mardi 29 août 2017

Vénérables DOLORES OLLER ANGELATS, JOSEFA MONRABAL MONTANET et CATALINA MARGENTA ROURA, religieuses et martyres



Vénérables Dolores Oller Angelats et ses 2 compagnes

Religieuses espagnoles ( 1936)

Le 23 janvier 2015, le Pape a ordonné la promulgation des décrets relatifs au martyre de la servante de Dieu Fidelia (Dolores Oller Angelats) et de ses deux compagnes, religieuses espagnoles (Sœurs de St. Joseph de Girona), tuées en haine de la foi le 26 et le 29 août 1936 pendant la guerre civle espagnole.

María Dolores Oller Anglats (Fidela), Josefa Monrabal Montaner et Catalina Margenta Roura (Facunda) ont été tuées le 30 août 1936 dans la ville de Valence de Xeresa.

Mère Fidelia Oller a exercé son apostolat auprès des malades; en 1927, elle a fondé à Gandía une maison de l'institut des Sœurs de Saint Joseph de Gérone et a été supérieure de la communauté.

Mère Josefa Monrabal après ses vœux en 1931 travaillait à Villareal auprès des malades.

Mère Facunda Margenat, née à Gérone en 1876 exerçait également auprès des malades pour lesquels elle avait une immense compassion, depuis 1929, elle était à Barcelone.


En espagnol:





SOURCE : http://nominis.cef.fr/contenus/saint/12966/Venerables-Dolores-Oller-Angelats-et-ses-2-compagnes.html

BBses Fidela Oller Angelats (1869-1936)

Josefa Monrabal Montaner (1901-1936)

Facunda Margenat Roura (1876-1936)

Religieuses et martyres de la Congrégation 
“Hermanas de San José de Gerona”
Sœurs de San José de Gerona”



Martyrologe Romain : dans diverses villes d’Espagne, les Bienheureuses Fidela (au siècle Dolores Oller Angelats) et deux compagnes, Josefa Monrabal Montaner et Facunda Margenat Roura, religieuses de l’Institut des Sœurs de San José de Gerona, tués en haine de la foi, entre le 26 et le 29 août 1936, pendant la guerre civile espagnole.

Mère Fidela Oller Angelats, née le 17 septembre 1869 a Bañolas (Gerona, Espagne) a exercé son apostolat auprès des malades; en 1927, elle a fondé à Gandía une maison de l'institut des Sœurs de San José de Gerona et a été supérieure de la communauté.

Sœur  Josefa Monrabal Montaner naît à Gandía (Valencia, Espagne) le 3 juillet 1901. Après ses vœux en 1931 travaillait à Villareal auprès des malades.

Sœur Facunda Margenat Roura, née à Gerona le 9 septembre 1876, exerçait également auprès des malades pour lesquels elle avait une immense compassion ; depuis 1929, elle était à Barcelone.

Trois infirmières innocentes qui se consacraient entièrement aux malades ou à des projets sociaux sans aucune connotation politique. Des femmes simples, issues du peuple. Alors qu’elles ne menaçaient personne, les trois moniales furent parmi les premières victimes des persécutions religieuses de l’été 1936.

Le 23 janvier 2015, le Pape François a ordonné la promulgation des décrets relatifs au martyre des trois religieuses de l’Institut de Saint-Joseph de Gerona, tuées pour leur fidélité au Christ et à l’Église en août 1936.

Fidela Oller Angelats, Josefa Monrabal Montaner et Facunda Margenat Roura ont été béatifiées le 5 septembre 2015 dans la Cathédrale Sainte-Marie de Gerona (Espagne). La cérémonie a été présidée, au nom du pape François (Jorge Mario Bergoglio, 2013-), par le cardinal Angelo Amato, préfet de la Congrégation pour la cause des saints.


Sources principales: beatificacionmartiresirsjg.org; news.va/fr/news/ (“RIV./gpm”).

©Evangelizo.org 2001-2017


Blessed Maria Dolores Oller Angelats

Also known as
  • Fidela
Profile


Born

Blessed Josefa Monrabal Montaner

24 January 2015, 5:03 pm

Profile


Born

Blessed Caterina Margenat Roura

24 January 2015, 4:18 pm

Also known as
  • Facunda
Profile


Born
  • late August 1936 on L’Arrabasada highway, Barcelona, Spain

Beata Fidelia (Dolores) Oller Angelats Vergine e martire



Bañolas, Gerona, Spagna, 17 settembre 1889 – Xeresa, Valencia, Spagna, 29 agosto 1936

Dolores Oller Angelats, figlia di un piccolo industriale della ceramica di Bañolas, presso Gerona in Spagna, si sentì chiamata alla consacrazione religiosa nelle Suore di San Giuseppe di Gerona, giunte nella sua città per prestare servizio nell’ospedale del posto. Dopo alcuni mesi, uscì dal noviziato per aiutare la madre rimasta vedova e i suoi fratelli più piccoli, ma non si sentiva pienamente felice: rientrò quindi in noviziato il 12 maggio 1892, cambiando il nome con quello di suor Fidelia. Fu superiora in varie comunità della sua congregazione, spendendosi per gli ammalati e per le sue consorelle. Allo scoppio della guerra civile spagnola, si trovava a Gandía. Fuggì da un’abitazione privata all’altra, raggiunta nel frattempo da suor Josefa Monrabal Montaner, che non l’abbandonò nemmeno quando fu scoperta dai miliziani. Furono fucilate il 29 agosto 1936 a Xeresa. Sono state beatificate insieme alla consorella Faconda Margenat Roura (al secolo Catalina, uccisa a Barcellona tre giorni prima), il 5 settembre 2015,nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona. I resti mortali di madre Fidelia e suor Josefa sono venerati presso la cappella della comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona a Gandía.

