix jours plus tard, cette dame repartait chez elle, sans aucune séquelle de l’accident, et vit actuellement chez elle sans difficulté.

Mère Catalina fut béatifiée en 2017.

La bienheureuse Josefina Saturnina Rodríguez - Mère Catalina de Marie - sera commémorée le 5 avril dans le Martyrologe Romain.

Venerable Catalina of Mary


Also known as
  • Caterina di Maria
  • Saturnina Rodriguez
  • Saturnina Rodríguez de Zavalía
Profile

Married lay woman. Widow. Founded the Esclavas del Corazon de Jesus (Institute of the Slaves of the Heart of Jesus; Argentines).

Born


Beata Caterina di Maria (Josefa Saturnina Rodríguez) Vedova e fondatrice

Córdoba, Argentina, 27 novembre 1823 – 5 aprile 1897

Josefa Saturnina Rodríguez nacque a Córdoba in Argentina il 27 novembre 1823. A 29 anni sposò il colonnello Manuel Antonio Zavalía, vedovo con due figli, accantonando l’aspirazione alla vita religiosa che aveva da quando, diciassettenne, aveva partecipato a un corso di Esercizi Spirituali. Rimasta vedova nel 1865, si diede ancora più intensamente a una vita di preghiera finché, il 15 settembre di quello stesso anno, non capì di dover fondare una comunità religiosa femminile che, con lo spirito stesso dei Gesuiti, si dedicasse alla cura degli Esercizi spirituali e all’educazione dei bambini, ma anche delle ragazze. Il 29 settembre 1872 fondò quindi le Suore Ancelle del Cuore di Gesù, prima congregazione di vita attiva in Argentina. Morì il 5 aprile 1896. La sua causa di beatificazione è stata seguita dalla diocesi di Córdoba dal 1941 al 1952. Dichiarata Venerabile il 17 dicembre 1997, è stata beatificata a Córdoba il 25 novembre 2017, sotto il pontificato di papa Francesco. I suoi resti mortali sono venerati nella cappella della Casa madre delle Suore Ancelle del Cuore di Gesù, dove già erano stati sepolti immediatamente dopo la sua morte.

Infanzia e famiglia

Josefa Saturnina Rodríguez nacque a Córdoba in Argentina il 27 novembre 1823, terzogenita di Hilario Rodríguez Orduña e Catalina Montenegro y Olmos, provenienti da famiglie benestanti. I genitori la portarono al fonte battesimale della cattedrale di Córdoba il giorno stesso della nascita. Prima di lei, erano nate altre due figlie: Elizarda Leonarda, che visse appena diciassette mesi, e María de la Expectación, che alla Cresima cambiò il nome di Battesimo in Estaurofila. 

Poco dopo la nascita dell’ultima bambina, la signora Catalina morì, ad appena 23 anni. Sul letto di morte, supplicò il suo sposo che, se si fosse risposato, non avrebbe dovuto separare le loro figlie; Saturnina, com’era chiamata comunemente, aveva tra i due e i tre anni.

Il padre, non volendo risposarsi, affidò le bambine a una sua zia, Teresa Orduña vedova Del Signo, di 66 anni. La donna aveva accolto in casa insieme al marito Juan una ragazza, Eustaquia: fu lei a prendersi cura delle orfane, che la chiamavano “mammina”. Alla morte della signora Teresa, la sua famiglia si fuse con quella delle altre tre sorelle di lei, Ignacia, Luisa e Catalina Orduña. 


Un’istruzione sommaria


Saturnina crebbe in un ambiente profondamente religioso, segnato da devozioni come quelle verso il Natale e il Nome di Maria. Le sue parenti e “mammina” Eustaquia, inoltre, si erano dedicate a ripristinare l’opera degli Esercizi Spirituali ignaziani, venuta meno dopo la cacciata dei Gesuiti dal territorio sudamericano per ordine di re Carlo III di Spagna, nel 1767.

Se la sua formazione religiosa era molto buona, quella culturale non lo era quasi per nulla. Secondo l’uso dell’epoca, infatti le figlie femmine delle famiglie aristocratiche imparavano a leggere, a scrivere e a svolgere i lavori domestici, così da prepararsi a essere buone madri e donne di casa.