Nacque a Bañolas presso Gerona, in Catalogna, il 17 settembre 1869, primogenita dei quattro figli nati da Lorenzo Oller Verdaguer e Margarita Angelats Frigola. Al Battesimo, ricevuto lo stesso giorno della nascita nella parrocchia di Santa Maria dels Turers, le vennero imposti i nomi di Dolores, Margarita e Teresa. Due mesi dopo ricevette il sacramento della Confermazione per mano di monsignor Constantino Bonet, vescovo di Gerona.


Il padre aveva ereditato l’industria di famiglia, dedita alla fabbricazione della ceramica e di altri articoli in cotto. Insieme alla moglie, educò quindi i figli nell’amore per Dio e per il lavoro.

Dolores trascorse l’infanzia a Bañolas, dove frequentò anche le scuole elementari, imparando a leggere, scrivere, far di conto e ricamare. La sua formazione religiosa si svolse prima in famiglia, poi in parrocchia.

Il 14 luglio 1880 giunsero in città alcune Suore di San Giuseppe di Gerona, affinché si prendessero cura degli ammalati nell’ospedale adiacente al convento di Santo Stefano. Fu un piccolo evento per la tranquilla cittadina, ma anche per Dolores, che aveva undici anni. Ben presto si sentì attratta dallo stile delle suore e, sette anni dopo, comprese che quella era la sua vocazione.

Nel 1888, però, venne a mancare suo padre Lorenzo, a 46 anni, per aver contratto una grave malattia mentre assisteva un parente. La giovane prese seriamente l’impegno di assistere il nonno, i tre fratelli e la madre, la quale non aveva mai smesso di pregare perché il Signore ottenesse il dono della vocazione religiosa per qualcuno dei suoi figli. 

Dolores, aiutata dal suo direttore spirituale, era convinta che il suo posto fosse tra le Suore di San Giuseppe, ma dopo pochi mesi scelse di lasciare il noviziato: la responsabilità di figlia maggiore e il ricordo della famiglia la facevano sentire incapace di abbracciare quella forma di vita. Tornò a casa, ma non si sentiva tranquilla: una volta fu sorpresa dal fratello Salvador (poi religioso dei Fratelli Maristi col nome di fratel Doroteo) mentre, rintanata in un angolo della cucina, dava sfogo alle lacrime. Aiutata a discernere dai familiari, decise di tornare a Gerona per il noviziato.

Riprese il suo cammino il 12 maggio 1892, cambiando il nome ricevuto al Battesimo con quello di suor Fidelia, perché intendeva chiedere al Signore la grazia di restargli fedele fino alla fine. Nello stesso anno, vestì l’abito religioso con altre nove compagne. Da allora cominciò la sua formazione sotto la guida della maestra delle novizie, suor Maria Vinardell, che aveva vissuto a lungo con la Fondatrice, Maria Gay Tibau (Venerabile dal 2013).

Trascorsi i due anni del noviziato, compì la sua prima professione il 17 novembre 1894, a venticinque anni, insieme a due connovizie. La professione perpetua, invece, si svolse il 13 ottobre 1902. Svolse il suo apostolato sia negli ospedali sia in case private, alleviando i dolori degli ammalati e procurando che ricevessero i Sacramenti se in pericolo di vita. Il suo primo incarico fuori da Gerona fu nella città di Olot, mentre dal 1911 fu superiora della comunità di Malgrat de Mar. Nell’agosto 1917 passò a Camprodón e nel 1921 venne incaricata di presiedere la casa di Palamós, dove ritrovò suor suor Faconda (al secolo Catalina) Margenat Roura, che aveva già incontrato a Malgrat de Mar.

In tutti i suoi servizi fu molto apprezzata dagli ammalati, che trattava con tenerezza e comprensione, ma anche dalle consorelle, per la sua religiosità e dedizione. Trascorreva i momenti di vita comune con semplicità, ad esempio raccontando serenamente la sua uscita prima di cominciare il noviziato. Non dimenticò la sua famiglia, ai membri della quale indirizzò lettere affettuose e piene di raccomandazioni.

Nel 1927 fu incaricata del superiorato aGandía, nella provincia di Valencia. Era un compito diverso dai precedenti, poiché si trattava di una nuova fondazione, ma lo svolse con responsabilità. Per questo motivo, la gente del quartiere dove sorgeva la casa dove le suore si stabilirono prese a volerle molto bene.