La vocazione

Non è dato di sapere quando Saturnina ricevette la Prima Comunione e la Cresima, ma il fatto più importante della sua vita da credente avvenne quando era sulla soglia della giovinezza, grazie al ritorno dei Gesuiti a Córdoba, nel 1838.

Due anni dopo, la diciassettenne Saturnina seguì un corso di Esercizi Spirituali, predicati da padre Fermin Moreno, nella casa fatta costruire allo scopo nella sua città. Per lei fu un’esperienza sconvolgente: si sentì come Mosè, meravigliata che Dio potesse parlare proprio con lei.

Fu da allora che cominciò a sentire in sé il desiderio di farsi religiosa, che in verità avvertiva sin da bambina, ma non aveva mai preso sul serio. Per questa ragione, rifiutò la proposta di matrimonio che le venne da un cugino, Manuel Derqui. Continuò a frequentare i Gesuiti per la direzione spirituale, finché essi non furono nuovamente espulsi a causa dei contrasti con il governatore della provincia di Buenos Aires, Juan Manuel de Rosas.

Il matrimonio con Manuel Antonio Zavalía

Casa Orduña era frequentata in quel periodo da Manuel Antonio Zavalía, colonnello dell’Esercito, che verso il 1850 era rimasto vedovo: la moglie, Josefa Machado. L’aveva lasciato con due figli, Benito e Deidamia. L’uomo posò gli occhi su Saturnina, ma lei lo respinse.

Cercò in tutti i modi di convincerla e, alla fine, decise di fare ricorso a padre Tiburcio Lopez, cappellano della chiesa della Madonna del Pilar e confessore della ragazza. A sua volta, il sacerdote la mise di fronte al fatto che, se non avesse acconsentito, avrebbe rovinato l’anima dello spasimante. Saturnina, messa alle strette, ubbidì al direttore spirituale, ma cadde svenuta ai suoi piedi.

Il matrimonio fu celebrato il 13 agosto 1852. Col tempo, Saturnina imparò ad accettare la sua nuova condizione come parte del volere di Dio su di lei. Tuttavia, continuava a nutrire una sorta d’invidia verso chi abbracciava la vita religiosa.

Voleva bene ai figliastri e a Manuel, il quale spesso aveva scatti di collera: lei, invece, era di carattere pacifico e riusciva a placarlo. Da lui ebbe una bambina, che morì prima di nascere; lei stessa rischiò la vita durante la gravidanza.

Vedova
Intorno al 1860, la famiglia Zavalía si trasferì a Paraná, dove rimase due anni. Tornata a Córdoba, Saturnina assunse come nuovo direttore spirituale un giovane sacerdote, David Luque, che era stato costretto a lasciare il noviziato dei Gesuiti per la seconda espulsione dall’Argentina, ma era rimasto loro ammiratore.

Nel 1865, però, il colonnello Zavalía si ammalò gravemente, mentre visitava un possedimento della sua prima moglie nella località di El Tío. Saturnina corse subito da lui, ma quando arrivò, il 30 marzo, era troppo tardi: suo marito era deceduto.

Riaffiorano le aspirazioni alla vita religiosa

Saturnina pianse la morte del suo sposo, soprattutto perché era preoccupata della sua salvezza eterna, poiché era morto improvvisamente. Moltiplicò le preghiere e i suffragi per lui, mentre intensificava in pari tempo il suo apostolato nella preparazione degli Esercizi Spirituali.

Riaffiorò anche il suo antico desiderio di farsi religiosa e lo manifestò al direttore spirituale, che commentò: «Me lo aspettavo». Il sacerdote le insegnò come darsi un metodo di vita, con orari fissi per la preghiera, sia in casa che in chiesa, e un giorno al mese di ritiro. 

Tentativi falliti

Le suggerì poi di bussare alla porta del monastero delle Domenicane a Buenos Aires, perché immaginava che a Cordova non sarebbe stata mai accolta per tre ragioni: il suo stato di vedovanza, la sua età (aveva superato i quarant’anni) e la sua salute cagionevole.