Dopo sette anni, tuttavia, iniziò a serpeggiare uno strano sentimento anticlericale. Le suore garantirono la loro assistenza senza distinzioni politiche, però madre Fidelia prese a nutrire dei sospetti. Durante una visita della Superiora generale, le suggerì di preparare degli abiti secolari perché le suore, nel corso delle loro visite a domicilio, avevano cominciato a essere insultate.

Col sollevamento militare di una parte dell’esercito contro il governo della Repubblica spagnola, il 19 luglio 1936, ebbe inizio la guerra civile. Anche a Gandía vennero incendiate chiese, come l’antica Collegiata, e arrestati sacerdoti e laici.

Non ci fu più pace nemmeno per le Suore di San Giuseppe, continuamente minacciate di morte e soggette a perquisizioni da parte dei miliziani, che miravano particolarmente alla superiora. Durante la notte, però, uscivano per badare agli ammalati, lasciando madre Fidelia da sola. Qualche vicina provò a farle compagnia, ma, sentendosi osservata, non tornò da lei, che prese a trascorrere notti insonni, in preda a terribili presentimenti.

Per questo motivo e per il fatto che, durante le spiacevoli visite, era colei che subiva maggiormente insulti, le consorelle cercarono un rifugio per lei. Dapprima fu ospitata in casa di Mercedes Rovira, il cui figlio Benedicto era un capo dei miliziani, ma era grato a madre Fidela per aver badato a lei. Dopo un paio di giorni, per non mettere in pericolo la padrona di casa, passò in un’altra abitazione della stessa strada, domicilio del signor Tormo e famiglia, dove fu sistemata al piano superiore.

Nel frattempo un’altra suora di San Giuseppe, suor Josefa Monrabal Montaner, arrivò a Gandía per rifugiarsi da sua madre. Dopo averla trovata, andò dalle consorelle e notò la situazione di pericolo in cui versavano. Chiese di madre Fidelia, ma non si trovava più lì. Indirizzata dalle altre suore al suo rifugio, le chiese, insieme a sua madre, di rifugiarsi in casa di suo fratello Andrés. Di fronte a quell’insistenza, dovette cedere.

Nel nuovo ricovero le due religiose trascorsero pochi giorni, senza mai uscire, continuamente immerse nella preghiera. Per i pasti, calavano un cestino al piano inferiore e lo tiravano su quando arrivava il cibo da parte della madre di suor Josefa.

In una notte di agosto, mentre la famiglia che abitava al piano di sotto stava cenando sulla porta di casa, si presentarono alcuni miliziani, scesi da un’automobile tristemente nota come “La Pepa”. Impaurito dalle loro minacce, il capofamiglia, José María Aparisi, li lasciò forzare la porta delle scale: salirono al piano superiore e prelevarono le suore, le quali, al sentirli arrivare, aprirono personalmente. Furono caricate sull’auto con tale violenza che a madre Fidelia fu spezzato un braccio.

I persecutori volevano portar via solo la madre superiora, ma suor Josefa non voleva separarsi da lei. Fu avvertita di non farlo, perché rischiava di fare la sua stessa fine, ma ribatté: «Dove va la madre vado anch’io, non l’abbandono». Con loro fu catturato il signor Aparisi, poi rilasciato lungo la strada grazie a “ElReyet”, un miliziano che lo conosceva.

La vettura, giunta all’incrocio tra la strada per Valencia e quella per Xeresa, nel punto detto “La Crehueta”, si fermò. In quello stesso luogo le suore furono colpite: madre Fidelia fu raggiunta da uno sparo nella spalla e da uno nella tempia destra, mentre suor Josefa ebbe una forte emorragia per essere stata ferita sul lato sinistro del collo e nella regione lombare.

I vicini, che si erano rifugiati in casa per paura, udirono gli spari nella notte; poco dopo, qualcuno avvertì dei gemiti di dolore, poi più nulla. Al mattino dopo, trovarono i cadaveri delle due suore, che rimasero sul luogo del martirio fino al mattino inoltrato del 30 agosto 1936. A mezzogiorno, furono prelevati per essere sepolti nel cimitero di Xeresa.

Terminata la guerra, nel 1939, i resti delle due religiose vennero riesumati e collocati nel cimitero di Gandía. Attualmente si trovano nella cappella della comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona a Gandía.

La causa di beatificazione di madre Fidelia e suor Josefa fu unita a quella della già citata suor Faconda Margenat Roura, morta pochi giorni prima nei pressi di Barcellona. Ottenuto il trasferimento dalla diocesi di Barcellona il 18 maggio 2001 e il nulla osta da parte della Santa Sede due settimane dopo, fu avviata l’inchiesta diocesana a Valencia, durata dal 24 novembre 2001 all’11 gennaio 2003 e convalidata il 28 marzo 2003. La “Positio super martyrio” fu trasmessa alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi nel 2004.

A seguito del congresso peculiare dei consultori teologi, il 10 dicembre 2013, e della sessione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione, papa Francesco ha firmato il 22 gennaio 2015 il decreto che riconosce tutte e tre le suore come martiri.

La loro beatificazione si è svolta il 5 settembre 2015 nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, presieduta dal cardinal Angelo Amato come inviato del Santo Padre.



Autore: Emilia Flocchini



Beata Faconda (Catalina) Margenat Roura Vergine e martire



Gerona, Spagna, 9 settembre 1876 – Barcellona, Spagna, 26 agosto 1936

Catalina Margenat Roura entrò a diciott’anni tra le Suore di San Giuseppe di Gerona, fondate dalla Venerabile Maria Gay Tibau proprio nella sua città natale, assumendo il nome di suor Faconda. Esercitò nel silenzio e nell’umiltà i compiti specifici del suo Istituto, ossia l’assistenza degli ammalati a domicilio e negli ospedali. Nell’infuriare della guerra civile spagnola, fu catturata mentre, convalescente dopo una grave malattia, accudiva un malato in casa sua. Fu ritrovata cadavere lungo la strada che conduce all’ippodromo di Barcellona la mattina del 27 agosto 1936. È stata beatificatail 5 settembre 2015nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, insieme alle consorelle madre Fidelia (al secolo Dolores) Oller Angelats e suor Josefa Monrabal Montaner, uccise il 29 agosto 1936 a Xeresa. I suoi resti mortali sono stati seppelliti in una fossa comune del cimitero di Barcellona.

Nacque a Gerona, in Catalogna, il 9 settembre 1876. Era l’ultima dei cinque figli, tre dei quali morti in età infantile, di Domingo Margenat, militare, e Rosa Roura. Fu battezzata pochi giorni dopo la nascita presso la parrocchia di Santa Susanna del Mercatal, coi nomi di Catalina, Maria e Rosa. Ricevette la Cresima per mano del vescovo di Girona, monsignor Isidro Valls, quando aveva appena sette mesi, l’8 aprile 1877.


Trascorse un’infanzia abbastanza tranquilla: il padre, lasciato l’esercito, lavorava come contadino nei campi vicini a casa, poi fece traslocare la famiglia in un’abitazione più vicina al centro della città, così da agevolare la frequenza scolastica delle figlie.

Catalina divenne una giovane semplice e religiosa, stando a quel che si deduce dalla sua appartenenza alla confraternita dell’Addolorata. Con sua sorella Teresa, imparò dalla madre i lavori domestici.

Conosceva da tempo le Suore di San Giuseppe, fondate nella sua città da madre Maria Gay Tibau (Venerabile dal 2013), e ne ammirava la dedizione nell’assistenza ospedaliera e a domicilio degli ammalati. Tuttavia, prima che entrasse a farne parte, passò del tempo, in quanto i familiari non ritenevano sufficientemente chiara la sua vocazione.

Appena capì che quella era la sua strada, entrò come aspirante a diciott’anni, mentre il 6 marzo 1896 cominciò il noviziato. Secondo l’uso, cambiò il nome di Battesimo, assumendo quello di suor Faconda. Trascorsi gli anni prescritti, compì la prima professione l’11 aprile 1868, insieme a tre compagne di noviziato. Alcuni anni dopo, professò i voti perpetui: nel frattempo, il 3 marzo 1899, morì suo padre.

La sua prima destinazione fu la comunità di Malgrat de Mar, dove s’imbatté in suor Fidelia (al secolo Dolores)OllerAngelats. A distanza di anni, la gente del luogo ricordava ancora la sua grande carità, insieme all’umiltà e all’austerità, accentuate dalle condizioni precarie in cui versava l’ospedale dove operava. Dopo i voti perpetui, passò alla comunità di Palafrugell, distinguendosi per dedizione e attenzione agli ammalati, secondo lo spirito dell’Istituto. A Palamós, invece, trascorse gli anni fino al 1924, nuovamente fianco a fianco con suor Fidelia. In seguito fu trasferita a Sant Feliu de Guixols, lasciando un buon ricordo di sé per la discrezione e la prudenza con cui trattava i suoi pazienti.

Dal 1929 fu a Barcellona, nella comunità di calle Mallorca. Aveva ormai una certa esperienza, quindi non si perse d’animo nell’affrontare la grande città dove, tuttavia, s’iniziava a percepire uno strano sentire antireligioso. L’apostolato delle suore, tuttavia, passava quasi inosservato, in quanto era esercitato perlopiù di notte, senza distinzioni ideologiche.

Nel mezzo della sua attività, suor Faconda cominciò a notare che le forze le venivano meno: dovette essere ricoverata nella clinica di Nostra Signora del Rimedio, gestita dalle sue consorelle. Le sue condizioni erano diventate tanto gravi che fu necessario riferirle ai suoi nipoti. Tuttavia, si riebbe e tornò in comunità per la convalescenza.

Nel frattempo, la situazione a Barcellona era diventata più complicata per le numerose rivolte iniziate nel 1931 e continuate nel 1934. Suor Faconda, che ormai si era ristabilita, domandò alla superiora di poter tornare a curare gli ammalati. Per non farla affaticare e consentirle di partecipare alla vita comunitaria, le assegnò un malato che abitava nella stessa strada dove sorgeva la loro casa.