Padre Félix María Del Val, un gesuita, si occupò delle pratiche per l’ingresso, ma Saturnina non si sentiva a suo agio nella vita contemplativa, pur amando stare ritirata. Così non rimase delusa quando le monache le dissero che non avevano mai accolto vedove né erano intenzionate a farlo.

Padre Del Val le suggerì quindi di provare dalle Visitandine: loro accoglievano di certo le vedove. Quella volta fu Saturnina a rispondergli negativamente: nella sua mente e nel suo cuore, infatti, si era fatto strada un progetto diverso.

Il “sogno dorato” di Saturnina

Il 15 settembre 1865, mentre stava andando a pregare nel monastero delle Domenicane, Saturnina ebbe un’intuizione, rafforzata da una visione: avrebbe dovuto fondare una comunità femminile che, con lo spirito stesso dei Gesuiti, si dedicasse alla cura degli Esercizi spirituali e all’educazione dei bambini, ma anche delle ragazze. Quel pensiero non l’abbandonò più, neanche quando si trovò davanti al Santissimo Sacramento esposto nella chiesa di Santa Caterina da Siena, annessa al monastero. 

Quello che in seguito chiamò il suo “sogno dorato” iniziò a prendere corpo quasi subito, anche se i lavori per la nuova casa per gli Esercizi, che lei desiderava, si protrassero a lungo. Non mancarono anche le umiliazioni, anche da parte del direttore spirituale, che poi si ricredette.

Così, il 29 settembre 1872, don David Luque inaugurò la prima sede della comunità, in una casa presa in affitto: era formata da Saturnina e da altre quattro compagne. Il 7 ottobre successivo distribuì gli incarichi tra di esse: Saturnina fu nominata sacrestana.

Nell’aprile dell’anno seguente la comunità traslocò e furono fatte nuove nomine: Saturnina divenne superiora. Con l’occasione, lei e compagne iniziarono a vestire una divisa, sulla quale spiccava un tondo con l’immagine del Cuore di Gesù e il nome della comunità: Esclavas del Corazón de Jesús (“Ancelle del Cuore di Gesù”). Erano la prima congregazione di vita attiva sorta in Argentina.

La professione religiosa

Saturnina e le altre cominciarono il loro servizio: la domenica insegnavano il catechismo ai bambini, mentre la gente del quartiere partecipava alla Messa nella loro cappella. Accolsero anche alcune allieve interne gratuitamente, per via della loro povertà.

Quando il sacerdote Juan Martín Yániz, in seguito primo vescovo di Santiago del Estero, offrì alla comunità la casa degli Esercizi di cui si era occupato, ampliata e coi mezzi necessari per garantire la sussistenza, ci fu un nuovo trasloco.

La casa arrivò a ospitare più di quattrocento esercitanti per corso, che dovettero essere divisi almeno per la mensa. Saturnina, ormai considerata la fondatrice della comunità, era la prima nei servizi più umili: apparecchiava, sparecchiava, lavava i piatti.

Intanto si andava costruendo un’abitazione più consona a quelle che, di fatto, erano suore, pur senza la professione religiosa. Nel marzo 1875, le suore si trasferirono nella Casa madre, nel Barrio General Paz. L’8 dicembre 1875 fu inaugurato il primo noviziato e le prime dieci suore professarono i voti religiosi. Con loro c’era anche Saturnina, che cambiò nome in suor Caterina di Maria: il suo “sogno dorato” si era fatto realtà.

L’amicizia con san José Gabriel del Rosario Brochero

L’opera degli Esercizi era portata avanti nelle vicinanze di Córdoba anche da un sacerdote, don José Gabriel del Rosario Brochero (canonizzato nel 2016). Per le popolazioni delle Sierras Grandes aveva fatto costruire una casa di Esercizi nella sua parrocchia di Villa del Tránsito, ma desiderava darle una stabilità anche dopo la sua scomparsa. Per questo motivo, pensò di far arrivare una comunità di suore che, oltre a condurre gli Esercizi, gestissero anche una scuola per bambine.

Era amico di don Luque e del gesuita padre José María Bustamante, che aveva collaborato alla fondazione delle Ancelle del Cuore di Gesù: tramite loro, prese contatto con suor Caterina, ormai madre fondatrice, scrivendole d’inviargli qualcuna delle sue figlie. In sedici, a dorso di cavallo o di mulo, attraversarono le montagne e, dopo due giorni di viaggio, arrivarono a Villa del Tránsito il 1° febbraio 1880.

L’espansione della congregazione

La comunità di Villa del Tránsito fu seguita dalla prima al di fuori della provincia di Córdoba, quella di Santiago del Estero. Vennero poi quelle di Rivadavia, San Juan, Tucumán. La gioia per l’apertura delle nuove case fu accompagnata, tuttavia, dalla morte di don Luque, l’11 agosto 1892.

L’anno successivo, di ritorno da un pellegrinaggio a Roma per il 50° di ordinazione episcopale di papa Leone XIII, madre Caterina ricevette un messaggio da monsignor Federico Aneiros, arcivescovo di Buenos Aires, che l’invitava a fondare una casa anche lì. Ci furono opposizioni da parte di uomini e donne di ceto sociale elevato, che mal sopportavano l’arrivo di una congregazione “provinciale”, ma alla fine la scuola fu inaugurata.

Madre Caterina alle sue figlie

In tutta la sua vita, madre Caterina fu mossa da due passioni: quella per il Cuore di Gesù, che chiamava «il nostro Sposo», e quella per l’umanità. Il suo desiderio più grande era che le sue figlie spirituali acquisissero solide virtù e imparassero a correggersi anche dai più minimi difetti, come lei stessa aveva appreso.

A una suora che soffriva per una contrarietà scrisse, il 15 gennaio 1880: «Sarebbe una vergogna che una sposa di Cristo si piegasse alle cose vili del mondo, dopo essersi affidata e asservita al Sacro Cuore di Gesù. Non sia mai che ci accada come alle vergini stolte, che non ebbero olio quando arrivò lo sposo».

La morte

Nel corso della Settimana Santa del 1896, la salute di madre Caterina ebbe un tracollo. Dopo le funzioni del Giovedì Santo, padre Juan Cherta, superiore dei Gesuiti di Córdoba e direttore ecclesiastico delle Ancelle del Cuore di Gesù, andò da lei e ascoltò la sua confessione.

La fondatrice rimase lucida e serena anche in quei suoi ultimi istanti. Si preoccupò per i medici che le prestavano servizio, facendo servire loro del caffè e ricompensandoli con degli scudi del Sacro Cuore (dei bollini con l’immagine del Cuore di Gesù e la frase «Fermati! Il Cuore di Gesù è con me!»). Il 4 aprile, Sabato Santo, ricevette gli ultimi Sacramenti e lasciò il suo testamento spirituale alle suore: «Vi raccomando la pace, l’obbedienza e la santa carità».

Il giorno di Pasqua, infine, ordinò che si distribuisse del cioccolato alle suore: dovevano stare allegre, dato che era quella solennità. Si spense quindi alle 8 di sera di quel 5 aprile 1896. I suoi resti mortali furono sepolti nel coro della cappella della Casa madre delle Ancelle del Cuore di Gesù.

Fama di santità e causa di beatificazione

La fama di santità di madre Caterina si diffuse presto dovunque le Ancelle del Cuore di Gesù avessero scuole e comunità. A partire dal 1931 si svolsero le prime operazioni per l’inizio della causa di beatificazione, con l’organizzazione di una commissione apposita.

Il processo informativo diocesano cominciò il 1° settembre 1941 a Córdoba e, per vari motivi, si protrasse fino al 1954. Fu integrato da un’inchiesta rogatoriale nella diocesi di Buenos Aires, svolta nel corso del 1952. Il 15 giugno 1960 si ebbe il decreto sugli scritti.

La lavorazione della “Positio super virtutibus” comportò la raccolta di ulteriori documenti e l’adeguamento alle nuove normative contenute nella Costituzione apostolica “Divinus Perfectionis Magister”. I due volumi stampati furono consegnati nel 1990 alla Congregazione delle Cause dei Santi.

Il 12 dicembre 1995 la “Positio” passò all’esame dei Consultori storici della Congregazione, quindi, il 24 gennaio 1997, ai Consultori teologi, che diedero parere positivo. Seguì la riunione dei Cardinali e dei Vescovi membri del medesimo dicastero vaticano, il 6 ottobre successivo. 