Quando rientrava, commentava con le altre suore riguardo quello che osservava nel tragitto e lo stesso facevano le altre, che sentivano parlare sempre più spesso di conventi bruciati, sacerdoti perseguitati e altri terribili eventi. Suor Faconda, che abitualmente era silenziosa, commentava: «Vorrei dare la vita perché si convertano questi assassini che vanno contro Dio e contro la Chiesa! Sorelle, preghiamo per la loro conversione».

Il 19 luglio 1936, con il sollevamento nazionale, ebbe inizio la guerra civile spagnola. A Barcellona la persecuzione fu particolarmente violenta: perciò, le suore dovettero adottare abiti secolari, presi in prestito dalle stesse famiglie dei loro ammalati, presso le quali si rifugiarono per la maggior parte. Quelle rimaste dovettero subire, nel mese di agosto, il saccheggio e l’espulsione senza poter tornare indietro. La superiora non poté quindi recuperare il libriccino dove aveva annotato i nomi e le destinazioni delle suore in visita a domicilio, inclusa suor Faconda, che, da poco reduce dall’operazione, le destava maggiori preoccupazioni.

Quanto a lei, stava curando Joaquín Morales Martí, che viveva con le figlie e le nipoti al primo piano di una casa al numero 259 di calle Mallorca. Dato che le altre donne di casa erano più giovani di lei, dovette ricevere in prestito abiti della sua taglia dalla vicina del piano superiore, Rosa Portas.

Rimase accanto al malato accudendolo, pregando, parlando con lui, senza allontanarsi mai dal suo capezzale. La sua presenza fu però scoperta dalla portinaia, che involontariamente svelò la sua identità al marito. Alcuni giorni dopo un gruppo di miliziani, con in testa il marito della portinaia, fecero irruzione nella stanza e, senza curarsi né del malato né dell’età avanzata della religiosa, la portarono via. Dato che faceva fatica a scendere le scale, la spinsero facendola cadere e causandole la frattura della mandibola, poi la caricarono in automobile. Il signor Joaquin, dopo giorni e giorni senza saper nulla della sua infermiera, si sentì abbandonato e si lasciò morire di fame.

Alle 10 di mattina del 27 agosto 1936 il cadavere di suor Faconda fu condotto all’obitorio dell’ospedale clinico di Barcellona, dopo essere stato ritrovato sulla strada dell’Ippodromo, tra il Montjuic e il mare. Dato che nessuno venne a riconoscerlo, venne seppellito in una fossa comune del cimitero di Barcellona.

La sua causa di beatificazione di suor Faconda fu unita a quella della già citata madre Fidelia, che, insieme a suor JosefaMonrabal Montaner, fu uccisa il 29 agosto 1936nei pressi di Valencia. Ottenuto il trasferimento dalla diocesi di Barcellona il 18 maggio 2001 e il nulla osta da parte della Santa Sede due settimane dopo, fu avviata l’inchiesta diocesana per tutte e tre a Valencia, durata dal 24 novembre 2001 all’11 gennaio 2003 e convalidata il 28 marzo 2003. La “Positio super martyrio” fu trasmessa alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi nel 2004.

A seguito del congresso peculiare dei consultori teologi, il 10 dicembre 2013, e della sessione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione, papa Francesco ha firmato il 22 gennaio 2015 il decreto che riconosce madre Fidelia e compagne come martiri.La loro beatificazione si è svolta il 5 settembre 2015nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, presieduta dal cardinal Angelo Amato come inviato del Santo Padre.



Autore: Emilia Flocchini



Beata Josefa Monrabal Montaner Vergine e martire



Gandía, Spagna, 3 luglio 1901 – Xeresa, Valencia, Spagna, 29 agosto 1936

Josefa Monrabal Montaner, nativa di Gandía in Spagna, maturò la sua vocazione religiosa tramite il servizio ai poveri e la frequentazione delle Figlie di Maria. All’arrivo nella sua città di una comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona, fu conquistata dal loro stile di vita e, dopo aver affrontato un periodo difficile per via del diniego del padre, ne entrò a far parte cominciando il noviziato il 18 marzo 1929; professò i voti perpetui cinque anni dopo. Allo scoppio della guerra civile spagnola tornò nella sua città per rifugiarsi da sua madre. Dopo aver trovato sua madre ed essere venuta a sapere che la superiora della comunità, madre Fidelia (al secolo Dolores) Oller Angelats, era stata messa al sicuro in un’abitazione privata, la raggiunse. Non l’abbandonò nemmeno quando entrambe furono scoperte dai miliziani. Furono fucilate il 29 agosto 1936 a Xeresa. Sono state beatificate insieme alla consorella Faconda Margenat Roura (al secolo Caterina, uccisa a Barcellona tre giorni prima), il 5 settembre 2015, nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona. I resti mortali di madre Fidelia e suor Josefa sono venerati presso la cappella della comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona a Gandía.