Infine, il 18 dicembre 1997, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui madre Caterina di Maria Rodríguez veniva dichiarata Venerabile.

Il miracolo e la beatificazione

Come potenziale miracolo per ottenere la beatificazione è stato preso in esame il caso di Sofia Acosta, di Tucumán. Il 22 aprile 1997 fu trovata accasciata sul pavimento della cucina di casa sua, mentre preparava la cena. Portata in ospedale, le fu riscontrato un arresto cardiocircolatorio.

Mentre i medici cercavano di rianimarla solo per accontentare i familiari, Eugenia, sua figlia, invocò madre Caterina di Maria: era infatti insegnante di Inglese nella scuola delle Ancelle del Cuore di Gesù a Tucumán. Qualche istante più tardi, il medico annunciò che la paziente si era ripresa, ma rischiava seri danni cerebrali perché il sangue e l’ossigeno non erano affluiti al cervello per oltre quaranta minuti. 

Eugenia continuò a pregare insieme a tutte le bambine della scuola e, in più, collocò sotto il cuscino della signora Sofia un santino con una reliquia “ex indumentis” di madre Caterina. Non passò molto tempo: la donna si riprese del tutto e non ebbe alcun danno.

Il processo diocesano sull’asserito miracolo fu quindi celebrato nella diocesi di Tucumán dal 16 agosto 2012 al 27 novembre dello stesso anno. Il 25 ottobre 2013 gli atti dell’inchiesta ottennero il decreto di convalida.

La Commissione Medica della Congregazione delle Cause dei Santi si pronunciò favorevolmente circa l’inspiegabilità scientifica dell’accaduto il 17 luglio 2016. Il 19 gennaio 2017 i Consultori teologi confermarono il nesso tra la presunta guarigione e l’intercessione di madre Caterina. Dopo che anche i Cardinali e i Vescovi della Congregazione ebbero dato il loro giudizio positivo il 25 aprile 2017, papa Francesco ha autorizzato, il 4 maggio 2017, la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Sofia Acosta poteva essere dichiarata miracolosa e ottenuta grazie a madre Caterina di Maria.

La beatificazione della fondatrice delle Ancelle del Cuore di Gesù è stata celebrata presso il Centro Civico di Córdoba il 25 novembre 2017. A presiedere il rito, il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinal Angelo Amato, come delegato del Santo Padre.

Le Suore Ancelle del Cuore di Gesù oggi

Le Suore Ancelle del Cuore di Gesù di Córdoba, note anche come “Esclavas Argentinas”, hanno ottenuto il primo riconoscimento pontificio con il Breve Laudatorio del 31 luglio 1892; cinque anni dopo, nel 1907, arrivò l’approvazione definitiva.

La maggior parte delle comunità è in Argentina, dove ha anche sede la Casa madre. Contano presenze anche in Spagna, Benin e Cile. Il loro compito è lo stesso delle origini: educazione della gioventù, accoglienza delle bambine a rischio e formazione spirituale, tramite gli Esercizi Spirituali e lo spirito di riparazione al Sacro Cuore di Gesù.


Autore: Emilia Flocchini


Il Papa in festa per la beata Caterina

14 DICEMBRE 2017 NEWS

Sulla strada della santità troviamo molte figure che hanno ispirato papa Francesco, come madre Caterina di Maria (1823-1897). In vita, la religiosa argentina (di Cordoba) si chiamava Josefa Saturnina Rodriguez, e dallo scorso 25 novembre è beata. Una donna vicina a chi soffriva, persone a cui diede risposte concrete nelle loro difficoltà, alle quali portava il messaggio di Cristo.
Quello di madre Caterina (Catalina per gli argentini) era un modo di fare caro al Santo Padre, con il quale la Beata ha molte cose in comune. Ma il legame fra i due va oltre: hanno pregato nelle stesse chiese della Compagnia di Gesù (a Cordoba, Buenos Aires e Roma) e hanno sempre coltivato il desiderio di prendersi cura degli altri. Il Papa l’ha ricordata all’Angelus del 26 novembre: «Lodiamo il Signore per questa donna appassionata del Cuore di Gesù e dell’umanità». Poco prima, il cardinale Angelo Amato, inviato dal Papa a Cordoba (Argentina) per la cerimonia di beatificazione, aveva letto le parole di Francesco: «Nella chiesa, ogni vocazione – matrimonio, vita consacrata, sacerdozio – inizia con un incontro con Gesù, che ci dona un’allegria e una speranza nuova. È Gesù che si fa presente nel nostro cammino e ci chiede: cosa cerchi?». Una domanda che ritroviamo anche nella vita della Beata alla quale lei rispose con quello che lei defìnì “sogno dorato”. 

A 17 anni Josefa fa i primi esercizi spirituali e scopre la vocazione di consacrare la sua vita a Dio. Ma varie vicissitudini la portano ad accettare la proposta di matrimonio di un colonnello militare. Non abbandona però il suo sogno e nel 1872, a 49 anni, riesce a formare una comunità di sorelle al servizio delle donne più vulnerabili per catechizzarle, insegnar loro a lavorare e a vivere insieme. Nascono così le “Ancelle del Cuore del Gesù”, la prima congregazione di donne la cui vita apostolica è consacrata secondo gli insegnamenti del gesuita  Sant’Ignazio. 
C’è poi un altro punto in comune fra Caterina e papa Bergoglio: l’ammirazione per l’opera di José Gabriel del Rosario, il “Cura Brochero” (fatto santo proprio da Francesco nel 2016). Sedici delle prime sorelle dell’ordine fondato dalla Beata attraversano in lungo e in largo l’Argentina per portare aiuti e la Parola di Dio. Come il Cura Brochero, la stessa Caterina percorre migliaia e migliaia di chilometri fondando altre comunità in Argentina. Nel suo viaggio che la porta in pellegrinaggio a Roma, la Beata passa per l’Uruguay, le Isole Canarie e Barcellona. Distanze elevate, percorribili solo se animati da una grande fede: col tempo, le sue figlie spirituali sono arrivate anche in Africa. 
Una di queste, Martha Miguel, è stata una grande amica di Bergoglio: l’allora monsignore visitava spesso la sede di Buenos Aires della congregazione fondata da Madre Caterina. 
Fra Bergoglio e madre Martha  l’amicizia era sincera, confermata dalla loro fitta corrispondenza: una corrispondenza trentennale, come dimostra l’intestazione delle prime lettere siglate “Collegio del Salvador”, una delle prime tappe della vita di gesuita di Bergoglio. 
Poche persone potevano usare con lui l’appellativo di “Jorgito (Giorgino, ndr)” come faceva lei. Del resto il Papa ricambiava chiamandola “Turca Miguel” (dal titolo di una canzone popolare argentina). 
Quando Wojtyla visitò l’Argentina nel 1987, suor Martha parlò a nome delle consorelle. Quel discorso colpì Bergoglio che  poco dopo scrisse una lettera a suor Martha, ringraziandola per le parole pronunciate. Ora che è il Papa è lui, in occasione della beatificazione, Bergoglio ha scritto alle consorelle di Caterina e Martha una bella lettera: la potete leggere nella pagina accanto.
di Adriano Alimonti e Federico Walls

Madre Catalina de María, una historia que nos marca


   “La Sierva de Dios Catalina de María Rodríguez; en el siglo Josefina Saturnina Rodríguez de Zavalía, nació en la ciudad de Córdoba (Argentina), el 27 de noviembre de 1823”.[1]