Josefa Monrabal Montaner nacque il 3 luglio 1901 a Gandía, nella parte meridionale della provincia di Valencia in Spagna. Era la penultima del sei figli di Vicente Monrabal Puig, di professione conciapelli, e Clara Montaner Chafer. Fu battezzata nella parrocchia di San Giuseppe del Arrabal il giorno stesso della nascita, mentre il 27 luglio ricevette il sacramento della Confermazione nella chiesa Collegiata per mano del vescovo di Teruel, monsignor Juan Comes Vidal.


Trascorse l’infanzia giocando con molta vivacità con le altre bambine del suo quartiere. Frequentò la scuola, dove imparò a leggere, scrivere e far di conto. Dalla madre imparò le attività tipiche femminili. I familiari la circondarono di affetto, specie quando cadde malata di varicella, in quanto avevano già perso due figli in tenera età; fortunatamente, si riprese.

Le sue amiche raccontavano che Pepita, così era soprannominata, era molto generosa: suo padre le regalava del denaro perché comprasse dei dolciumi o andasse al cinema, però lei lo dava ai poveri, senza che lui se ne accorgesse.

Si preparò con zelo ed entusiasmo a ricevere la Prima Comunione, assistendo alla catechesi in parrocchia, completata con l’aiuto della madre, con la quale condivideva ciò che aveva imparato. Continuò la propria formazione entrando tra le Figlie di Maria della sua parrocchia; in seguito divenne anche catechista. Si distingueva per la sua umiltà e per la carità che mostrava verso tutti. Era comunque una ragazza molto socievole, che prendeva parte alle feste di quartiere e alle rappresentazioni teatrali.

La sua vita serena ebbe uno scossone nel 1918 con la morte di Vicente, suo fratello maggiore, a 29 anni, che lasciava la moglie e tre figli in tenera età. Josefa, diciassettenne, fece da seconda mamma ai nipotini, mentre la loro madre andava a lavorare per pesare di meno sul bilancio della famiglia del marito, che l’aveva accolta. Quando la più piccola dei nipoti, Sara, fu in età da Prima Comunione, si trasferì coi fratelli e la madre presso i nonni materni. Josefa, rimasta più libera, poté dedicarsi ad altri passatempi: imparò a ricamare prima a mano, poi con la macchina da cucire.

La domenica mattina, dopo la Messa, andava a visitare gli ammalati del quartiere e altri di sua conoscenza. Parlava con loro, li assisteva e osservava la situazione in cui si trovavano per fornire loro vestiario, medicine, alimenti e quant’altro potesse servire. La sera si recava nella scuola retta dalle Carmelitane, anche se non ne era alunna, per passare del tempo con altre ragazze.

Sperava di poter entrare in quel convento perché ammirava la dedizione delle monache verso le giovani, ma suo padre si oppose perché diceva di aver bisogno di lei. Di fronte alla sua insistenza, rispose: «Ho soltanto una figlia e quanto le voglio bene!». A quel punto, Josefa si affidò alla volontà di Dio, certa che al momento opportuno si sarebbe rivelata. Intanto, continuò a vivere in famiglia e a esercitare le sue opere di carità.

Il 4 giugno 1927 arrivarono a Gandía le Suore di San Giuseppe di Gerona, per l’assistenza domiciliare dei malati. Il gruppo era composto dalla superiora, madre Fidelia (al secolo Dolores) Oller Angelats, e da sei consorelle. Ben presto socializzarono coi cittadini, i quali le aiutarono in tutto. La stessa Josefa, che aveva 26 anni, si diede da fare insieme ad altre donne per procurare loro il necessario per vivere e, nel frattempo, s’interrogava se che Dio la chiamasse a servirlo come loro. Madre Fidelia, con la quale aveva stretto un intenso legame, si accorse del suo dissidio interiore e le fu vicina.

Il 9 marzo 1928, per un’emorragia cerebrale, morì il signor Vicente, padre di Josefa.La madre sopportò cristianamente l’accaduto e incoraggiò in tal senso i figli, in particolare lei che, essendo la minore, era amatissima da lui. Un ulteriore sostegno le venne dall’amicizia con le suore.

Josefa continuò a vivere con la madre, che tuttavia, dopo alcuni mesi dal lutto, l’esortò a seguire la sua strada. I fratelli avrebbero preferito di no, ma, siccome le volevano un gran bene, acconsentirono. La giovane fu così contenta che organizzò una festicciola per le sue amiche, alle quali aveva confidato più di una volta le sue aspirazioni. Molte rimasero impressionate dal suo contegno: «Pepita era raggiante, con una gioia che non arrivavamo a comprendere».

Nel mese di settembre 1928, Josefa entrò nell’Istituto delle Suore di San Giuseppe, che il 7 aprile, quell’anno vigilia di Pasqua, ricevette il Decreto di approvazione pontificia, datato però al 16 gennaio. Per cominciare il noviziato, tuttavia, dovete aspettare l’approvazione del vescovo di Gerona per via del fatto che aveva più di 25 anni, età massima per l’ingresso. Una volta ottenuta, iniziò il suo percorso il 18 marzo 1929, stesso periodo in cui vennero instaurate le nuove Costituzioni.