     Sus padres Hilario Rodríguez Orduña y Catalina Montenegro, que conformaban un hogar profundamente cristiano, la bautizaron ese mismo día en la Iglesia Catedral de Córdoba.
     Saturnina era la tercera hija del matrimonio, le precedían Manuela y Petrona. Tres años después del nacimiento de la sierva de Dios llegaría María, quien luego se haría llamar Estaurófila;  tras la llegada de la misma quedan huérfanas de madre. El dolor volvería a signarla 6 años después al morir su padre, momento desde el cual quedó al total cuidado de sus tías, las del Signo Orduña, quienes se ocuparon de su crianza y formación. Quien asumió con mayor énfasis esta tarea fue Eustaquia del Signo, que tuviera la misma edad de la madre muerta y que llamaban “Mamita Eustaquia”.
     Esta niña pertenecía a una distinguida familia de la aristocracia cordobesa que vivía una sólida fe cristiana; y la educación que ella recibió fue acorde a dicha condición social y a la realidad de la época, donde la familia cristiana debía defender sus valores en medio de luchas políticas y militares.
     A los 17 años, contando con el ejemplo de Eustaquia  del Signo en la atención de los Ejercicios Espirituales[2]  que eran dirigidos por los sacerdotes de la Compañía de Jesús, decidió hacer sus primeros EE.EE. Es aquí cuando se despierta su vocación religiosa, mas, no encontró en aquel momento el lugar adecuado donde consagrarse a Dios; pues las únicas familias religiosas existentes en Córdoba, Carmelitas Descalzas y Monjas de Santa Catalina, eran de vida contemplativa y en ellas su aspiración de entregarse a Dios en el apostolado activo no encontraba respuesta. Esto la llevó a dedicarse al servicio de los EE.EE y continuar bajo la dirección espiritual de los sacerdotes jesuitas.
     En 1848, al ser expulsados los jesuitas de Córdoba, Saturnina toma como director espiritual a un sacerdote del clero secular llamado Tiburcio López, quien ejerciera una fuerte influencia en ella cuando insistentemente la pretende en matrimonio el coronel Manuel Antonio  de Zavalía. Al respecto  encontramos en la Positio la referencia de este hecho:
     “El coronel Zavalía, que era amigo del confesor de la joven, le impuso bajo amenazas de suicidio torcer la voluntad de Saturnina para aceptar el matrimonio. Esta conducta provocó en el Sacerdote el temor de una resolución extrema de Zavalía, por lo cual presionó de tal manera el ánimo de la Sierva de Dios, que ella se vio, con las palabras de su director, declarada responsable de la salvación de un alma. Y en una resolución heroica, Saturnina tomó como voluntad de Dios la aceptación del matrimonio con Zavalía.”[3]
      Es así, que en 1852 contrae matrimonio con Zavalía, quien era viudo y tenía dos hijos, Benito y Deidamia, que eran fruto de su primer matrimonio. Saturnina, a quien su única hija le naciera muerta, se dedicó enteramente a ser una verdadera madre para los dos niños.
     Acompañó a su esposo en todo momento, espiritualmente cuando él se veía involucrado en acciones bélicas y personalmente cuando lo trasladan en 1860 a la ciudad de  Paraná, dejando en cada lugar, un testimonio de entrega incondicional en su vida matrimonial y de piedad y celo apostólico, tanto en la sociedad paranense como cordobesa; pues al regresar ,en 1861, a su ciudad natal continua sirviendo los ejercicios espirituales y busca a través  de su parentesco con el Presidente de la República, Santiago Derqui, que vuelvan los jesuitas a Córdoba.
     Zavalía, una vez terminada su actuación política se dedicó a atender una estancia en Córdoba, donde falleciera  el 30 de marzo de 1865. Con este acontecimiento Saturnina recuperaba su libertad y la posibilidad de nuevos horizontes se abrían para ella.
     El 15 de septiembre de 1865, cuando se dirigía como de costumbre a visitar el Santísimo Sacramento expuesto en la iglesia de las Catalinas, se sintió inundada por un fuerte pensamiento, que se convirtió en su “sueño dorado”, al cual se refirió en sus Memorias:
     “edificar  una casa de Ejercicios, y formar  una comunidad de señoras que estuviesen al servicio de ella (...) que observaríamos las Reglas del Instituto de San Ignacio, enseñaríamos la Doctrina los Domingos a las niñas, y asilaríamos a esas mujeres que se lleva a los Ejercicios casi por fuerza y después de concluidos estos (...) causa pena verlas volver a los mismos peligros...”[4]
      Cabe destacar que Saturnina debió caminar siete años marcados por humillaciones, contradicciones y hasta luchas con su entonces director espiritual Dr. David Luque, para poder ver realizada tal inspiración. Finalmente las dificultades se disiparon con la llegada del Padre José María Bustamante, quien alentó a Saturnina y la ayudó a reunir otras socias para fundar la nueva congregación.
     Así, el 29 de septiembre de 1872, una pequeña comunidad comenzaba sus ejercicios espirituales y con ellos se iniciaba la fundación de una familia religiosa que desde entonces y hasta nuestros días es un centro de espiritualidad y de comprometida acción apostólica: la congregación de Hermanas Esclavas del Corazón de Jesús.
     El Dr. David Luque, quien continuara siendo el director espiritual de quien en vida religiosa se comenzó a llamar Catalina de María, fue nombrado, a pedido ella, por la autoridad eclesiástica director de la nueva congregación.
     Luego de residir, la reciente comunidad, en dos casas que no satisfacían las necesidades de la misma y a su quehacer apostólico, tomaron, el 1 de marzo de 1875 posesión definitiva de lo que se denomina la Casa Madre del Instituto en Barrio General Paz de la ciudad de Córdoba.
     Pronto, en 1880, comenzó la expansión del Instituto, con las siguientes fundaciones: En 1880, Villa del Tránsito (Provincia de Córdoba). En 1882, Taller de la Sagrada Familia, en la misma ciudad de Córdoba. En 1886, Santiago del Estero, San Juan y Rivadavia (Mendoza). En 1887, Salta. En 1889, Santa Fe y Tucumán. En 1890, ciudad de Mendoza. En 1891, La Rioja; en 1893, Buenos Aires, y en 1895, San Luis.[5]
     A poco de cumplirse el aniversario de la fundación del colegio de San Luis (15 de marzo de 1895) Catalina de María se entregaba definitivamente a Su Amo en la Casa Madre de la Congregación el domingo 5 de abril de 1896. Finalmente llegaba al encuentro de Quien siempre fuera su descanso, aun en las tormentas que se le presentaran en la cotidianeidad  de la vida.
     Al morir había cuidado con solicitud del rebaño que Dios le había encomendado; a veces visitando a sus hijas, que en ese momento eran más de doscientas;  otras a través de sus cartas, que llegaron a ser más de 1600.
     A ellas, y a quienes hasta nuestros días nacen del sí que esta mujer diera al proyecto de Dios, les dejó sus últimas palabras que son consideradas su testamento espiritual:
      “Hijas mías os recomiendo la paz, la obediencia y la santa caridad”[6]
VÍDEOS RELACIONADOS
Notas

[1] CONGREGACIÓN PARA LA CAUSA DE LOS SANTOS,  Prot. N. 110 “Canonización de Sierva de Dios Catalina de María Rodríguez” Positio sobre su vida, virtudes y fama de santidad. Vol. 1. Biografía Documentada, Roma: s/e, 1987, pág. V.

[2] Los EE.EE (Ejercicios Espirituales) son prácticas espirituales redactadas por San Ignacio de Loyola hacía el año 1522 aproximadamente. (Nuevo Diccionario de Espiritualidad. Ediciones Paulinas. 1983. Madrid)

[3] CONGREGACIÓN PARA LA CAUSA DE LOS SANTOS,  Prot. N. 110 “Canonización de la Sierva de Dios Catalina de María Rodríguez” Positio sobre su vida, virtudes y fama de santidad. Vol. 1. Biografía Documentada, Roma: s/e, 1987, pág IV

[4]BLANCO, José María: “Historia del Instituto de las Esclavas”. Tomo I.  Buenos Aires. Imprenta de Amorrortu. 1930. Pág. 238.

[5] Cfr. CONGREGACIÓN PARA LA CAUSA DE LOS SANTOS,  Prot. N. 110 “Canonización de Sierva de Dios Catalina de María Rodríguez”Positio sobre su vida, virtudes y fama de santidad. Vol. 1. Biografía Documentada, Roma: s/e, 1987, pág.5

[6] CONGREGACIÓN PARA LA CAUSA DE LOS SANTOS,  Prot. N. 110 “Canonización de Sierva de Dios Catalina de María Rodríguez” Positio sobre su vida, virtudes y fama de santidad. Vol. 1. Biografía Documentada, Roma: s/e, 1987, pág VII