Compì la sua prima professione il 18 marzo 1931, dopo la quale venne destinata a Villarreal. Alcuni mesi prima della professione perpetua, rientrò in Casa madre per gli Esercizi spirituali in preparazione di quel passo solenne, compiuto il 18 marzo 1934, poi tornò a Villarreal, dove si trovava allo scoppio della guerra civile spagnola.

Inizialmente, le autorità municipali rispettarono le suore e consentirono loro di servire i malati, ma senza segni religiosi esterni: assunsero quindi abiti secolari e rimasero a vivere nella loro casa. Poco tempo dopo, comunque, la situazione si volse al peggio: gruppetti di rivoluzionari le spinsero a lasciare la casa armi in pugno. Non permisero loro di prelevare nulla e diedero fuoco alla cappella, con tutto quel che conteneva.

Una volta dissolta la comunità, le sue componenti si rifugiarono in case di familiari e a Castellón, nella clinica operatoria San Giuseppe, dove le Suore di San Giuseppe avevano un’altra comunità. Di fronte a quella condizione di pericolo, suor Josefa andava dicendo: «Quanto mi piacerebbe essere martire, offrire la mia vita per la conversione dei peccatori e la salvezza della Spagna, se è volontà di Dio!».

La superiora generale dell’Istituto, madre Elena Campmol, inviò alle comunità una circolare dove le autorizzava a rifugiarsi presso i familiari o in altri luoghi sicuri fino a nuovo avviso. Suor Josefa pensò allora di tornare a casa a Gandía, che era nelle vicinanze; con lei, suor Maria Cortés. Suor Fortunata Parés, che risiedeva a Castellón, mise all’erta entrambe circa il pericolo cui andavano incontro, ma lei rispose serenamente: «Se ci uccidono, saremo delle martiri».

Una volta raggiunta la madre, suor Josefa si nascose da lei, aiutandola nelle faccende domestiche e, in pari tempo, assistendo una giovane farmacista che aveva un bambino piccolo e alla quale era stato ucciso il marito da qualche giorno.

Appena possibile, la suora, insieme a sua madre, andò a trovare le consorelle: le trovarono impaurite per via delle perquisizioni da parte dei miliziani. Chiese di madre Fidelia Oller Angelats, che era ancora la superiora, ma non si trovava più lì. Indirizzata dalle altre suore al suo rifugio, le chiese di rifugiarsi in casa di suo fratello Andrés. Di fronte a quell’insistenza, lei dovette cedere.

Nel nuovo ricovero le due religiose trascorsero pochi giorni, senza mai uscire, continuamente immerse nella preghiera. Per i pasti, calavano un cestino al piano inferiore e lo tiravano su quando arrivava il cibo da parte della madre di suor Josefa.

In una notte di agosto, mentre la famiglia che abitava al piano di sotto stava cenando sulla porta di casa, si presentarono alcuni miliziani, scesi da un’automobile tristemente nota come “La Pepa”. Impaurito dalle loro minacce, il capofamiglia, José María Aparisi, li lasciò forzare la porta delle scale: salirono al piano superiore e prelevarono le suore, le quali, al sentirli arrivare, aprirono personalmente. Furono caricate sull’auto con tale violenza che a madre Fidelia fu spezzato un braccio.

I persecutori volevano portar via solo la madre superiora, ma suor Josefa non voleva separarsi da lei. Fu avvertita di non farlo, perché rischiava di fare la sua stessa fine, ma ribatté: «Dove va la madre vado anch’io, non l’abbandono». Con loro fu catturato il signor Aparisi, poi rilasciato lungo la strada grazie a “El Reyet”, un miliziano che lo conosceva.

La vettura, giunta all’incrocio tra la strada per Valencia e quella per Xeresa, nel punto detto “La Crehueta”, si fermò. In quello stesso luogo le suore furono colpite: madre Fidelia fu raggiunta da uno sparo nella spalla e da uno nella tempia destra, mentre suor Josefa ebbe una forte emorragia per essere stata ferita sul lato sinistro del collo e nella regione lombare.

I vicini, che si erano rifugiati in casa per paura, udirono gli spari nella notte; poco dopo, qualcuno avvertì dei gemiti di dolore, poi più nulla. Al mattino dopo, trovarono i cadaveri delle due suore, che rimasero sul luogo del martirio fino al mattino inoltrato del 30 agosto 1936. A mezzogiorno, furono prelevati per essere sepolti nel cimitero di Xeresa.

Terminata la guerra, nel 1939, i resti delle due religiose vennero riesumati e collocati nel cimitero di Gandía. Attualmente si trovano nella cappella della comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona a Gandía.

La causa di beatificazione di madre Fidelia e suor Josefa fu unita a quella di suor Faconda (al secolo Catalina) Margenat Roura, morta come loro verso la fine dell’agosto 1936, ma nei pressi di Barcellona. Ottenuto il trasferimento dalla diocesi di Barcellona il 18 maggio 2001 e il nulla osta da parte della Santa Sede due settimane dopo, fu avviata l’inchiesta diocesana a Valencia, durata dal 24 novembre 2001 all’11 gennaio 2003 e convalidata il 28 marzo 2003. La “Positio super martyrio” fu trasmessa alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi nel 2004.

A seguito del congresso peculiare dei consultori teologi, il 10 dicembre 2013, e della sessione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione, papa Francesco ha firmato il 22 gennaio 2015 il decreto che riconosce tutte e tre le suore come martiri.

La loro beatificazione si è svolta il 5 settembre 2015nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, presieduta dal cardinal Angelo Amato come inviato del Santo Padre.



Autore: Emilia Flocchini



Beati Martiri Spagnole Suore di San Giuseppe di Gerona



+ Spagna, 26/29 agosto 1936

Madre Fidelia (Dolores) Oller Angelats, suor Josefa Monrabal Montaner e suor Faconda (Catalina) Margenat Roura entrarono tra le Suore di San Giuseppe di Gerona, fondate dalla Venerabile Maria Gay Tibau per alleviare le sofferenze degli ammalati a domicilio e negli ospedali. Furono variamente vittime delle persecuzioni antireligiose durante la guerra civile spagnola. Suor Faconda fu catturata dai miliziani mentre, convalescente dopo una grave malattia, accudiva un malato in un’abitazione privata; fu ritrovata cadavere lungo la strada che conduce all’ippodromo di Barcellona la mattina del 26 agosto 1936. Madre Fidelia, invece, che si trovava a Gandía, fuggì da un nascondiglio all’altro, raggiunta nel frattempo da suor Josefa, che non l’abbandonò nemmeno quando furono scoperte dai persecutori. La beatificazione di tutte e tre si è svolta nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, presieduta dal cardinalAngelo Amato, il 5 settembre 2015.


Fra le migliaia di vittime della persecuzione religiosa, attuata in Spagna durante la guerra civile degli anni 1936-1939, si annoverano tre religiose appartenenti all’Istituto delle Suore di San Giuseppe di Gerona, fondato da madre Maria Rosa Teresa Gay Tibau (Venerabile dal 2013) il 29 giugno 1870 per l’assistenza degli ammalati sia negli ospedali, sia a domicilio. 

Il 19 luglio 1936, giorno successivo al sollevamento nazionale, evento che diede il via alla guerra, la superiora generale, madre Elena Campmol, inviò alle comunità una circolare dove le autorizzava a rifugiarsi presso i familiari o in altri luoghi sicuri fino a nuovo avviso. Continuarono il loro servizio in abiti secolari, operando perlopiù di notte. 

Per questo motivo, la superiora della comunità di Gandía, madre Fidelia Oller Angelats, era spesso lasciata da sola dalle consorelle. Quando però loro videro che pativa più di tutte la persecuzione, le cercarono un rifugio presso una casa privata. 

Lì fu raggiunta da suor Josefa Monrabal Montaner, che, insieme a sua madre, l’invitò a nascondersi in casa di suo fratello. Rimasero insieme finché non vennero scoperte dai miliziani, che erano venuti solo per la superiora. Suor Josefa, tuttavia, insistette: «Dove va la madre vado anch’io, non l’abbandono». Furono quindi fucilate all’incrocio tra la strada per Valencia e quella per Xeresa il 30 agosto 1936. 

Alcuni giorni prima, a Barcellona, era stata assassinata suor Faconda Margenat Roura. Convalescente dopo una grave malattia, aveva insistito per tornare ad accudire gli ammalati: le venne concesso di badare aJoaquín Morales Martí, che abitava nella stessa via dove risiedevano le suore. Non si separò mai da lui finché, a causa di una delazione involontaria da parte della portinaia, non venne raggiunta da un drappello di miliziani. Fu ritrovata morta il mattino del 27 agosto. 

La causa di beatificazione di madre Fidelia e suor Josefa fu unita a quella di suor Faconda. Ottenuto il trasferimento dalla diocesi di Barcellona il 18 maggio 2001 e il nulla osta da parte della Santa Sede due settimane dopo, fu avviata l’inchiesta diocesana a Valencia, durata dal 24 novembre 2001 all’11 gennaio 2003 e convalidata il 28 marzo 2003. La “Positio super martyrio” fu trasmessa alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi nel 2004. 

A seguito del congresso peculiare dei consultori teologi, il 10 dicembre 2013, e della sessione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione, papa Francesco ha firmato il 22 gennaio 2015 il decreto che riconosce tutte e tre le suore come martiri.La loro beatificazione si è svolta il 5 settembre 2015nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, presieduta dal cardinal Angelo Amato come inviato del Santo Padre. 

Nelle schede indicate in seguito è possibile trovare altre informazioni più dettagliate su ciascuna delle martiri. Il nome al secolo è indicato tra parentesi, mentre quello religioso è italianizzato, tranne nel caso di suor Josefa, che non assunse un nuovo appellativo con la professione religiosa. 

96771Suor Faconda (Catalina) Margenat Roura
+ Barcellona, 26 agosto 1936

96772Madre Fidelia (Dolores) Oller Angelats


96773Suor Josefa Monrabal Montaner
+ Xeresa, 30 agosto 1936


Autore: Emilia Flocchini